sabato 8 marzo 2008

Spreconi


7/3/2008 - ITALIA DEI PARADOSSI, UN PAESE DI SPRECONI
Quanta spesa dal negozio all'immondizia
Il 10% degli acquisti non viene consumato. Ogni anno 4 miliardi di euro in fumo

di Daniela Daniele

Roma - Buttereste 500 euro nel cassonetto sotto casa vostra? La risposta pare scontata, eppure si è calcolato che una famiglia media italiana si disfa, annualmente, di 561 euro, pari al 10 per cento della spesa alimentare totale effettuata. E’ un’indagine dell’Adoc, l'Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori, a darci la patente di spreconi. Pare evidente che riempiamo il carrello o le borse con troppa facilità se a finire nella spazzatura sono soprattutto prodotti freschi: latte, uova, carne, preparati di gastronomia, mozzarella, stracchino e yogurt (39%); pane (19%); frutta e verdura (17%); affettati (10%); prodotti in busta come le insalate (6%); pasta (4%); scatolame (3%); surgelati (2%).Il dato è preoccupante, «anche se in calo rispetto agli anni precedenti, quando però si spendeva meno - commenta Carlo Pileri, presidente di Adoc -. Dopo le speculazioni che si sono verificate con l’entrata in vigore dell’euro, abbiamo assistito a un notevole aumento della spesa familiare destinata ai prodotti alimentari e, contestualmente, a un calo degli sprechi. Che comunque rimangono alti». Tuttavia, le cattive abitudini permangono, alimentate anche dalle strategie di vendita delle industrie e dei vari esercizi commerciali per rendere più abbordabile e allettante la merce. «I consumatori devono imparare a essere più furbi e consapevoli - continua Pileri -. Oggi si spreca sia per comprare un prodotto richiesto dal figlio o dal nipote, magari attratto dal regalo allegato. Poi, l’alimento non viene consumato e finisce tra i rifiuti». Spesso si è attratti dalle offerte promozionali, del tipo prendi tre e paghi due, e si riempie il carrello senza chiedersi se quel prodotto effettivamente ci serva, e con l’illusione di risparmiare ci portiamo a casa quantità di ogni cosa superiori al necessario.Il momento esplosivo degli sprechi, poi, coincide con i periodi canonici delle feste. Sotto Natale, la solita famiglia media sperpera 52 euro. A Capodanno, 21. A Pasqua, 42. «Se ognuno pensasse che con i soldi buttati per questi appuntamenti una famiglia potrebbe fare la spesa per circa 2 settimane, forse farebbe acquisti più ponderati», conclude l’associazione. Tra i motivi per cui si spreca il cibo, secondo l’indagine Adoc, l’eccesso di acquisto generico (39%), prodotti scaduti o andati a male (24%), troppi acquisti per offerte speciali (21%), novità non gradite (9%), prodotti non necessari (7%).L’Italia è in buona, o meglio sprecona, compagnia. Negli Usa, per esempio, secondo quanto riferisce Sos consumatori Telefono Blu, il 40-50 per cento del cibo viene sprecato e nel Regno Unito la percentuale di prodotti alimentari che finisce in pattumiera si aggira tra il 30 e il 40 per cento, per 3,4 milioni di tonnellate di cibo che diventano scarti. L’associazione ha anche calcolato che, nel nostro Paese, il valore dei beni alimentari nella spazzatura è pari a 4 miliardi di euro. E tanto per avere un quadro completo di questa realtà, ricordiamo che 852 milioni di individui nel mondo sono sottoalimentati e che 150 milioni di loro potrebbero essere sfamate con quanto la parte ricca del pianeta getta nell’immondizia. E’ ora di pensare anche a un’etica nel produrre rifiuti? «Senza dubbio, sì - osserva Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva -. I genitori dovrebbero mettere in atto, con i loro figli, un progetto di risparmio. Imparando, così, insieme a utilizzare meglio il denaro».

venerdì 7 marzo 2008

Evolvere nelle età


«O Signore, quanto mi era piacevole, nella pienez­za dello sforzo, sentire il mio stesso evolvere come un accrescimento del tuo potere su di me!
Quanto mi era piacevole, pure, sotto la spinta interiore della vita, o nel gioco di una favorevole casualità, abbandonarmi alla tua Provvidenza!
Dopo aver scoperto la gioia di utiliz­zare ogni forma di sviluppo per farti, o lasciarti cresce­re in me, fa' che io acceda senza sgomento a quell'ulti­ma fase della comunione nella quale io ti possederò perché diminuirò in Te.
Dopo aver scoperto in Te Colui che è un "più di me stesso", fa' che io sappia pure riconoscerti, venuta la mia ora, sotto le apparenze di ogni potenza, estranea o ne­mica, che sembrerà volermi distruggere o soppiantare.
Quando sul mio corpo (e ancor più sul mio spirito!) il logorio dell'età comincerà a segnare la sua impronta; quando su di me piomberà dall'esterno, o quando, dal­l'interno, nascerà in me il male che diminuisce o rapi­sce; nel minuto doloroso in cui, tutto a un tratto, mi accorgerò di essere malato o d'invecchiare; in quel momento ultimo, soprattutto, in cui mi sentirò sfuggi­re a me stesso, totalmente passivo nelle mani delle gran­di forze ignote che mi hanno formato; in tutte quelle ore cupe concedimi, o Signore, di intuire che Tu stesso (purché la mia fede sia abbastanza grande) apri un varco doloroso nelle mie fibre, per penetrare fin nel cuore della mia sostanza, e per rapirmi in Te».

Theillard de Chardin, L'ambiente divino

Convegno Caritas zona VI


Nonni preziosi per i nipoti


7/3/2008 (7:28)

L'estinzione dei nonni-sitter

Nel 2050 ci sarà un anziano ogni tre persone
Costretti a fare da badanti ai vecchi genitori non hanno più tempo per crescere i nipotini

di Marina Cassi
Torino - Oblativi, pazienti, instancabili. Nonni a tempo pieno, sempre pronti. Sono loro che consentono a figlie e nuore di lavorare per vivere, o magari anche di incapricciarsi dell’idea di far carriera. La donna giovane - si fa per dire perchè il primo figlio lo fa oltre i trent’anni, per l’esattezza a 31 e un mese in Italia e a 31 e sei mesi in Piemonte - sta in ufficio come e più del collega uomo.
La società organizza ancora i suoi tempi sul modello fordista mentre predica arcigna che le donne devono diventare madri prolifiche. L’equilibrio andrebbe in mille pezzi se non ci fossero i nonni a surrogare, garantire, educare i nipoti. Il 54 per cento delle donne lavoratrici affida i bambini a genitori o suoceri. Solo 13 anziani su cento non si occupano dei nipoti; per contro, una schiera di indomiti pensionati - pari all’86% del totale - è a districarsi tra pappe e compiti, play station e prime cotte adolescenziali dei nipoti.
Un bel surrogato di Welfare, una bella valvola di sfogo per le famiglie. Peccato che stia per finire e che le dinamiche demografiche siano implacabili: nel 2050 ci sarà un anziano ogni tre persone. Secondo l’Istat il 7,8% della popolazione italiana avrà più di 85 anni; è il 2 adesso. E avrà più di 65 anni il 34%: ora è il 19,5. Non è novità. Non lo è, ma dal Piemonte arriva un allarme: abbastanza in fretta accadrà che i nonni non potranno più occuparsi dei nipoti, perché impegnati a curare i genitori malati.
Lo sostiene l’Ires Piemonte che ha analizzato ed elaborato - in una delle regioni con un altissimo numero di anziani - un modello sul futuro prossimo. Nel 2025 ci saranno 528 mila persone tra i 65 e i 75 anni che dovranno occuparsi di 673 mila ultrasettantacinquenni. Di questi in 256 mila avranno più di 85 anni e 78 mila tra i 90 e i 94 anni. E non è detto che ci sia una seconda soccorrevole generazione di immigrate a curare i nostri anziani; raramente le figlie vivono gli stessi percorsi delle madri. In Piemonte fino al 2015 si avranno più anziani oltre i 75 anni che sopra, da allora però gli over 75 supereranno quelli tra 65 e 74 mentre gli adulti tra i 40 e i 64 anni cesseranno di crescere. E su di loro si scaricherà il diluvio: sostituire i giovani assenti dal mercato del lavoro, curare i più vecchi perdendo per giunta ogni aiuto dalla generazione precedente.
Ma non è solo la bruta dinamica demografica a far temere l’estinzione dei nonni. Il sociologo Luciano Abburrà dell’Ires - che ha analizzato il fenomeno - spiega che «il Piemonte indica una tendenza qui più esasperata, ma comune all’Italia; la differenza può stare solo nella intensità del tempo necessario per arrivare allo stesso risultato». E elenca le concause: «Dei nipoti si occupano soprattutto le nonne; ma nel prossimo futuro ci saranno meno donne in età giovanile a andare in pensione. Adesso ce ne sono che hanno smesso di lavorare sotto i 50 anni o poco sopra».
Già in questi anni ancora abbondanti di nonni - e in una regione dove «gli anziani più giovani» sono per adesso tanti, il 13% tra 55 e 64 anni e il 17 tra 65 e 74 - qualcosa incomincia a incrinarsi. Si parla di generazione sandwich: è quella nata a cavallo degli Anni ‘40, contesa tra l’assistenza ai nipoti e quella ai genitori anziani. Ma inesorabilmente le cose cambieranno in peggio; non accadrà in un attimo, ma accadrà.
Ed è adesso che è necessario attrezzarsi per il futuro. Quei numeri e quelle tendenze non cambieranno, al massimo si ritoccheranno un poco, ma il modello sociale può mutare. Abburrà ha qualche idea e una certezza: «Le società messe di fronte ai problemi cambiano, per forza. Non credo sia necessario inventarsi nulla; basta guardare a che cosa accade negli altri paesi europei».
E racconta che in Italia 66 madri con figli piccoli su cento lavora. E lo fa spesso in settori industriali con un orario a tempo pieno, tra le 36 e le 40 ore alla settimana, ma con una bella fetta che arriva alle 50. E’ chiaro che senza i nonni boccheggiano, anzi annegano. Ma - dice Abburrà - se il part-time superasse l’attuale quota del 24% le cose cambierebbero. E cita l’immortale esempio olandese: «Lì la quota di donne che lavora a tempo parziale è arrivata addirittura al 75%. La società ha fatto questa scelta, ha stipulato un contratto: uno stipendio e mezzo per famiglia, ma in cambio c’è un equilibrio basato sul tempo disponibile per la cura dei figli».

giovedì 6 marzo 2008

Droghe a scuola

Per non far finta di niente...
http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=player&cont_id=18029

Cattivi maestri


6/3/2008 (7:29)

L'Onu contro i vip che sniffano:"Cattivi maestri"
Esibiscono l'uso e lo fanno diventare una moda. Anche per colpa del lassismo dei Paesi europei
di Pierangelo Sapegno

Anche quando l’hanno letto, erano un po’ stupiti. Mica per la notizia, niente di troppo nuovo. Era per chi la dava. Le star come Kate Moss e Pete Doherty sono cattivi maestri che non pagano abbastanza per le loro colpe, diceva. Adesso, che a dirlo sia il Vaticano, o qualche centro di recupero per tossicodipendenti, o qualche teo-dem di nuova ispirazione, uno potrebbe anche capirlo. Però si dà il caso che siano le Nazioni Unite a dirlo, che sono loro che fanno appello alla Gran Bretagna e ad altri Paesi europei perché si sono dimostrati troppo tolleranti con le star che si drogano o che fanno uso e abuso di alcol. È l’Onu che fa la morale. È l’Onu il bravo maestro. Probabilmente, hanno pure ragione, perché né Moss né Doherty né altri hanno mai pagato troppo le loro evasioni dal mondo, e magari sarebbe meglio per tutti se lo facessero, ma alle Nazioni Unite forse quello che preoccupa dev’essere altro, in realtà: la potenza crescente dei grandi trafficanti di droga, i Paesi che si nascondono dietro, la illimitata produzione internazionale. La lezione è giusta. È che non l’abbiamo capita tutta. C’è qualcosa che ci sfugge.
Per ora, l’Onu ci spiega solo, con il dito puntato, che questi artisti maledetti fanno male due volte, a se stessi e ai giovani cui si rivolgono, perché rendono alla moda il consumo di sostanze proibite. Soprattutto ci dice, l’Onu, che è sbagliato non punirli in maniera esemplare. Beh, non dice proprio così, ma Philip Emafo, firmatario del rapporto, è abbastanza diretto: «Se hanno commesso dei reati, devono pagare per quello che hanno fatto». In Inghilterra, spiega l’avvocato Julian Young, non è così semplice, «e anche quando le accuse sono provate, il Tribunale preferisce cercare soluzioni riabilitative». Come a dire che vale per tutti, non solo per i divi. L’elenco ufficiale, citato dalla Bbc nel dar la notizia, non è molto lungo, e alla fine i nomi sono sempre quelli, la solita Kate Moss, il suo ex fidanzato Pete Doherty, e pure la cantante Amy Winehouse, che rifiuta da sempre qualsiasi cura, e che lo ripete pubblicamente a destra e a manca, anche nelle sue canzoni più famose. La Bbc cita solo questi. Volendo si potrebbero aggiungere quelli di Britney Spears, Eva Mendes, Boy George e Kirsten Dunst, che prima o poi sono passati da qualche clinica per intraprendere un percorso riabilitativo che non si mai bene dove ha portato.
Molte fra queste illustri vittime della droga sono state colte sul fatto, e la Kate Moss addirittura immortalata sulla prima pagina di un giornale mentre sniffava, e «le conseguenze sono sempre state poche», come sottolinea la relazione stilata dal Comitato Internazionale per il Controllo dei Narcotici per conto dell’Onu. (continua)

mercoledì 5 marzo 2008

Amico



"Toccare con mano Dio: se questo è possibile, penso che lo sia solo attraverso l'animo di un altro, di un Amico".


Pavel Florenskij

Teka P - L'Operari- Teatro Leonardo, Milano 19 dicembre 2005

Forse la difficoltà ad arrivare alla fine del mese non è solo di queste settimane!
Chiedo scusa per qualche espressione un po' "pesante", ma soprattutto per chi non ha studiato questa lingua!

martedì 4 marzo 2008

Quaresima?


Una giornalista Usa di 30 anni condivide sul web le sensazioni e riflessioni nate da lunghe serate lontani da cellulari, pc e tv
Ariel e la lotta alla videodipendenza:
"Stare sconnessi 52 notti all'anno"
E si moltiplicano i gruppi di auto-aiuto per ammalati di videofilia
di BENEDETTA PERILLI
"Una sera a settimana staccherò la spina di qualsiasi apparecchio con uno schermo. Lo farò per un anno". Le nonne lo chiamavano fioretto; Ariel Meadows Stealling, trentenne giornalista di Seattle con un problema di videodipendenza, lo ha chiamato 52 Nights Unplugged e ne ha fatto un sito al quale altri video addict come lei possono iscriversi e condividere sensazioni e riflessioni nate da lunghe serate lontani da cellulari, computer e televisori.
Ariel ha deciso inoltre di rendere pubblica la sua personale battaglia contro la internet dipendenza aprendo un blog nel quale racconta, come in un conto alla rovescia verso la rinascita, le sue serate disconnesse.
Si scopre così che il problema della videofilia, come gli esperti definiscono la tendenza delle nuove generazioni di dipendere dagli schermi, negli Stati Uniti viene trattato già da tempo con workshop mirati alla ricerca dell'equilibrio tra tecnologia ed anima. Proprio dalla partecipazione a uno di questi corsi, frequentati soprattutto da giovani professionisti del settore della comunicazione e del marketing, Ariel Meadows trae l'idea del sito terapeutico.
A prima vista 52nightsunplugged, letteralmente cinquantadue notti senza spina, sembra il corrispettivo virtuale di quei circoli fumosi nei quali i protagonisti dei film americani vanno per smettere di bere. Ognuno ha la sua sedia, che qui è rappresentata da una pagina web nella quale accanto ad una foto ed a una breve descrizione di se stessi, si deve rispondere a tre domande: qual è il sintomo più preoccupante della tua dipendenza tecnologica, perché vuoi staccare la spina e quali sono i tuoi progetti per le tue cinquantadue notti libere? Le risposte lasciano senza parole. Elise da San Francisco crede di aver toccato il fondo giocando ad una partita di solitario con il cellulare mentre ascoltava musica dal lettore mp3 e guidava, Lawrence ammette di non riuscire a percorrere serenamente il tragitto da casa al lavoro perché sente di star perdendo di vista le notizie del web e le mail nella sua casella. E ancora. Lily riconosce di tenere d'occhio in maniera compulsiva i social network ai quali è iscritta per controllare eventuali risposte.
Quasi per tutti la decisione di allentare il rapporto ossessivo con gli apparecchi tecnologici nasce dal desiderio di trascorre il tempo libero rimasto dopo il lavoro facendo qualcosa di diverso dal mirare ottusamente uno schermo. Per quanto riguarda poi i buoni propositi per occupare il ritrovato tempo libero settimanale ce n'è per tutti i gusti. Dal gettonatissimo leggere un libro al preoccupante fare sesso, dal romantico scrivere lettere a mano al modaiolo fare la maglia.
Il meccanismo del sito si basa proprio sul confronto delle esperienze e gli utenti, dopo essersi presentati, possono lasciare dei commenti sulle pagine altrui o conoscersi discutendo sul forum. Gli argomenti più seguiti sono le brevi descrizioni delle notti senza spina. Eddie racconta che per la sua prima "nigth unplugged" ha scelto di leggere un libro ma dopo solo poche pagine si è ritrovato davanti al computer, non senza provare un enorme senso si colpa. Nel testo era citata una frase in francese e doveva assolutamente chiedere a Google cosa significasse. Altri racconti, più di successo, sono quelli che fa l'ideatrice Ariel. Alla sua seconda notte di fioretto ha riscoperto il piacere di una cena con un vecchio amico e alla terza ha ritrovato la passione per la danza che aveva abbandonato da tempo.
Insomma il sito sembra proprio funzionare come un corso per tabagisti che vogliono smettere di fumare. I benefici si iniziano a vedere dopo alcune settimane ma per tutti c'è l'euforia di fare un sacrificio che fa bene al corpo e alla mente.
Anche il dottor David Levy, professore presso l'Information School dell'Università di Washington, lo ricorda: "Bisogna fare attenzione. Quello che stiamo vivendo in questi ultimi anni non è sano e non fa bene all'uomo. Condurre una vita qualitativamente soddisfacente significa trovare una forma di equilibrio e un po' di tranquillità. Bisogna domandarsi quali sono i limiti tra mente e corpo e tenere presente i danni che l'inquinamento informatico può causare".

Vita religiosa


"Quando si intinge la mano nella bacinella, quando si attizza il fuoco col soffietto di bambù quando interminabili colonne dì cifre vengono allineate nel proprio ufficio di contabile, quando si è bruciati dal sole, o affondati nel fango della risaia, quando si è in piedi davanti alla fornace del fonditore, se proprio allora non si attua la stessa vita religiosa che se si fosse in preghiera nel monastero, il mondo non sarà mai salvato".

Gandhi

lunedì 3 marzo 2008

Bibbia tutta in un anno


Presentiamo, per gentile concessione dell'autore, un calendario preparato da p. Pierbattista Pizzaballa, francescano, parroco della comunità cattolica di lingua ebraica di Gerusalemme, per leggere tutta la Bibbia in un anno.
http://www.seitreseiuno.net/Testi/tabid/174/language/it-IT/Default.aspx

domenica 2 marzo 2008

Serenità


"Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rom 8,31)

Regole e Spirito


«Se volete impedire allo Spirito Santo di agire in una fondazione,
cominciate con lo stabilire le regole»
Adrienne von Speyr