sabato 23 agosto 2008

Senza senso


Jet privato, alberghi di lusso requisiti, un panfilo da 155 metri e 22 Mercedes
Palermo, arriva il sultano dell'Oman.
E le vittime della mafia si appellano a lui. La presidente Sonia Alfano: «Chiediamo che ospiti la nostra associazione, lo Stato italiano ci umilia»
La fama sulla generosità lo ha preceduto e così pure il panfilo reale che da una settimana staziona al porto di Palermo. La Sicilia attende il sultano dell’Oman Qaboos Bin Said (...). Da 38 anni padrone assoluto del suo paese il sultano è considerato uno degli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio personale stimato in mezzo miliardo di dollari.
Arriverà all’aeroporto «Falcone e Borsellino» a bordo di un jet privato e per la sua permanenza a Palermo sono già stati requisiti fino al 13 agosto i tre più lussuosi alberghi cittadini dove verrà ospitato anche il nutrito seguito composto da oltre 140 persone. Per l’occasione è sbarcata in Sicilia anche una flotta di fiammanti Mercedes che dovranno garantire gli spostamenti via terra. (...). Ai curiosi invece non resta che ammirare lo sfavillante panfilo reale al porto di Palermo. Una «barchetta» da 154 metri per tre piani di altezza con elicottero a bordo, vasti saloni per consentire le esibizioni dell’orchestra che lo segue sempre e giardino con oltre cinquemila piante. (...) 04 agosto 2008 articolo

venerdì 22 agosto 2008

Metà agosto

Radici Nel Cemento (1996) - Menevojoannà
Ma dimme un pò a me chi me lo fa fà?
De stammene qua dentro a sta città
che sò du' anni che nun cambia niente ormai.
E se cambia è in peggio, che nun ce lo sai
nun ce la faccio più! Nun ce la faccio più.
Ma lo sai che c'è? E che quando tocco er fonno
me viene voglia de partì
... me viene voglia de dà 'n'occhiata ar monno
e nun me va più de stà qui
e allora prendo i miei vecchi stivali
apro l'atlante e me spuntano l'ali
decido 'n fretta dove vojo annà
se in Messico, in Cina o in Madagascar...
E la noia se ne vola via, e la tristezza se ne vola via
la paranoia se ne vola via e l'amarezza se ne vola via...
Eppoi... nun te ne parlo, mo ch'ho perso er posto de lavoro
e so du' mesi che tiro avanti ma senza decoro
e che te lo dico a fà pure la donna m'ha lasciato
e solo sò rimasto come 'n cane abbandonato
nun ce la faccio più, nun ce la faccio più...
Ma lo sai che c'è? E' che quanno tocco er fonno
me viene de partì
me viene voglia de dà 'n'occhiata ar monno sì...
e nun me và più de stà qui
e allora prendo lo zaino più grosso
ce ficco dentro tutto quello che posso
io non aspetto e mo me dò in Africa, in India e pure in Equador
e la noia se ne vola via...
Me ne vojo annà, me ne vojo annà, me ne vojo annà
lo sai che c'è? E' che quanno tocco er fonno
me viene de partì
me viene voglia de dà 'n'occhiata ar monno
e nun me và più de stà qui...
Ma poi ce penso che io nun c'ho un sòrdo,
se parto arrivo forse all'aeroporto
e allora poso i miei vecchi stivali,
chiudo l'atlante e me cascano l'ali
me sò sbajato me tocca stà qua
e l'amarezza no nun se ne va.
Però 'na canna me la vojo fà
hai visto mai quarcosa ha da cambià
un giorno er viaggio me lo faccio davvero
e mentre fumo me viene un pensiero...
Riprendo i miei vecchi stivali
riapro l'atlante e me tornano l'ali
comincio 'n viaggio con la fantasia
e l'amarezza se ne vola via...

giovedì 21 agosto 2008

"Eccomi contro i pastori"

Questa pagina è risuonata per secoli,
e per secoli ha colpito nel segno.
La riascoltiamo oggi,
per confermare l'interpretazione che diamo
all'attuale calo del numero dei preti:
si tratta di un'azione provvidenziale...
che rischia anche stavolta di non essere accolta.

La prima lettura della Messa di ieri: dal libro del profeta Ezechiele
(34,1-11)
Mi fu rivolta questa parola del Signore: “Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, predici e riferisci ai pastori: Dice il Signore Dio! Guai ai pastori d’Israele che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e son preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando tutte le mie pecore in tutto il paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero ch’io vivo, - parla il Signore Dio - poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge - hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge - udite quindi, pastori, la parola del Signore: Dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: chiederò loro conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così i pastori non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più loro pasto. Perché dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura”.

martedì 19 agosto 2008

Uomini sofisticati


Dopingoliadi
3 agosto 2008 - coen.blogautore.repubblica.it
(...) un fondo di Giuliano da Empoli intitolato “Introduciamo la modica quantità per il doping” .
“Ad una settimana dalle Olimpiadi, si moltiplicano i casi di ipocrisia sportiva. Per una volta, non si tratta di Tibet, di rispetto dei diritti umani e compagnia bella. E neppure dell’ esclusione della squadra irachena dai Giochi, causa supposte “ interferenze politiche” — come se lo sport non lo fosse, nell’ intero, governato dalla politica. Il culmine dell’ ipocrisia sono i casi di doping che hanno accompagnato gli ultimi passi della fiamma olimpica (il più recente, che ha colpito il fiorettista italiano Andrea Baldini). Come se, nell’era del Prozac e delle biotecnologie, fosse ancora possibile stabilire un netto confine tra umano e post-umano.
Come se, in un mondo nel quale qualunque palestra di periferia trabocca di anabolizzanti, gli sportivi veri — quelli con le gambe assicurate per cinquanta milioni di dollari — potessero rimanere confinati in una piccola Brigadoon fatta di centrifughe di carota e di barrette di Ovomaltina. Fino a qualche tempo fa, è vero, il doping era limitato ad alcuni ambiti. Si drogavano gli artisti per scrivere e per dipingere. Si drogava John Kennedy per resistere al mal di schiena e dare l’ impressione di essere sempre disinvolto e superiore. E questo era più o meno tutto. Negli ultimi anni, però, il doping è diventato un fenomeno di massa.
Al giorno d’ oggi, non c’è ostacolo che non possa essere superato con un aiutino farmaceutico. Si comincia dai piccoli, con il Ritalin che trasforma bambini irrequieti in angioletti e studenti distratti in primi della classe. Poi, affacciandosi alla vita adulta, si scoprono gli antidepressivi e gli inibitori della serotonina per superare i momenti difficili. Grazie a loro, avvocati timidi pronunciano arringhe miliardarie e casalinghe disperate si addormentanno placidamente. Nel frattempo, la terza età è stata trasformata dall’ avvento del Viagra che ha rivoluzionato la vita sessuale di milioni di anonimi vecchietti — e di almeno un presidente del Consiglio.
Mentre le cassandre pontificavano sui rischi della manipolazione genetica, quasi tutte le loro profezie si sono avverate attraverso un canale più semplice e diretto: quello della neurofarmacologia. Altro che bioingegneria: la personalità umana è assai più malleabile di quanto si pensasse. Non c’ è bisogno del bisturi, per alterare il corso della vita umana basta una pasticca. In un contesto del genere, è immaginabile che gli unici esclusi dalla grande mutazione farmaceutica siano gli sportivi? Piuttosto, dovrebbe essere il contrario. Lo sport è sempre stato il campo nel quale le possibilità umane venivano spinte all’ estremo. Gli atleti erano quelli che correvano più in fretta, che saltavano più in alto, che resistevano più a lungo. Non si capisce perchè questa evoluzione debba interrompersi sulla soglia del nuovo mondo artificiale. Al contrario, attraverso l’introduzione di nuove regole — si potrebbe introdurre la modica quantità di doping — lo sport dovrebbe diventare l’arena privilegiata nella quale sperimentare le nuove frontiere del post-umano: i suoi codici e i suoi limiti.
Non si tratta di accettare il Far West, si tratta di mettere al bando ogni ipocrisia per restituire all’ agonismo il ruolo centrale che ha sempre avuto all’ interno della polis” .
Interessante, a mio avviso, ma ingenuo nella sostanza (giornalisticamente dopata): il meccanismo della competizione — lo sport professionistico è lastrellato di denarospinge gli atleti a trovare soluzioni artificiali sempre più sofisticate e potenti, altro che introdurre una modica quantità di doping. Peraltro, c’è già. Quando si accettano “soglie” massime di valori nel sangue, ben oltre le medie degli altri umani, si è già stretto un patto col diavolo. Come abbiamo letto ieri sulle agenzie di stampa, è appena arrivata sul mercato la pillola del doping (ancora) invisibile. I laboratori cinesi ed americani dicono siano estremamente avanzati in questo settore. Perciò, rassegniamoci ad assistere alle migliori di sempre.

lunedì 18 agosto 2008

Crisi... di mente


Briatore low cost
di Massimo Gramellini
Anche Flavio Briatore si è accorto della crisi. Ignoro dove l’abbia potuta conoscere, ma di sicuro lei avrà avuto un pareo. Comunque si sono parlati, il patron del Billionaire e la signorina Crisi, e il frutto del loro incontro è stato illuminante: «La crisi c’è e si sente a tutti i livelli. Ma a dimostrazione che il mio locale non è un’esclusiva per ricchi, abbiamo deciso di riservare un menu turistico a 200 euro». (l'intero articolo)

domenica 17 agosto 2008

Ermellini


Certamente l'articolo è provocatorio,
ma l'intuizione è condivisibile.

"Una associazione animalista ha raccolto varie centinaia di firme sotto una lettera, che è stata inviata al papa, nella quale si chiede a Benedetto XVI di rinunciare a indossare le pellicce di ermellino (che sono tra i simboli del pontificato)
di Piero Sansonetti - Liberazione - 14 agosto 2008 - pagine 1 e 19
Una associazione animalista ha raccolto varie centinaia di firme sotto una lettera, che è stata inviata al papa, nella quale si chiede a Benedetto XVI di rinunciare a indossare le pellicce di ermellino (che sono tra i simboli del pontificato). Perché? Per mandare all'umanità intera, o comunque al mondo cristiano, un segnale, una idea di rispetto della vita, anche quando la vita non è vita umana. Le pellicce di ermellino sono prodotte attraverso un processo lungo e terribile di tortura contro centinaia di animali.
Mi ha colpto la risposta della Chiesa, affidata ad un cardinale ricco di nobili nomi e cognomi (Andrea, Cordero, Lanza, Montezemolo), il quale, sembra, è il responsabile dell'araldica vaticana. Ha detto, questo reverendo Cordero: «Gli animalisti non hanno problemi più urgenti di cui occuparsi?». Squisito esempio di arroganza, ma un po' anche di imbecillità. (...)
Avete mai letto come si prepara una pelliccia di ermellino? Ve lo racconto brevemente. Si prendono circa 200 ermellini appena nati e si rinchiudono in minuscole gabbiette, che vengono lasciate sporche ed esposte volontariamente al vento e al gelo perché in queste condizioni climatiche i cuccioli sviluppano una peluria maggiore. Il trattamento dura 7 o 8 mesi, poi agli animaletti viene conficcato un chiodo nel cervello, e si aspetta che muoiano dissanguati. (...)
Sulla base di quale principio morale si può stabilire che interrompere lo sviluppo di uno spermatozoo che ha incontrato un ovulo è delitto, e torturare un essere (anzi 200 esseri) in modo così abominevole è una quisquilia? (...)".