sabato 8 novembre 2008

Porte della chiesa

Le acquesantiere sorridono presso la porta della chiesa
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 14 settembre 2008
Sorridono a chi entra e a chi esce. Alcuni le hanno ritenute inutili: sono diventate una mensola per gli avvisi e i volantini. C’è chi entra ed esce distratto, non s’accorge neppure del sorriso d’accoglienza. Le acquasantiere restano sorridenti. A chi entra offrono l’acqua benedetta, come quella del battesimo: perché la vita talora si sporca di frustrazioni e impazienze, di meschinità e cattiverie. Chi entra si fa il segno di croce con l’acqua benedetta e sente il sollievo, come di chi indossa un vestito che profuma di pulito: è accolto come un amico atteso, come un figlio amato. A chi esce offrono l’acqua benedetta, come quella di una benedizione.Chi esce si fa il segno di croce con l’acqua benedetta ed esce sorridente, accompagnato da una voce amica, una specie di promemoria: «Ricordati che la tua vita è benedetta da Dio. Forse ti aspettano fatiche e preoccupazioni: ma la tua vita è benedetta da Dio. Forse a casa c’è una festa o forse un dispiacere: la tua vita è benedetta da Dio. Forse il lavoro sarà un cruccio o una preoccupazione: la tua vita è benedetta da Dio». Sono simpatiche le acquasantiere, che sorridono presso la porta della chiesa...

venerdì 7 novembre 2008

Gaffeur

«Icona pop« o gaffeur seriale: per il mondo il premier è un istrione a volte spiazzante
Dai «cinesi bolliti» alle corna. Le battute di Silvio l'Incompreso
La gag su Rasmussen, Veronica e Cacciari. I finlandesi indignati per la leader «sedotta»
di Gian Antonio Stella
Convinto che grazie a lui l'Italia sia «il Paese più simpatico del mondo», Silvio Berlusconi si è lanciato ieri in una delle battute che lo fanno ridere assai. E nella scia dell'astuta diplomazia internazionale di due ministri come Umberto Bossi e Roberto Calderoli che da anni chiamano i neri «bingo bongo», ha ieri salutato Barack Obama come uno «che è anche bello, giovane e abbronzato».
Come prenderà la cosa il prossimo presidente americano, al quale il nostro premier si era già offerto di «dare consigli» come usavano i barbieri col «ragazzo spazzola» non si sa. È da quando era piccolo che come tutti i neri sente spiritosaggini del genere: «cioccolato», «carboncino», «palla di neve»... Non ci avesse fatto il callo non sarebbe arrivato alla Casa Bianca. Certo, se il Cavaliere voleva «sdrammatizzare» il primo commento del «suo» capogruppo al Senato Maurizio Gasparri dopo l’elezione («Al Qaeda sarà contenta») non poteva scegliere parole più eccentriche. Fatti i conti col contesto internazionale, è probabile che Obama farà spallucce: boh, stupidaggini all’italiana. Da prendere così, come le barzellette da rappresentanti di aspirapolvere sui lager, i malati di Aids, i froci... L’importante è non prendere sul serio chi le racconta. Esattamente quello che hanno fatto, in questi anni, molti dei protagonisti della scena mondiale. Spesso spiazzati dalle sortite di un uomo che secondo Giuliano Ferrara è «un’opera pop».
Nessuno è mai stato stato così contento di se stesso e così spesso «incompreso» sulla scena mondiale. Basti ricordare quando disse al parlamento europeo che avrebbe proposto a un amico che girava un film sui lager nazisti di dare al socialista Martin Schulz la parte del kapò. Gelo in aula. Interrotto dopo lo stupore da urla d’indignazione. E lui: «Era solo una battuta per cui è scoppiato a ridere l’intero Parlamento. Un’osservazione di venti secondi poiché volevo allentare l’atmosfera... La vicenda è stata enormemente gonfiata dalla sinistra». In realtà, spiegò, «in Italia tengono banco da decenni storielle sull’Olocausto. Gli italiani sanno scherzare sulle tragedie per superarle...». E a quel punto si incazzarono ancora di più gli ebrei. Che difficile, farsi capire... Non lo capirono i ministri degli Esteri europei quando a una riunione a Caceres fece le corna a un collega durante la foto ufficiale: «Volevo far ridere un simpatico gruppo di giovani boy-scout». Non lo capirono i giornalisti russi il giorno che, già ustionati dal numero di cronisti assassinati a Mosca, restarono basiti per il modo in cui reagì alla domanda di una giovane reporter che aveva osato chiedere a Putin se avesse una relazione con una gentile signorina: fece finta di imbracciare un mitra e di dare una sventagliata. Non lo capì il danese Rasmussen quando spiegò che «è anche il primo ministro più bello d’Europa... Penso di presentarlo a mia moglie, perché è molto più bello di Cacciari... Secondo quello che si dice in giro... Povera donna».
E poi non lo capì il giornalista del Times: «Nel bel mezzo del discorso di Chirac in Canada, Berlusconi si è alzato e ha cominciato a distribuire orologi agli altri leader, con un delizioso sprezzo politico». Non lo capirono i palestinesi quando ammiccò: «Arafat mi ha chiesto di dargli una tivù per la striscia di Gaza, gli manderò "Striscia la notizia"». E non lo capì il cronista del giornale russo Kommersant durante la visita di Berlusconi e Putin allo stabilimento Merloni di Lipetsk: «Il premier italiano era particolarmente attivo ed era chiaro che aveva un obiettivo: non sarebbe stato contento se non fosse riuscito ad avvicinarsi ad un gruppo di operaie. Poi rivolto a Putin: "Voglio baciare la lavoratrice più brava e più bella". Aveva già individuato la sua vittima. Si è avvicinato a una donna grande come la Sardegna e con tutto il corpo ha fatto il gesto tipico dei teppisti negli androni bui dei cortili, quando importunano una ragazza che rincasa. Lei s’è scansata ma il signor Berlusconi in passato deve aver fatto esperienza con donne anche più rapide di questa: con due salti ha raggiunto la ragazza e ha iniziato spudoratamente a baciarla in faccia».
Che male c’è? È estroso. Macché: non lo capiscono. Come quella volta che spiegò: «Mi accusano di aver detto che i comunisti mangiano i bambini: leggetevi il libro nero del comunismo e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi». Non l’avesse mai fatto! Immediato comunicato del ministero degli Esteri cinese: «Siamo contrariati da queste affermazioni infondate. Le parole e le azioni dei leader italiani dovrebbero favorire la stabilità e lo sviluppo di relazioni amichevoli tra la Cina e l’Italia». Uffa, era una battuta... Sul cibo, poi... «Rimpasto? No, grazie, non mi occupo di paste alimentari... Poi, dopo la visita in Arabia Saudita, mangio solo riso in bianco...». E si indispettirono i sauditi. Uffa, che permalosi... Il massimo lo diede sulla sede dell’agenzia alimentare europea che rischiava di finire a Helsinki: «Parma sì che è sinonimo di buona cucina, mentre i finlandesi non sanno nemmeno cos’è il prosciutto. Come si può pensare di collocare questa agenzia in un Paese che forse va molto fiero della renna marinata o del pesce baltico con polenta? Per portare l’Agenzia a Parma ho rispolverato le mie doti di playboy con la presidente finlandese Tarja Halonen». Ed ecco l’incidente diplomatico. Con tanto di protesta ufficiale e convocazione dell’ambasciatore italiano: come si permetteva? Immediata rappresaglia delle associazioni dei produttori finlandesi: «Non compreremo più vini e oli italiani». E lui: «Ho fatto solo una battuta di galanteria. C’è una mancanza di sense of humour...». In fondo si tratta di strategia internazionale. «Cazzeggio strategy», diciamo. Mica le capisce, certe reazioni. Lui, quando a un vertice è saltata fuori la storia che è bassotto mica se l’è presa. Si è tolto una scarpa, l’ha messa sul tavolo e l’ha mostrata a tutti: «Visto? Non ce li ho i tacchi alti. È che mi dipingono così».

Non ci stiamo

Quanto resisteremo?
di Massimo Gramellini
L’effetto Obama, questo sentirci improvvisamente attratti da discorsi elevati sulla natura umana, sarà la tendenza del futuro o è destinato a esaurirsi di fronte alla prima maldicenza ascoltata in corridoio? (...) Ora, ciascuno di noi è convinto di dedicare la maggior parte del suo tempo, diciamo il 98%, a fare cose buone ed è molto scocciato quando sui giornali trova descritto solo il restante 2%. (...) Si può però tentare un disarmo bilanciato: noi ci impegniamo a scriverne di meno e voi a leggerne di meno. Comincio io: oggi avrei potuto malignare sull’anziano premier di un piccolo paese dell’Europa del Sud che ha fatto una battuta da bar brianzolo (il Bar Lusconi) sul colore della pelle del Presidente degli Stati Uniti. E invece non lo farò.

giovedì 6 novembre 2008

Happy Birthday Celtic Football Club

Dalla serie: "Chissenefrega"


Parla la Ponce
Lola: «Quello che succede nel mio letto è roba mia».
La cantante si confessa su "Max" per il suo "Book of the Year".

Se fosse veramente così non lo direbbe ai quattro venti; invece, in questo modo quello che succede mi pare una "roba" di tanti!
don Chisciotte

Giannelli

Noi proprio non possiamo?!

No, we can't
di Massimo Gramellini
Con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è una cosa meravigliosa, a differenza che altrove. Certo, i candidati vengono scelti dopo un duro apprendistato e non si candidano solo quando sono sicuri di vincere, come altrove. Certo, per il rito di iniziazione all’età adulta gli studenti hanno passato la notte nei sacchi a pelo davanti al maxischermo del loro college senza il conforto di mamme e professori (succede anche questo, altrove). Certo, davanti ai seggi ci sono code chilometriche perché da quelle parti si ostinano a stare in fila per uno, anziché sperimentare forme innovative di incolonnamento a fisarmonica, a raggiera, modello arrogance («lei non sa chi sono io») o formato parakul («mi lasci passare, la prego, ché la casa mi va a fuoco e ho dimenticato mio figlio sullo zerbino con un leone a stecchetto da mesi»), molto diffuse altrove. Certo, a Chicago, sperduto villaggio dell’Illinois, ieri sera aspettavano un milione di persone in piazza ed erano terrorizzati dall’idea di non riuscire a gestirle tutte, mentre altrove ne hanno appena ospitate due milioni e mezzo (ma in realtà erano due miliardi e mezzo, anzi due milioni di miliardi e mezzo) senza fare una piega. Certo, laggiù il candidato giovane sembra proprio giovane e il candidato vecchio proprio vecchio, non come altrove, dove al vecchio crescono i capelli e il giovane fa cascare le braccia.
Sì, con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è davvero una democrazia. A differenza che altrove.

mercoledì 5 novembre 2008

Speranze

Che non sia solo demagogia o retorica...
"Ci saranno battute d’arresto e false partenze. Ci saranno molti che non saranno d’accordo con ogni decisione o ogni politica che varerò da Presidente e già sappiamo che il governo non può risolvere ogni problema. Ma io sarò sempre onesto con voi in relazione alle sfide che dovremo affrontare. Vi darò ascolto, specialmente quando saremo in disaccordo. (...)
Ricordiamoci che se mai questa crisi finanziaria ci insegna qualcosa, è che non possiamo avere una Wall Street prospera mentre Main Street soffre: in questo Paese noi ci eleveremo o precipiteremo come un’unica nazione, come un unico popolo. Resistiamo dunque alla tentazione di ricadere nelle stesse posizioni di parte, nella stessa meschineria, nella stessa immaturità che per così tanto tempo hanno avvelenato la nostra politica (...)".
Dal discorso di Obama a Chicago

Un sogno... 45 anni fa!

Discorso pronunciato a Washington il 28 agosto 1963
Martin Luther King: "I Have a Dream" (Io ho un sogno)
"... Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!..."

Programmi e (dis) informazione sessuale

Studio Usa: i programmi a esplicito sfondo sessuale deformano la percezione del reale
L'autrice della ricerca: "Bisognerebbe anche monitorare il web, la stampa e la musica"
Gravidanze giovanili indesiderate. Rischio doppio tra le teledipendenti
di Benedetta Perilli
In America se lo chiedono da tempo: ma la Juno Generation, quella delle ragazzine spensierate che nascondono il pancione sotto la maglietta, da dove è spuntata? Probabilmente dalle giovanissime teledipendenti. A dirlo è un team di ricercatori della Rand Corporation che ha pubblicato sul numero di novembre della rivista Pediatrics, il giornale ufficiale dell'Accademia americana dei pediatri, uno studio su "Guardare il sesso in tv può predire la gravidanza giovanile?". E mentre negli Stati Uniti il fenomeno delle baby mamme sembra diminuire, pur coinvolgendo nomi noti come Jamie Lynn Spears, la 17enne sorella di Britney, e la coetanea Bristol Palin, figlia, in dolce attesa, della candidata repubblicana alla vicepresidenza della Casa Bianca, la scienza dice finalmente la sua sul discusso argomento. Televisione e gravidanze adolescenziali, insomma. C'è una connessione?
La risposta è si. Chi vede programmi televisivi che trasmettono contenuti sessualmente espliciti, come ad esempio i telefilm Sex & the City e Friends, ma anche film e talk-show che affrontano tematiche sessuali, avrebbe più del doppio di possibilità di diventare un baby genitore rispetto a chi non segue questo genere di programmi. I risultati variano poi a seconda delle fasce di età degli intervistati ma, parlando in numeri, per quanto riguarda i 16enni si tratta del 12 per cento di possibilità contro il 5%.
Per arrivare alla conclusione che, se vista troppo, male e senza la supervisione dei genitori, la televisione può portare a seri danni comportamentali per gli adolescenti, i ricercatori dell'associazione non profit Rand Corporation, guidati da Anita Chandra, hanno condotto, dal 2001 al 2006, un sondaggio telefonico longitudinale su un campione di adolescenti tra i 12 e i 17 anni. Il sondaggio, misurando il tempo trascorso davanti alla televisione, le conoscenze sessuali, l'attitudine, il comportamento e una vasta scala di variabili demografiche e psicologiche, ha cercato di prevedere le abitudini e il comportamento sessuale degli adolescenti.
Dopo aver individuato una rosa di ventitré programmi televisivi più in voga tra i teenager, i ricercatori hanno chiesto loro di stabilire quanto tempo veniva dedicato quotidianamente ad ogni programma, oltre ad analizzare i reali contenuti sessuali veicolati dalle varie trasmissioni. A questo punto il sondaggio si è spostato sulle abitudini sessuali degli intervistati, su eventuali gravidanze avute in passato e sulla possibilità di averne in futuro. Proprio in base a queste predizioni e grazie alla natura longitudinale del sondaggio, condotto sullo stesso campione di giovani prima ad un anno di distanza e poi a due, ovvero nel 2001, 2002 e 2004, è stato possibile stabilire che la maggiore esposizione a contenuti sessuali ha corrisposto ad una maggiore incidenza di baby gravidanze.
Ma in un'intervista telefonica rilasciata all'agenzia di stampa Reuters la ricercatrice Anita Chandra ha precisato: "La televisione è solo uno degli ingredienti che influenza il comportamento degli adolescenti. Dovremmo concentrarci anche sul ruolo di internet, dei giornali e della musica". Dello stesso parere anche la psicologa dell'infanzia Maria Rita Parsi che commenta così la notizia: "Già da cinque anni nei convegni di pediatria ginecologica si discute dei danni del bombardamento di immagini inappropriate subito dai bambini attraverso la televisione e Internet e alla loro conseguente eccessiva adultizzazione. La soluzione? Riappropriarsi dei tempi della vita. I bambini hanno diritto a vivere le giuste fasi della loro infanzia e adolescenza".
In Italia la situazione dei giovani è diversa da quella americana, soprattutto per quanto riguarda la salute riproduttiva e, se non si può parlare del fenomeno delle baby gravidanze, si può però analizzare la relazione tra televisione e comportamenti degli adolescenti. A farlo è la Società Italiana di Pediatria, che ogni anno pubblica il Rapporto sulle abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani. L'analisi dei dati del 2007, relativi a televisione e sessualità, è in linea con la ricerca americana che individua nella televisione un fattore capace di influenzare i comportamenti sessuali degli adolescenti.
La percentuale di giovani italiani che considera un rapporto sessuale non protetto come un comportamento a rischio aumenta infatti di circa il 6% se a rispondere alla domanda sono ragazzi che guardano la televisione meno di un'ora al giorno, mentre per chi la vede più di tre ore il sesso non protetto è percepito in maniera meno rischiosa.
Un altro dato importante è quello che riguarda l'informazione sessuale. Chi vede la televisione meno di un'ora al giorno dichiara di ricevere le informazioni soprattutto da amici, genitori e insegnanti, mentre per chi guarda la televisione più ore al giorno le percentuali di interazione con i genitori (soprattutto con la madre che passa dal 35 al 21%), diminuiscono sensibilmente a favore di amici e soprattutto altro, categoria all'interno della quale è presumibile che venga inserita proprio la televisione.
"Chi vede la televisione per più tre ore al giorno manifesta una presunta, e falsa, consapevolezza sessuale, che deriva probabilmente da quello che vede in tv - così il dottor Maurizio Tucci, curatore dell'indagine della SIP - i dati dimostrano inoltre che chi trascorre più ore davanti alla televisione tende a ricercare autonomamente le informazioni relative al sesso, ricorrendo sempre più alla televisione stessa, ai giornali e a internet e sempre meno ai soggetti reali come genitori, insegnanti o medici".

Anni '60


Uno che è nato nel mio stesso decennio è stato eletto Presidente degli Stati Uniti...
anche questo mi fa pensare.
don Chisciotte

martedì 4 novembre 2008

11 mesi + 9


11 mesi fa vedeva la luce e
9 mesi prima cominciava a vivere
questa splendida creatura!

Ricordando i morti della Grande Guerra (1915-18)

Max Manfredi - Il morale delle truppe (live)

Una serie di foto dalle trincee.

lunedì 3 novembre 2008

Spreco

Non sperperate il sapere
di Antonio Scurati
C’è una cosa che il ministro dell’Università e della Ricerca deve sapere: il momento peggiore della vita di un giovane professore universitario non è quello in cui riceve il suo magro stipendio ma quello in cui esamina i propri studenti o ne discute le tesi di laurea. È allora, infatti, che si assiste al disastro della pubblica istruzione.
La rovina del millenario edificio del sapere assume i tratti somatici del tuo allievo che, seduto all’altro capo della scrivania, in un italiano stentato, smozzica frasi per lo più sconnesse, ciancica frattaglie di nozioni irrancidite, rimastica rigurgiti di conoscenze mal digerite. In quei momenti il nostro fallimento sta lì, a meno di un metro di distanza da noi, ci basterebbe allungare la mano per afferrarlo. Dire una parola per porre fine a esso. Ma non lo facciamo. Rimaniamo a guardare, come incantati dal fascino del disastro. Ascoltiamo, quasi ipnotizzati, la nenia dello studente oramai prossimo alla laurea eppure incapace di coniugare i verbi, di coordinare le frasi, di articolare un discorso. Tendiamo l’orecchio a quel balbettio perché in esso avvertiamo la vibrazione sorda di un grande organismo in decomposizione. Ce ne stiamo lì, soggiogati dalla malia dei cimiteri di campagna. Non chiudiamo nemmeno gli occhi, non distogliamo lo sguardo: abbiamo davanti a noi lo spettacolo di una catastrofe al rallentatore. Ed è quella della nostra istituzione.
Ecco cosa pensavo in questi giorni se mi trovavo a sfilare accanto a un ventenne che con me protestava contro i drastici tagli all’università. Pensavo: questo è probabilmente uno di quei miei tanti studenti che mi fa disperare quando li esamino, uno di quei ragazzi ai quali oramai ci accontentiamo di insegnare poco o niente, uno di quei ragazzi che, educati dalla televisione e dallo shopping center, intendono l’università come parte del loro tempo libero, per lo più devoluto a godersi la vita, consumare, concedersi ogni facile piacere.
C’è però un’altra cosa che l’opinione pubblica dovrebbe sapere ed è che quel ricercatore universitario che s’immalinconisce perché non riesce più a fare il suo mestiere percepisce in media uno stipendio di 1480 euro al mese. Il che significa che i giovani scienziati da cui ci aspettiamo la cura del cancro, la scoperta di fonti di energia rinnovabile o, anche - perché no? -, la nuova cultura che ci consenta di interpretare e capire il nostro tempo, guadagnano meno dell’idraulico che ci ripara il lavandino.
E, si badi bene, non è soltanto questione di conto in banca: questa sproporzione tra stipendi e valore sociale della conoscenza è indice di un immiserimento generale - materiale e morale -, è specchio di un’università in cui i fisici che lavorano nella facoltà che fu di Enrico Fermi fanno ricerca negli scantinati, in cui per trovare fondi si deve emigrare all’estero, in cui ogni giorno si laureano studenti semplicemente ignoranti. La miseria degli stipendi è, insomma, segno di un letterale disprezzo per il sapere. (...)
Ma non dimentichiamo, per favore, che lo spreco più grande di cui ci stiamo macchiando è lo sperpero di forme di sapere che stiamo perdendo, di occasioni di scoperta che stiamo mancando, di capitali di conoscenza che stiamo depauperando, di livelli di conoscenza che vanno precipitando, di risorse umane che stiamo svilendo. Si tratta di valori inestimabili. (...)

Foto pazze

Un uccello con la scia, una gonna fatta con un tulipano, a spasso con un ombra e un bacio alla piramide: sul web, si sa, si colleziona di tutto e in questa galleria ecco la raccolta di immagini curiose che gli utenti hanno messo da parte. Con risultati sorprendenti e da scoprire. Guarda.

domenica 2 novembre 2008

Commemorazione

Sulla morte
di Dietrich Bonhoeffer
Non c'è nulla che possa sostituire l'assenza di una persona a noi cara.
Non c'è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l'un l'altro per suo mezzo.
E' falso dire che Dio riempie il vuoto; Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso.
Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli.

Solo "disadattato"?!

Quando uno si sente disadattato, lo capisco.
E non sono il solo!
In cerca d'autore
di Massimo Gramellini
Mi sento come certi studenti che ho incontrato in questi giorni: non rappresentato dalla politica. Invidio i dichiaratori assertivi, modello Capezzone o Sabina Guzzanti: sembrano sempre così convinti di indossare le ragioni del bene, contrapposte a quelle del male. Io sono pieno di dubbi, accidenti. Ammiro chi aderisce in toto a uno schieramento o a un’ideologia, condividendone i valori e gli interessi, e giustificandone i vizi con la motivazione tifosa che gli altri fanno peggio.
Io non ci riesco. Sono infastidito dalla volgarità del centrodestra, però mi dà ai nervi la supponenza del centrosinistra. Penso che bisognerebbe dimezzare il numero degli insegnanti e raddoppiare invece i loro stipendi. Ritengo il lavoro precario una forma di schiavitù, ma non appoggio un sindacato che in nome della giustizia sociale finisce per proteggere ingiustamente i furbi e gli scansafatiche. Mi piace il benessere, ma non chi lo ostenta. Ho una sola certezza, che la ripresa economica arriverà dalle energie alternative, ma mi sta sullo stomaco il millenarismo iettatorio di certi ambientalisti. Non sopporto l’ipocrisia della Palin, mentre mi fa tenerezza quel dispari di McCain. Diffido del mito di Obama, ma resto affascinato dalla sua giovinezza fisica e mentale. Sono felice che esista Saviano, ma i libri sulla realtà mi angosciano e per capire davvero come funziona il mondo preferisco rifugiarmi nel linguaggio simbolico della fantasia. Ogni tanto mi viene voglia di fondare un partito, ma so già che non mi ci iscriverei.

Commenti
Dovresti seriamente pensarci, invece, a fondare un partito: mi sento pienamente rappresentato dalle tue parole. Considerami già iscritto!
scritto da Giovanni Caporali email: gio.capor@alice.it 1/11/2008 9:8

gregio granata, fondi questo partito così anch'io non mi ci iscrivo, ma per un pò spero. Condivido con lei il tifo per una squadra che sempre soffre, la diffidenza per il mito di Obama e la tenerezza per McCain. Rimpiango Clinton; spingo, senza successo alcuno, la scelta di produrre con energie alternative e faccio il capetto in una industria che, essendo tale, inquina. Voto a sinistra ma sono arrivato a desiderare ancora Moro, Fanfani e,un pò, Craxi.
scritto da Marco email: marcog2004@libero.it 1/11/2008 8:57

Oggi, come sempre, leggere un suo articolo è il modo migliore per iniziare la giornata. Grazie, perchè Lei castigat ridendo mores
scritto da bruno napoli email: avvbrunonapoli@alice.it 1/11/2008 8:55

he a me capita ciò, ma in maniera così netta che a volte mi chiedo se io sia affetto dalla sindrome dell'opposizione: con il governo Berlusconi mi schiero apertamente con i contestatori e gli scioperanti, con il governo Prodi mi schieravo dalla parte di chi voleva chiudere le frontiere e di chi voleva per forza aumentare i lavori pubblici a scapito di quei politicizzati manifestanti. D'altronde nello sport non si tiene sempre per i "piccoli" ? Io tifo contro giuvemilaninter e contro la Ferrari.
scritto da giorgio-sav 1/11/2008 8:41

Caro, carissimo Gram siamo in due ( per ora...). Ci vorrebbe una "rivoluzione dell'anima" per riprendere una frase del bellissimo "Il Dio di domani" di N.D.Walsh. Il problema, credo, e' che quels che ci rappresenta (politici ed affini)non e' altro che il riflesso di quel che siamo in generale. Siamo noi, quindi, a dover cambiare perche' la realta' esteriore cambi, non trova?
scritto da Ludovica 1/11/2008 8:24