sabato 24 maggio 2008

Processione


Una sollecitazione per tutti a riflettere sul fatto religioso
Tra la partecipazione dei fedeli e l’indifferenza di chi non crede, una processione può comunque suscitare attenzione
di Salvatore Natoli
Distinguo due aspetti di questo evento. Uno riguarda i fedeli che partecipano alla processione eucaristica. E da questo punto di vista ritengo sia opportuno che questo gesto si faccia, perchè tutte le esperienze religiose, in particolare quella cristiana, sono esperienze comunitarie. Che quindi vi siano degli eventi che riguardano simboli determinanti per la comunità e che siano pubblicamente celebrati.E mi pare ovvio, anzi doveroso che siano celebrati non solo nelle chiese, ma nelle strade, dal momento che le confessioni religiose sono pubbliche. Questo uscire all’esterno per proclamare dinanzi a chi non è credente o agnostico la propria fede è una modalità che appartiene alla tradizione e che considero positiva.Entro nel secondo aspetto: guardo la processione con gli occhi di chi non vi prende parte. In passato queste celebrazioni, nel nostro caso la processione, avvenivano in un contesto complessivamente attento all’evento religioso e con una disposizione di deferenza anche da parte di chi non vi partecipava.Oggi questo evento si attua in una società che non è interessata a questi fatti religiosi, li guarda con indifferenza, addirittura forse i più giovani non ne capiscono il significato. Parole come processione eucaristica, Corpus Domini, forse non appartengono al loro vocabolario. Si tratterebbe di fare un’inchiesta per vedere se nella semantica abituale questi termini abbiano un qualche significato.C’è una dimensione di indifferenza e in taluni casi forse anche di fastidio perché si interrompe l’ordine pubblico, si rovina il passeggio. Da questo punto vista, sociologico, la cosa si presenta ambigua. Detto questo, se si deve decidere se farla o meno, direi che è opportuno farla nel senso che può anche sortire l’effetto di suscitare in alcuni attenzione che in altri modi non avrebbero. Può essere una sollecitazione a riflettere sul fatto religioso anche per chi religioso non è.

Gufata?



Forse non ricordo bene i miei voti scolastici
e forse qualcuno me la sta gufando!

Chi russa va male a scuola e rischia un incidente stradale
Una ricerca presentata a Torino
di Marco Accossato
Su due italiani ogni cento pende una spada di Damocle. Chi russa ha una possibilità quattro volte superiore di avere un incidente stradale. E ha il doppio di probabilità di andare incontro a scompensi cardiaci, ictus, addirittura impotenza. Vita dura anche per i bimbi russatori cronici precoci: uno su quattro va male a scuola o è preda dell’iperattività. Senza contare che «da piccolissimi si è probabilmente più esposti alla cosiddetta morte in culla». (...) «Russare è un disturbo molto comune, di per sé non patologico. Ma quando russare non è più un fatto occasionale e si aggiungono le apnee notturne, allora le conseguenze possono essere molto gravi». Il sonno di un russatore cronico non è solo disturbato da difficoltà di respirazione. Il respiro s’interrompe completamente anche centinaia di volte nell’arco della stessa notte, pochi secondi alla volta. «Il che si accompagna sempre a un calo di ossigenazione al cervello». Scarsa qualità del sonno si traduce, di giorno, non soltanto in sonnolenza, ma anche in depressione, affaticabilità, irritabilità e mal di testa. Con un bilancio spaventoso sulle strade: «La percentuale di incidenti cresce di quattro volte a causa dell’attenzione ridotta e dei colpi di sonno». Il dramma nel dramma è che pochi, tra chi è in pericolo, sanno di esserlo. «Il 90% delle persone che ha apnee durante il sonno non ne è a conoscenza e si rivolge al medico molto tardi».
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scuola/grubrica.asp?ID_blog=60&ID_articolo=656&ID_sezione=255&sezione=

venerdì 23 maggio 2008

Giustizia pagata cara


23 maggio 1992
"Saper convivere con la propria paura":

Giustizia

Mi meraviglio di me stesso: mi sto occupando della Franzoni?! Non l'ho mai fatto in questi anni e non ho apprezzato chi l'ha fatto. Ma ora che la sentenza è definitiva, come mai la condannata non è colpevole? Non lo è sui giornali, né alla radio (alla tv non so); non lo è né a Cogne né al suo nuovo paese; lo è solo tra le detenute del carcere, che l'hanno accolta come una madre che ha ucciso suo figlio. Potere dei media e delle parole di gente che conta. Viene portato al commissariato uno straniero sorpreso a vendere borsette taroccate ed è un "bastardo che porta via casa, lavoro, donne agli italiani"; viene riconosciuta colpevole una italiana del Nord che uccide un figlio ed è una "povera innocente vittima della cattiveria" del mondo intero. La mia domanda è semplice: chi viene condannato con regolare processo, è il colpevole, oppure no? Maledettamente ci sono anche gli errori giudiziari, ma su questi dobbiamo costruire la "giustizia dell'emozione", che salva gli uni e danna gli altri a seconda della simpatia e dell'onda del momento? Purtroppo neanche Avvenire si discosta dal trend: nessuno sembra denunciare chi ha speculato (sotto forma di parcelle, di diritti televisivi, di primi piano) sul dolore. Nessuno cita il bambino... che non potè gridare allora, né può farlo adesso.
don Chisciotte
un articolo un po' più equilibrato
sull'accoglienza riservata dalla detenute alla Franzoni

Celtic vince il suo 42° scudetto scozzese!

giovedì 22 maggio 2008

E' partito per il Cielo mons. Luca


Ci ha raggiunto la notizia della partenza per il Cielo di
mons. Luca Milesi,
grande maestro nell'arte dell'accoglienza, della semplicità
e della passione per tutte le genti dell'Eritrea.
Cercando di vincere il disorientamento e la tristezza,
siamo certi che ora avrà qualche "mezzo in più"
per sostenere i suoi figli eritrei e quelli italiani.
"Sì, sì!"

Una breve biografia in
Qualche attività svolta con lui dal Gruppo Dahan Dahan su


mercoledì 21 maggio 2008

Barnduardi a Varese


Concerto lunedì 26 maggio al Teatro Apollonio di Varese

Devastante


Asilo Moratti
di Massimo Gramellini
Commentando la devastazione di un asilo di Parma da parte degli ultrà interisti, il presidente Moratti ha dichiarato al microfono di Radio Rai: «Peccato che ci sia stata questa specie di assalto a questo asilo, ma credo che sia stato involontario, da quello che ho letto pensavano fosse parte dello stadio». Se il microfono non ha capito male, l’assalto andrebbe dunque considerato involontario, dal momento che i vandali, poveri figli, credevano in buona fede di devastare uno stadio, mica un asilo. Ora, della gente che non distingue un asilo da uno stadio mi sembra abbia dei problemi seri con la realtà, e di certo non li risolverà passando le domeniche a credersi la reincarnazione degli unni. Ma anche se, in virtù di una congiura ordita dalla maestra di Moggi, lo stadio del Parma si fosse effettivamente truccato da asilo, con i pupazzetti alle pareti e i puffi disegnati sulle lavagne degli spogliatoi al posto del 4-3-3, quale sarebbe la logica giustificazionista del presidente nerazzurro? Che se un luogo pubblico fa parte dello stadio, allora diventa normale, o meno grave, che i tifosi lo distruggano? Che nessun ultrà farebbe mai del male a un asilo (molti, anzi, continuano a frequentarlo come ripetenti), mentre appare scontato che considerino lo stadio un territorio riservato alle loro scorribande? Se questo fosse il pensiero di Moratti (e non solo del microfono), ci toccherebbe quasi lodarne la sincerità. Infatti gli altri presidenti pensano la stessa cosa, ma hanno il pudore, o la furbizia, di non dirla.

Lotta all'alcolismo


Lotta all’alcolismo, la Francia decreta la morte degli happy hour
Mentre in Italia impazza e dilaga la moda dell'aperitivo alcolico, la Francia sentenzia quella che già viene definita la «morte programmata dell'happy hour», per volere del primo ministro Francois Fillon in nome della lotta all'alcolismo. L'eliminazione della fascia oraria per bere a metà prezzo nei bar (per lo più dalle 18 alle 21) è una delle misure stabilite dalla Commissione interministeriale di lotta contro la droga e la tossicomania (Mildt). I proprietari di discoteche e bar in Francia dovranno tenersi forte: il fiore all'occhiello del pacchetto normativo è «il divieto della promozione di bevande alcoliche con tariffe favorevoli, nei luoghi di vendita e di consumo (happy hour, open bar) e quello della vendita alla bottiglia di bevande a gruppi di tre o cinque nei locali che hanno la licenza di notte». Invocati per ragioni di «salute pubblica» questi divieti rischiano secondo il quotidiano francese Le Parisien di avere «un serio impatto economico». Per Patrick Malvaes, presidente del Sindacato nazionale delle discoteche e dei luoghi di svago (Sndll) «non si capisce come queste misure potranno risolvere i problemi di alcolismo. Se venissero applicate sarebbe catastrofico per la professione che ha già visto la propria attività diminuire del 25%. Sopprimere gli happy hour è ridicolo, sono dei momenti per stare assieme, che permettono ai bar di attirare la clientela» ha continuato. Intanto alcune città hanno già cominciato la loro battaglia contro l'aumento di incidenti e violenze legate all'uso di alcol. 'Happy hour' e 'Open bar' sono vietati a Nantes dal novembre scorso, a Rennes non è più possibile consumare bevande alcoliche nelle strade nè venderle dopo le 20.

martedì 20 maggio 2008

Corpus Domini


"La logica da cui nasce l'Eucarestia è la stessa della croce, ossia una logica perdente. Sul Calvario Cristo non risultò certo vincitore, almeno nella maniera e secondo i criteri in cui siamo soliti pensare.La più grande opera di Dio, la sua impresa più sensazionale, la croce appunto, appare agli occhi del mondo come una sconfitta, uno scandalo, una vergogna. Allorché Dio interviene nella storia, non lo fa con il piglio e il dispiegamento di mezzi dei grandi della terra (e di alcuni suoi rappresentanti). Al contrario, rinuncia alla potenza e allo sfoggio di maestà. E sul campo di battaglia ci lascia il proprio Figlio, che si è rifiutato di combattere, di ricorrere alla forza, anzi addirittura di difendersi. Gesù, nemmeno nei momenti di pericolo, ha mai tenuto attorno a sé delle guardie del corpo. La fede eucaristica, perciò, fa memoria di una sconfitta, di un colossale fallimento, non di una vittoria trionfale. Più precisamente: «di come una sconfitta possa mettere radici e possa fruttificare il seme di un amore e di una speranza. Molti hanno vinto, in tutti quei modi che ben conosciamo: solo Gesù ha vinto dal legno della croce. E di questa speciale vittoria-sconfitta il credente fa memoria nella fede» (E Gentiloni). La pratica eucaristica dovrebbe sviluppare in noi una mentalità perdente, favorire quelle scelte costose che non assicurano automaticamente e immediatamente il successo e i risultati.La piccolezza e non la grandezza. Il servizio e non il dominio. La dedizione disinteressata e non i privilegi e gli onori. Il nascondimento e non l'esteriorità. Una presenza discreta che determina lente maturazioni, e non l'occupazione del potere e le imprese folgoranti. Offerta incondizionata e non pretese. La speranza e la pazienza tenaci e non valutazioni di tipo quantitativo. Il lavoro oscuro più che le rappresentazioni spettacolari (oltre che costose: il Pane non può avere quel prezzo spropositato e si trova a disagio in quei grandiosi scenari...). L'Eucarestia implica la capacità di perdersi, scomparire, una volontà di donazione, una fedeltà "fino alla fine" (Gv 13,1), nonostante il tradimento, l'abbandono, il rifiuto, la solitudine, la notte, il complotto, il tradimento e l'abbandono degli amici, il prevalere delle forze del male coalizzate per estirpare quel germe indifeso. L'Eucarestia, come la croce, non può mai essere una prova di forza. Semmai una prova di debolezza. Meglio: la scommessa sulla debolezza. L'amore non ha bisogno della forza. Per mostrarsi il più forte, quale veramente è, l'amore non può fare a meno della debolezza. L'Eucarestia, ossia la debolezza irresistibile dell'amore".

A. Pronzato, La Domenica festa dell'incontro, 97-98

lunedì 19 maggio 2008

Figli e genitori rispetto ad Internet


Ricerca dell'Università di Tel Aviv
I genitori non sanno come navigano i figli
Solo il 4% ritiene che i ragazzi possano diffondere informazioni personali online: in realtà sono il 73%
Cosa fanno veramente i ragazzi quando sono collegati alla Rete? Un nuovo studio, supportato da un sondaggio su ampia scala che ha coinvolto sia adulti che bambini, lancia ombre sulla reale consapevolezza dei genitori riguardo alle attività online dei propri figli. Nell'era di Facebook, MySpace, dei blog e dell'instant messaging, i genitori sono lontani più che mai dal mondo degli adolescenti che integrano quotidianamente le proprie attività scolastiche e ludiche con una seconda vita virtuale. (...) Ha messo a confronto per la prima volta quello che gli adulti credono di sapere e ciò che i figli realmente fanno al computer, facendo emergere un gap generazionale notevolmente dilatato rispetto al passato, soprattutto a causa dell'avvento delle nuove tecnologie. (...)È evidente la difficoltà dei genitori nello stare al passo con l'abilità, la conoscenza dei mezzi e l'esperienza nella navigazione propria dei giovani di oggi. Ad esempio, uno dei trucchi fondamentali che i ragazzi usano per far perdere le tracce dei propri viaggi sul web è la cancellazione della cronologia dei siti visitati: il 30% degli intervistati tra i 9 e i 18 anni ha dichiarato che questo, come tanti altri, è uno dei sistemi usati per mantenere la propria privacy in famiglia. (...) Secondo la ricercatrice, la soluzione al problema sta innanzitutto nel raggiungere la consapevolezza dell'esistenza di questa realtà così fondamentale nella vita dei nostri ragazzi. Inoltre non serve vietare l'accesso al web. Piuttosto bisogna stimolare il dialogo con i figli e indicare loro le stesse regole e cautele che sarebbe giusto seguire anche nella vita reale: non dare confidenza agli sconosciuti e non fornire mai i propri dati personali; piuttosto cercare di sfruttare le eccezionali opportunità di crescita e di conoscenza che il mondo virtuale offre.

Intervista a Guccini


Intervista (una delle rare!) a Francesco Guccini:

I bambini giochino!


L'invito di Nickelodeon: siete troppo grassi, andate al parco a giocare
La tv dei bimbi si spegne per un giorno
Triste primato: un italiano su tre dai 5 ai 17 anni è sovrappeso
di Michela Tamburrino
I bambini sono pigri e mangiano male. Passano pomeriggi sdraiati sul divano davanti alla tv, il 23% s’imbottisce di merendine. A tavola invece sono svogliati. In compenso il 15% non pratica alcuno sport. La giornata casalinga prevede più di due ore davanti al computer impegnati ai videogiochi. Otto bambini su dieci utilizzano il web quotidianamente, il 25% per più di due ore. Esiste anche una geografia degli stili di vita per regione: in testa per uso del pc i calabresi, in coda sardi, umbri e valdostani. Il quadro sconfortante della realtà giovanile italiana viene da un’indagine Swg per Moige. A lasciare interdetti è un altro elemento che arriva dall’Iots (International obesity task force) e apre una finestra su quelli che sono gli insegnamenti alimentari che i genitori impartiscono ai figli: il 36% degli italiani dai 5 ai 17 anni è sovrappeso e questo ci pone al primo posto in Europa, battendo, se pur sul filo di lana, gli spagnoli. Un trend negativo in crescita: entro il 2010 si prevede il raddoppio del dato. Un problema grave che ha fatto scattare l’allarme: l’Organizzazione mondiale della sanità invoca una maggiore sensibilizzazione delle famiglie e della scuola, la Coldiretti avverte che le malattie dell’obesità sono responsabili del 7% dei costi sanitari. In tale contesto anche una singola iniziativa può aiutare. L’ha presa Nickelodeon, il canale d’intrattenimento per bambini più diffuso al mondo. (...) I dirigenti hanno deciso di spegnere Nickelodeon per un giorno, mandando in video oggi, e per 24 ore, un cartello che invita i piccoli spettatori a uscire da casa e a giocare nei parchi. (...)Una situazione che vede i genitori sul banco degli accusati, colpevoli di trascuratezza. Ma c’è chi cerca di affrontare la situazione con fantasia. (...)

domenica 18 maggio 2008

Festa


Un doveroso omaggio al papà di una bimba così bella!!

Amicizia


"Sarà eccellente perché viene da Dio, eccellente perché tende a Dio, eccellente perché il suo vincolo è Dio, eccellente perché durerà eternamente in Dio. Che bella cosa amare in terra come si ama in cielo, ed imparare ad amarsi scambievolmente in questo mondo come faremo in eterno nell'altro!"
s. Francesco di Sales a proposito dell'amicizia, Introduzione alla vita devota, 215

Uomini e pecore


Una ricerca inglese ha evidenziato un comportamento "da branco"
Gli uomini in gruppo diventano gregge
La folla tende sempre a seguire una o due persone che danno l'impressione di saper dove andare
Londra - Quando si trovano in mezzo alla folla, le persone tendono a comportarsi come le pecore, ovvero a seguire ciecamente colui o coloro (al massimo si tratta di due individui) che sembrano sapere esattamente dove stanno andando (anche se magari non è affatto vero). A sostenerlo è uno studio dell’Università di Leeds che, stando al professor Jens Krause (...). «In questo atteggiamento, ci sono dei forti parallelismi con il comportamento degli animali che vivono in branco. Tutti noi siamo stati in situazioni dove ci siamo lasciati trascinare dalla folla, ma l'aspetto più interessante di questo studio è che coloro che vi hanno partecipato hanno finito per prendere una decisione consensuale, malgrado non fosse loro permesso di parlare o rivolgersi agli altri. Nella maggior parte dei casi, non hanno nemmeno realizzato di essere stati guidati dagli altri». «In maniera ancora più sorprendente – ha concluso Krause – questo studio ha poi scoperto che anche se ci viene mostrata una strada più veloce, noi preferiamo generalmente fissarci su quella vecchia e tendiamo a convincere gli altri a fare lo stesso». Un comportamento che, a detta degli studiosi, potrebbe avere implicazioni letali nei casi in cui ci si trovi nelle condizioni di dover evacuare in fretta e furia un edificio, perché ci porta a seguire quelle vie di fuga che ci sono familiari, anche se più lente, piuttosto che spingerci a scegliere un’alternativa. In altre parole, si segue la massa indipendentemente dal pericolo (reale o ipotetico) e non ci si azzarda a rischiare una soluzione diversa, con conseguenze spesso disastrose.
Simona Marchetti