sabato 10 gennaio 2009

Ripetiamo ciò che sappiamo

L'appello dei pediatri: "Un giorno senza tv"
La campagna di sensibilizzazione lanciata dalla Società Italiana di Pediatria. Raccontate la vostra esperienza sul nostro forum
Staccare la spina, in senso letterale. Riporre il telecomando almeno per un giornata. L'appello arriva dalla Società Italiana di Pediatria, che lancia in collaborazione con Repubblica.it la campagna "un giorno senza televisione". Per sensibilizzare le famiglie ai rischi nascosti legati a quello che troppo spesso appare come un innocuo passatempo per bambini e ragazzi. E per invitarle a impiegare almeno 24 ore in modo "rivoluzionario". Qualche idea? Parlare, giocare, leggere, fare una passeggiata con i propri figli, portarli al parco. Le alternative possono essere tante e vi invitiamo a raccontarcele sul nostro forum.
Un appello simbolico per un problema più che concreto. Passare pomeriggi e serate davanti alla televisione, troppo spesso usata come babysitter catodica, significa prima di tutto togliere tempo al gioco con i propri coetanei, al movimento fisico - fondamentale perché l'obesità infantile è crescita - allo scambio in famiglia, a stimoli culturali. Ma vuol dire anche un bombardamento eccessivo di pubblicità nella "fascia protetta" e un'esposizione a scene violente inadatte ai più piccoli e ai loro fratelli maggiori. Dagli ultimi rilevamenti della Sip relativi al secondo quadrimestre 2008, su Italia 1 - la rete più vista da bambini ed adolescenti - la media oraria di spot è risultata essere 47,6 ogni ora, con una percentuale di pubblicità pari al 26,29% del tempo totale di trasmissione. Non cambia granché neppure per Canale 5, altra rete molto seguita dai piccoli, con risultati sostanzialmente allineati.
L'overdose televisiva influisce in modo negativo non solo sui comportamenti alimentari - si mangia di più e meno bene accoccolati sul divano davanti a cartoni e telefilm - ma anche su quelli sociali per il tipo di messaggi e modelli proposti. Un'indagine sull'adolescenza condotta dalla Sip per il 2007 - i nuovi dati relativi al 2008 verranno presentati il 2 dicembre - indicano con chiarezza che chi guarda di più la tv (oltre 3 ore al giorno) è anche più influenzato dalla pubblicità (92,2% contro l'80,9% di chi la guarda per meno di un'ora al giorno); tende a mangiare più merendine (25,8% contro il 15,2%) e risulta maggiormente predisposto alla violenza (54,9% contro 37,6%).
Il presidente della Sip Pasquale Di Pietro non si fa illusioni: "Sappiamo bene che non è con un giorno di moratoria che si risolvono i problemi, ma il nostro obiettivo è iniziare a sensibilizzare sia i genitori che i ragazzi sul fatto la tv non deve rappresentare una assoluta necessità e che ogni tanto se ne può anche fare a meno. Se poi la giornata senza tv diventasse almeno una abitudine settimanale, tanto meglio”, dice.
Può bastare poco ad innescare un ciclo virtuoso. Almeno, ci si può provare.

Non solo fiori

I fiori sull'altare per dire: "guarda come sono ricco"
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 02.11.08
Se c’è stato un matrimonio o un funerale, lo capisci dai fiori: sulle balaustre, tra i candelabri dell’altare antico. Invadono persino la mensa di colore e di profumo. I fiori sono sempre belli. Talora però sono una forma di esibizionismo. Fiori esotici e composizioni strampalate più che dare lode a Dio dicono: «Guardate come sono ricchi i nostri committenti... considerate come è originale il nostro fiorista... se vi serve, c’è il suo indirizzo...». Se poi, il giorno dopo, il profumo intenso del giorno prima è diventato un tanfo insopportabile, ti viene da pensare che i fiori possono essere anche uno sperpero scandaloso. Perciò ho apprezzato la confidenza di un parroco: «Qui ai funerali i fiori sono pochissimi: la gente sa che abbiamo progetti di adozione a distanza e ogni occasione è buona per fare un’offerta. Anche i morti - credo - sono più contenti». La bellezza è però assicurata dai fiori della signora Elvira: sono i fiori semplici che lei coltiva apposta nel suo giardinetto. Li dispone in chiesa con devozione e buon gusto: «Signore, resterei ancora un po’ a pregare, ma devo andare. Lascio qui i miei fiori, sono come un canto, come un atto d’amore, sono la mia preghiera!».

venerdì 9 gennaio 2009

"Sudan: diritto al cuore", fotoracconto di Emergency


Prosegue il suo percorso la mostra fotografica itinerante di Emergency "Sudan. Diritto al cuore". Tocca a Milano che la ospita fino al 21 gennaio 2009 a Palazzo Giureconsulti in piazza Mercanti 2 nella sala delle Esposizioni. La mostra, che ha ricevuto il patrocinio del ministero degli Affari Esteri, si compone di cinquanta suggestive immagini a colori di Marcello Bonfanti, fotografo milanese che ha interpretato con occhio sensibile l'impegno umanitario di Emergency in Sudan, riuscendo a raccontarne con intensità le emozioni, i momenti, le persone, gli spazi creati. Gli scatti di Marcello Bonfanti accompagnano il visitatore in un lungo viaggio alla scoperta della vita quotidiana nel campo profughi di Mayo, nei sobborghi di Khartoum, dove circa 300 mila persone vivono in condizioni al limite dell'umano. Qui Emergency ha aperto un ambulatorio che offre assistenza pediatrica gratuita. Particolare attenzione è dedicata al Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum. Il Centro Salam offre assistenza sanitaria altamente specializzata e gratuita per bambini e adulti affetti da patologie cardiache e malformazioni congenite del Sudan e dei paesi confinanti.

il film-cartoon "Valzer con Bashir"

Da oggi nelle sale cinematografiche questo film-cartoon sulla strage nel campo profughi di Sabra e Shatila (Libano 1982).

giovedì 8 gennaio 2009

Le nostre lagne, il nostro cinismo

"Non si capisce proprio cosa abbiano da lamentarsi gli abitanti di Gaza, lì manco nevica".
Jena, su La Stampa

Finalmente chiarezza!

"Il vostro parlare sia Sì, sì; No, no".
Ed è Martino, non Martini!

Il presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace
Card. Martino: «Gaza assomiglia a un grande campo di concentramento»
«Se non si mettono d’accordo, qualcun altro deve sentire il dovere di farlo».
Israele: «Parla come Hamas»
«Gaza assomiglia sempre più a un grande campo di concentramento». Lo ha detto il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace, in un'intervista a Ilsussidiario.net. «L’alternativa al dialogo è solamente il ricorso alla forza e alla violenza. Ma la violenza non risolve i problemi e la storia è piena di conferme. L’ultimo esempio è quello della guerra in Iraq», ha dichiarato il cardinale accusando l'amministrazione americana di George W. Bush. «La diplomazia della Santa Sede sapeva bene Saddam era pronto ad accettare le richieste delle Nazioni Unite. Ma non si è voluto aspettare».
«PAGANO SEMPRE GLI INERMI» - «Nessuno vede l’interesse dell’altro, ma solamente il proprio. Le conseguenze dell’egoismo sono l’odio per l’altro, la povertà e l’ingiustizia», secondo Martino. «A pagare sono sempre le popolazioni inermi. Guardiamo le condizioni di Gaza: assomiglia sempre più a un grande campo di concentramento.
SOLUZIONE - «Israeliani e palestinesi sono figli della stessa terra e bisogna separarli, come si farebbe con due fratelli», spiega Martino. «Ma questa è una categoria che il “mondo”, purtroppo, non comprende. Se non riescono a mettersi d’accordo, allora qualcun altro deve sentire il dovere di farlo. Il mondo non può stare a guardare senza far nulla. Si mandano missioni di pace in tutto il mondo, si sono fatte tante proposte ma i veti hanno sempre prevalso. Ora anche Bush ha cominciato a pensare che forse una missione di pace sarebbe auspicabile».
ISRAELE: «IL CARDINALE PARLA COME HAMAS» - Israele ha denunciato le affermazioni del cardinal Renato Raffaele Martino accusandolo di utilizzare termini «della propaganda di Hamas». Lo ha detto il portavoce del ministero degli esteri israeliano, Igal Palmor.

mercoledì 7 gennaio 2009

Paolo Conte - Il maestro (Live a Cinecittà 1990)

"Il Maestro è nell'anima e dentro l'anima per sempre resterà". Una canzone di qualche tempo fa, che oggi mi è tornata nelle orecchie.

Blogosfera

L'altra faccia della blogosfera
Scritto da: Marco Pratellesi alle 17:25 del 23.09.08
Valentina Tubino ci racconta il mondo dei blog fotografato dal motore di ricerca Technorati. Non solo numeri, ma anche dati sulla composizione di genere, la provenienza, l'età, le motivazioni. Blogger sempre più maturi e mainstream.
(...) Anche quest'anno Technorati, celebre motore di ricerca specializzato proprio in questo campo, pubblica il suo tradizionale report offrendo una panoramica aggiornata sui blog nel mondo. L'identità della blogosfera è sempre meno definita ed è sempre più indistinguibile il legame tra siti tradizionali e blog, tra giornalismo e conversazione. Se i blog non sono più considerati fonti attendibili per le notizie, d'altro canto il 95% dei principali quotidiani online oggi hanno blogger-reporter propri.
Dal 2002 a oggi Technorati ha indicizzato più di 133 milioni di blog e ha calcolato una media di 900.000 post pubblicati al giorno. In diciassette mesi di ricerca, ha individuato 3,5 milioni di blog attivi (ovvero aggiornati almeno una volta al mese). Circa la metà di questi hanno un alto indice di autorevolezza (un riferimento creato da Technorati stesso per misurare con che intensità i blogger fanno riferimento gli uni agli altri). Il rapporto del 2008 approfondisce l'indagine senza limitarsi a semplici elenchi di numeri. Grazie a un sondaggio condotto su un campione casuale di utenti, sono emerse alcune interessanti sfaccettature. Innanzitutto si tratta di un fenomeno sempre più globale. Questa la suddivisione dei blogger nel mondo: 43% negli Usa, 27% in Europa, 14% in Asia, 7% in Sud America, 3% in Australia e 1% in Africa. Inoltre, secondo la ricerca condotta su 81 lingue e 66 paesi, il 72% dei post è in inglese. (...)
Il blogger tipico è maschio, tra i 18 e i 34 anni, con un reddito annuo di più di 75.000 dollari (51.000 euro). In media rimane attivo per tre anni e, in un caso su due, si trova al suo secondo blog. Il 69% del campione intervistato ritiene di trattare argomenti personali mentre il 65% si identifica come blogger professionale (chi periodicamente o occasionalmente pubblica commenti o informazioni non ufficiali relative a società, prodotti, ecc).
Il rendimento economico di un blog non è al primo posto nelle motivazioni che spingono gli utenti a creare ed aggiornare le proprie pagine online. Piuttosto lo sono la soddisfazione personale, la visibilità, un avanzamento di carriera, o l'opportunità di esprimere le proprie idee in pubblico. Attualmente solo il 28% dei blogger ricava profitto dalle inserzioni commerciali. Eppure i guadagni derivati dalla pubblicità online non sono da sottovalutare: in media 6.000 euro l'anno. (...)

martedì 6 gennaio 2009

Quattro stagioni

Bellissimo questo filmato: lo stesso panorama visto durante le quattro stagioni... in soli quaranta secondi!!


http://tv.repubblica.it/copertina/un-anno-in-quaranta-secondi/27848?video

Ricerca

La meta li accompagnava
In questa solennità della manifestazione del Signore, vorrei proporre un pensiero "laico", quello del filosofo tedesco Hans George Gadamer, il quale ha detto una cosa stupenda: «Un orizzonte è qualcosa verso cui viaggiamo, ma è anche qualcosa che viaggia insieme a noi».
I Magi, su sollecitazione di una stella, si sono messi in cammino verso un traguardo non ancora perfettamente precisato.
Eppure quel traguardo li accompagnava, era presente nel loro cuore, durante tutto il viaggio.
Si dice, con una certa superficialità, che i "cercatori" raggiungono la verità, ammesso la raggiungano, al termine di un tormentato itinerario. Non è proprio così. I veri, appassionati, ostinati e inappagati cercatori, la verità ce l'hanno già dentro, almeno a livello di desiderio, di stimolo.
La terra promessa non è qualcosa cui si perviene, felicemente, alla fine. La terra promessa occorre già averla nel cuore durante l'interminabile traversata del deserto.
Alessandro Pronzato, Ad ogni giorno il suo amore, 10-11

lunedì 5 gennaio 2009

Anniversario

Un anno fa iniziava la pubblicazione quotidiana di post sul nostro sito.



A proposito del conflitto israelo-palestinese

"Io lo dico e ne do testimonianza: il mio cuore è turbato, la mia coscienza è lacerata, i miei pensieri si smarriscono. Tutti noi, senza fare eccezione tra credenti e non credenti possiamo ripetere: i nostri cuori sono turbati, le nostre coscienze: sono lacerate, i nostri pensieri si smarriscono, le nostre opinioni tendono a dividersi.
Smarrimento e angoscia che non ci coinvolgono solo sul terreno del lutto per i morti, delle lacrime per tutti i feriti, del lamento doloroso per i profughi, per i senza tetto, per coloro che vivono nell’angoscia dei bombardamenti giorno e notte. Lo smarrimento e la divisione delle opinioni avvengono pure sul terreno delle riflessioni etico-politiche, che in questi giorni si succedono facendo balenare i più diversi giudizi.
Vorrei dire molto di più: lo smarrimento e l’angoscia toccano persino l’ambito della fede e della preghiera, che è quello che ci riunisce questa sera, perché siamo qui per vegliare, digiunare, intercedere, facendo nostre le intercessioni e le grida di tutti gli uomini e le donne, di tutti i bambini, di tutti i vecchi in qualche modo coinvolti nel conflitto del Golfo, di qualunque parte essi siano.
(...)
“Dona nobis pacem” significa anzitutto: Purifica, Signore, il mio cuore da ogni fremito di ostilità, di partigianeria, di partito preso, di connivenza; purificami da ogni antipatia, pregiudizio, egoismo di gruppo o di classe o di razza. Tutti questi sentimenti negativi sono incompatibili con la pace. Eppure emergono vistosamente proprio ai nostri giorni, stimolati dalle notizie, dalle immagini che vediamo, stimolati dalle vibrazioni delle voci dei bollettini di guerra, dalla curiosità stessa eccitata da un conflitto la cui tecnologia sfiora l’inverosimile.
Così, mentre preghiamo per la pace, nel fondo del nostro cuore finiamo per parteggiare, per giudicare, per auspicare l’uno o l’altro successo di guerra. L’istinto si scatena, la fantasia si sbizzarrisce, e la preghiera non tende verso quella purificazione del cuore, dei sensi, delle emozioni e dei pensieri che sola si addice agli operatori di pace secondo il Vangelo. È esigente essere operatori di pace secondo il Vangelo; è un dono che non si compra a poco prezzo, perché viene dallo Spirito e occorre accettare di pagarlo a caro prezzo.
(...)
Intercedere non vuol dire semplicemente “pregare per qualcuno”, come spesso pensiamo. Etimologicamente significa “fare un passo in mezzo”, fare un passo in modo da mettersi nel mezzo di una situazione. Intercessione vuol dire allora mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto.
Non si tratta quindi solo di articolare un bisogno davanti a Dio (Signore, dacci la pace!), stando al riparo. Si tratta di mettersi in mezzo.
Non è neppure semplicemente assumere la funzione di arbitro o di mediatore, cercando di convincere uno dei due che lui ha torto e che deve cedere, oppure invitando tutti e due a farsi qualche concessione reciproca, a giungere a un compromesso. Cosi facendo, saremmo ancora nel campo della politica e delle sue poche risorse. Chi si comporta in questo modo rimane estraneo al conflitto, se ne può andare in qualunque momento, magari lamentando di non essere stato ascoltato. Intercedere è un atteggiamento molto più serio, grave e coinvolgente, è qualcosa di molto più pericoloso. Intercedere è stare là, senza muoversi, senza scampo, cercando di mettere la mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio di questa posizione. (…)
Non dunque qualcuno da lontano, che esorta alla pace o a pregare genericamente per la pace, bensì qualcuno che si metta in mezzo, che entri nel cuore della situazione, che stenda le braccia a destra e a sinistra per unire e pacificare.
È il gesto di Gesù Cristo sulla croce, del Crocifisso che contempliamo questa sera al centro della nostra assemblea. Egli è colui che è venuto per porsi nel mezzo di una situazione insanabile, di una inimicizia ormai giunta a putrefazione, nel mezzo di un conflitto senza soluzione umana. Gesù ha potuto mettersi nel mezzo perché era solidale con le due parti in conflitto, anzi i due elementi in conflitto coincidevano in lui: l’uomo e Dio.
Ma la posizione di Gesù è quella di chi mette in conto anche la morte per questa duplice solidarietà; è quella di chi accetta la tristezza, l’insuccesso, la tortura, il supplizio, l’agonia e l’orrore della solitudine esistenziale fino a gridare: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46).
Questa è l’intercessione cristiana evangelica. Per essa è necessaria una duplice solidarietà. Tale solidarietà è un elemento indispensabile dell’atto di intercessione. Devo potere e volere abbracciare con amore e senza sottintesi tutte le parti in causa. Devo resistere in questa situazione anche se non capito o respinto dall’una o dall’altra, anche se pago di persona. Devo perseverare pure nella solitudine e nell’abbandono. Devo avere fiducia soltanto nella potenza di Dio, devo fare onore alla fede in Colui che risuscita i morti.
Tale fede è difficile, per questo l’intercessione vera è difficile. Ma se non vi tendiamo, la nostra preghiera sarà fatta con le labbra, non con la vita.
Naturalmente un simile atteggiamento non calpesta affatto le esigenze della giustizia. Non posso mai mettere sullo stesso piano assassini e vittime, trasgressori della legge e difensori della stessa. Però, quando guardo le persone, nessuna mi è indifferente, per nessuno provo odio o azzardo un giudizio interiore, e neppure scelgo di stare dalla parte di chi soffre per maledire chi fa soffrire. Gesù non maledice chi lo crocifigge, ma muore anche per lui dicendo: “Padre, non sanno quello che fanno, perdona loro” (Lc 23,34).
2. Se una preghiera non raggiunge questa duplice solidarietà, se intercede perché il Signore soccorra l’uno e abbatta l’altro, ignora ancora il bisogno di salvezza di chi è eventualmente nel torto, di chi ha scelto contro Dio e contro il fratello, lo abbandona, non gli mette la mano sulla spalla, e la sua non è una preghiera di intercessione. Nella misura dunque in cui facciamo delle scelte esclusive nel nostro cuore, e condanniamo e giudichiamo, non siamo più con Gesù Cristo, nella situazione che lui ha scelto, e dobbiamo dubitare della validità e della genuinità della nostra preghiera di intercessione.
3. Vorrei far notare che questo mettersi in mezzo non va concepito come un mezzo tattico, tanto per superare un’emergenza. È chiamato a diventare un modo di essere di chi vuole operare la pace, del cristiano che segue Gesù. Non abbiamo il diritto di restare in una situazione difficile solo fino a quando è sopportabile. Occorre volerci restare fino in fondo, a costo di morirci dentro. Solo così siamo seguaci di quel Gesù che non si è tirato indietro nell’orto degli ulivi.
4. Noi ci accorgiamo che una vera intercessione è difficile; può essere fatta solo nello Spirito Santo e non sarà necessariamente compresa da tutti. Ma se un desiderio essa suscita è questo: di essere in questo momento nei luoghi del conflitto, nelle strade di Bagdad o di Riad o di Bassora, nelle strade di Tel Aviv, dove cittadini inermi sono minacciati e uccisi. Stare là in pura passività, senza alcuna azione politica o alcun clamore, fidando solo nella forza della intercessione. Stare là, come Maria ai piedi della croce, senza maledire nessuno e senza giudicare nessuno, senza gridare alla ingiustizia o inveire contro qualcuno.
Se la guerra sarà abbreviata, e noi lo chiediamo con tutto il cuore, uniti insieme con il Papa, se la forza dei negoziati soverchierà di nuovo - lo speriamo presto - la forza maligna degli strumenti di morte, ciò sarà certamente anche perché nei vicoli delle città dell’Oriente, nei meandri attorno alle moschee o sulla spianata del muro occidentale di Gerusalemme ci sono piccoli uomini e piccole donne, di nessuna importanza, che stanno là, così, in preghiera, senza temere altro che il giudizio di Dio; prostrati, come dice Neemia, davanti al Signore loro Dio, confessando i loro peccati e quelli di tutti i loro amici e nemici" (...).

C. M. Martini, Un grido di intercessione, omelia del 29.01.1991

trovi qui il testo completo

domenica 4 gennaio 2009

Inizio anno ai Pian dei Resinelli




Buona ripresa dei post

A causa di un inconveniente nella connessione,
dal primo al tre gennaio non sono riuscito a postare nulla.
Tra le tante cose che avrei voluto scrivere,
avrei voluto regalare questo video
a chi si fosse perso Marco Paolini su La7 la sera di Capodanno: