sabato 8 dicembre 2007

Accogliere il dono


Le domande: "Perché un uomo e una donna si decidono a fare un figlio? Davvero si «decidono» a tanto? È appropriata l'espressione «fare un figlio»? Un figlio è «fatto», oppure solo «desiderato», o addirittura «invocato», e quindi eventualmente «ottenuto»? E come precisare la qualità del «desiderio» o della «volontà» originaria che presiede alla decisione di generare? A quali condizioni quella decisione può apparire «buona», può suscitare dunque consenso e gratitudine in colui che appunto in forza di essa viene in questo mondo? Il «sì» alla vita, da parte di chi nasce, è insieme un «sì» all'iniziale «progetto» dei genitori, alle loro attese o in ogni caso al «disegno» che essi avevano nel cuore? Oppure si tratta di un «sì» a un «disegno» altro da quello dei genitori? Come si manifesta e con quale peso questa eventuale differenza tra l'originario «progetto» dei genitori e il disegno a cui invece di fatto consente il figlio? Non sarà forse condannata ad apparire ineluttabilmente arbitraria e prepotente una decisione come quella di dare la vita a un uomo, e con la vita di necessità molto altro - una patria, una lingua, una tradizione, addirittura un'educazione, un carattere. Il genitore, lo voglia o non lo voglia, diventa di fatto come un «destino» per il figlio, cioè una presenza non solo inevitabile, ma in molti modi determinante; tale suo rilievo non riguarda soltanto le condizioni materiali del vivere, ma le forme stesse del carattere, della coscienza e dunque alla fine l'identità del figlio. Come conciliare tale rilievo esorbitante del genitore con la tanto apprezzata e reclamata «autonomia» dell'uomo?" (p. 15).


Giuseppe Angelini, Il figlio, Vita e Pensiero

venerdì 7 dicembre 2007

sant'Ambrogio!


Auguri alle sorelle e ai fratelli milanesi!

Dare la vita


Dare la vita: avere in dono la possibilità di regalare la vita, per realizzare la vita. "Opera sullo sfondo della riflessione (di Doms) un pregiudizio civile tipico della modernità: il pregiudizio per cui il «fine» della vita sarebbe comunque quello dell'«autorealizzazio¬ne»; vale dunque quello che serve alla mia «realizzazione», è male invece quello che la pregiudica. Si propone inevitabile la domanda: ma davvero è possibile per l'uomo «realizzarsi»? (…) Con formula icastica Gesù chiude la strada a ogni progetto umano di «autorealizzarsi»: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc 8, 36). (…) La verità della seconda affermazione è invece quella di una promessa; essa apparirà come vera soltanto alla luce del compimento pasquale del destino di Gesù; quel compimento mostrerà insieme il senso perfetto di quella «causa» di Gesù, per la quale ogni uomo può «perdere» con speranza la propria vita. Ma la promessa che Gesù fa non è un'altra rispetto a quella che comunque sta all'inizio di ogni vita e anche all'inizio di ogni matrimonio; essa solo manifesta la verità di una promessa che, al di fuori della prospettiva del suo vangelo, appare insieme indispensabile e oscura. Per «salvare la vita», occorre che l'uomo non cerchi in alcun modo di trattenerla; cerchi piuttosto una causa abbastanza degna per la quale meriti di regalare ciò che in ogni caso non si può risparmiare. Il figlio è appunto una delle forme che assume questa buona causa. (…) Comprendere il valore morale della generazione… è possibile soltanto a condizione di comprendere la generazione stessa quale forma di quella carità nella quale si riassume il senso del vangelo di Gesù" (p. 68-69).


Giuseppe Angelini, Il figlio, Vita e Pensiero

giovedì 6 dicembre 2007

Memoria e futuro


I genitori fanno memoria del passato di Dio: dalla promessa si schiude un futuro, se ci si lascia condurre (obbedienza). "Il supremo compito dei genitori, dunque, è quello di «ricordare»: non però il loro passato, che di per sé conta poco; di ricordare invece il passato di Dio, quello che solo conta, quello dal quale soltanto può scaturire l'intelligenza del presente e la speranza per il futuro. Anche questa associazione tra generazione e memoria delle opere di Dio ribadisce il nesso essenziale tra generazione e fede: non si può rendere ragione di quella vita la cui figura i figli trovano sempre già determinata precedentemente al tempo della loro libertà, se non a condizione che i padri si riferiscano a un'opera più antica e più sicura di quella loro" (p. 109). "Credere alla promessa di Dio esige dunque che ci si rimetta a un disegno i cui confini sfuggono. Credere alla promessa significa subito insieme obbedire a un ordine. (…) Il figlio è certo subito per loro ragione di speranza; e tuttavia è insieme anche un impegno che li costringe a conoscere una sorta di 'espropriazione' di quella che ritenevano la loro vita. Il futuro benedetto non sarà più per loro una 'proprietà', ma il principio di un'obbedienza. L'attesa del figlio sarà dunque la figura più concreta e precisa che assumerà per loro la legge generale dell'esistenza umana: essa è possibile soltanto nel segno dell'ascolto e quindi dell'obbedienza alla parola che li precede" (p. 113).


Giuseppe Angelini, Il figlio, Vita e Pensiero

mercoledì 5 dicembre 2007

Ecco Martina!


"Oggi ancora si deve riconoscere come il figlio sia non solo una scelta, ma prima di tutto un evento, lieto evento, come giustamente si dice. Soltanto a misura che si intenda il messaggio lieto iscritto nell'evento, è possibile poi anche essere istruiti a proposito del compito. Che il figlio non sia solo una scelta, lo si riconosce subito e facilmente. Anche la scelta di generare più «responsabile», quella più seriamente pensata e più generosamente decisa dai due, deve poi confrontarsi con un figlio che certamente non è quello che si è scelto. Si sceglie genericamente di avere un figlio, e nasce quel figlio preciso che esige di essere riconosciuto nella sua identità, e quindi da capo scelto, quasi adottato. Il figlio infatti non si accontenta in alcun modo della indeterminata decisione di generare; aspetta di essere voluto nella sua singolare identità. (…) La scelta originaria di generare non ha la figura di un progetto, ma quella di un voto. Il voto comporta dedizione religiosa a ciò che appare sacro; o detto più francamente, comporta dedizione a Dio stesso"

Giuseppe Angelini, Il figlio, Vita e Pensiero, 159-160

martedì 4 dicembre 2007

E' NATA MARTINA!


Da nove mesi esiste,
ci sarà per l'eternità,
oggi qualcuno l'ha vista!

E' NATA MARTINA,
la figlia di Maria e Filippo, mio fratello!
Benediciamo il Signore della Vita
e ringraziamo i genitori!!

domenica 2 dicembre 2007

Amore e salvezza


"Non amiamo gli altri perché sono buoni. Ma li facciamo diventare buoni perché li amiamo. La sfida al male non consiste nel condannare, nello scomunicare. E non consiste neppure nel discutere. «Tutte le volte che ho vinto una discussione ho perso un'anima» (Mons. Fulton Sheen). La vera sfida avviene sul piano dell'amore. In un film famoso, Il Porto delle nebbie, c'è un dialogo che sintetizza efficacemente la portata di questa sfida. Il disertore riconosce dinanzi alla fidanzata di essere una creatura abbietta. La ragazza lo interrompe: 'Tu non puoi essere cattivo perché io ti amo'! Se c'è tanto male nel mondo, ciò è dovuto al fatto che a questo male noi abbiamo opposto la nausea, il disgusto, la condanna. Mentre dovevamo opporre l'amore. L'amore impedisce a Zaccheo di essere cattivo".

Alessandro Pronzato, Vangeli scomodi, 221

Ricicliamo i vecchi cellulari!



Bella iniziativa!!