venerdì 15 maggio 2009

Per continuare ad ascoltare

Non conosco gli estensori di questo appello,
né conosco tutte le sfumature che possono essere lette dietro le loro espressioni.
Posso però stare ad ascoltare che esiste anche questo
e posso confermare che questo sentore l'ho sentito anche in me e attorno a me.
don Chisciotte

Promotori dell'appello sono alcuni sacerdoti e laici, non solo palermitani
Chiesa anti-mafia. L'appello
Da tempo, a Palermo, un gruppo di laici e preti si incontrano per discutere dei problemi della chiesa e della città nel solco dell'esperienza compiuta negli anni ottanta e novanta in Sicilia sul problema mafioso. Oggi avvertono un nuovo disagio e preoccupazione per le posizioni che vengono assunte da una parte della gerarchia ecclesiastica. Esprimono amarezza per il rigorismo etico che devasta la speranza umana. Si sentono non solo estranei a questo spirito chiuso e settario che si intromette nelle cose del mondo e della politica, ma ne prendono anche le distanze. Pregano Dio che si riesca a voltare pagina nella chiesa italiana e si torni allo spirito evangelico e del concilio e alla povertà. E auspicano che il rigore etico venga mostrato apertamente e senza peli sulla lingua contro i potenti e i profittatori del nome cristiano.
Promotori dell'appello sono alcuni sacerdoti e laici, non solo palermitani. In ordine alfabetico sono: Giuseppe Barbera (laico), Nino Fasullo (prete), Rosellina Garbo (laica), Rosario Giuè (prete), Tommaso Impellitteri (laico), Teresa Passatello (laica), Teresa Restivo (laica), Franco Romano (prete), Zina Romeo (laica), Rosanna Rumore (laica), Cosimo Scordato (prete), Francesco Michele Stabile (prete). L'appello finora ha raccolto più di 300 adesioni. Tra cui i seguenti preti: Aurelio Antista (prete), Gregorio Battaglia (prete), Alberto Neglia (prete), Egidio Palombo (prete); Giovanni Calcara (frate), Gianni Novelli (prete). (...)
TESTO DELL'APPELLO
Appello per una chiesa più solidale e compassionevole
Molti fatti con i quali veniamo a contatto ci dicono che oggi la Chiesa tende progressivamente a isolarsi dal mondo contemporaneo. Molti uomini e donne, specie giovani, avvertono, da parte loro, una radicale estraneità dalla Chiesa. Tra Chiesa e società sembra essersi determinata una drammatica frattura su questioni importanti come la libertà di coscienza, i diritti umani (fuori e dentro la Chiesa), il pluralismo religioso, la laicità della politica e dello Stato. La Chiesa appare ripiegata su se stessa, chiusa e incapace di dialogare con gli uomini e le donne del nostro tempo.
Siamo molto preoccupati per le conseguenze negative che tale perdurante situazione produce per l'annuncio del Vangelo. Per questo, ci sembra saggio riprendere e rilanciare la feconda intuizione di Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II: quella di "un balzo in avanti" della chiesa per una testimonianza in grado di rispondere "alle esigenze del nostro tempo".
Il tentativo in atto di contenere lo Spirito del Concilio è, a nostro avviso, un grave errore che, se perseguito fino in fondo, non può che aumentare in modo irreparabile lo steccato tra Chiesa e società, Vangelo e vita, annuncio e testimonianza.
A noi sembra che l'insistere su visioni e norme anti-storiche o non biblicamente fondate o, talvolta, anti-cristiane, non aiuti la credibilità ecclesiale nell'annuncio del regno di Dio.
Vanno ripensati, ad esempio, le questioni riguardanti l'esercizio della collegialità episcopale e del primato papale, i criteri nella nomina dei vescovi che salvaguardino il pluralismo, la condizione dei divorziati, dei separati e delle persone omosessuali, l'accesso delle donne ai ministeri ecclesiali, la dignità del morire non terrorizzati. Vogliamo una Chiesa che non imponga mai a nessuno le proprie convinzioni sui problemi dell'etica e della politica e si fidi solo della forza libera e mite della fede e della grazia di Dio. Vogliamo una Chiesa che pratichi la compassione e trovi nella pietà la sua gloria. E faccia sue le parole che il santo padre Giovanni XXIII incise sul frontone del Concilio: "Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi non rinnovando condanne ma mostrando la validità della sua dottrina... La Chiesa vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati".
Vogliamo una Chiesa che sappia dialogare con gli uomini e le donne e le loro culture, senza chiusure e condizionamenti ideologici, e impari ad ascoltare e a ricevere con gioia le cose vere e buone di cui gli interlocutori sono portatori. La verità e la bontà sono di Dio, il quale le dà a tutti gli uomini e non solo ai cristiani.
Vogliamo che al centro della Chiesa venga messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come "esperta in umanità".
È tempo che, senza paura, nella Chiesa e nella città prendiamo la parola da cristiani adulti e responsabili, pronti a rendere conto della speranza cristiana.
Palermo 25 febbraio 2009

giovedì 14 maggio 2009

Buona notizia

di Massimo Gramellini
Chiedo scusa, ma avrei una buona notizia. Santiago Gori, residente a La Plata (Argentina) ha trovato sul sedile posteriore del suo taxi una valigia che conteneva l'equivalente di 15 mila euro. Veramente la buona notizia non è questa. Per quanto 15 mila euro, di questi tempi. Santiago ha rintracciato chi aveva perso la valigia e l'ha restituita, piena. Ma la buona notizia non è ancora questa. Per quanto una persona che obbedisce alla sua coscienza senza esserne costretta sia più rara di un panda che balla il rock'n'roll su un tapis roulant. Due pubblicitari hanno aperto un sito in onore del tassista, invitando i lettori a ricompensarlo. Ma la buona notizia non è neppure questa. Per quanto possa apparire straordinario, ai confini del paranormale, che ad avere l'idea siano stati dei pubblicitari, cioè la categoria di comunicatori che contende ai giornalisti l’oscar del cinismo. Da tutto il Sud America hanno risposto all'appello. Ciascuno sta donando a Santiago quel che ha: soldi, pizze, navigatori satellitari, biglietti per il teatro, persino un servizio completo di depilazione. Chi non ha nulla, spedisce abbracci, baci, benedizioni. E tutti hanno scritto: grazie per averci spiegato cos’è l’onestà. Le persone hanno fame di gesti più che di parole. Diffidano dei discorsi e si lasciano sedurre dagli esempi. Finora la regola funzionava solo con quelli cattivi. Ora incomincia ad allargarsi all'altro reparto. La buona notizia è questa. Per quanto ancora così rara. Ma d'altronde, se non fosse rara, non sarebbe una notizia.

mercoledì 13 maggio 2009

Diritto alla vita: non negoziabile

Il mondo cattolico: interculturalità per creare integrazione
Miano (Ac): «La sfida è garantire sicurezza e rispetto» Olivero (Acli): «Siamo già multietnici». Crimi (Comboniani): «Non ci si chiede perché tanti profughi?»di Paolo Lambruschi
Per costruire una società interculturale nel nostro Paese serve «rigoroso rispetto della legalità». Lo ha detto domenica il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Mariano Crociata, il quale ha ribadito i pilastri – rispetto della legge e dialogo tra culture diverse – sui quali secondo la Cei deve fondarsi l’integrazione degli immigrati. Dopo aver rilevato che l’Italia «vive già e non da oggi una realtà di intercultura», Crociata ha precisato che «corollario di questa convinzione è che tutto deve essere inserito in un rigoroso rispetto della legalità, necessaria garanzia per l’integrazione». Anche ieri numerose associazioni e congregazioni religiose cattoliche sono intervenute sulla vicenda del respingimento in Libia dei barconi di migranti e sulle polemiche riguardo alla società multietnica nate da una frase del premier Berlusconi. Il presidente di Azione Cattolica Franco Miano ha espresso disappunto per la strumentalizzazione politica dell’immigrazione. Per il presidente nazionale di Ac, «il nostro impegno è costruire una cultura dell’accoglienza, che è un valore cristiano e dunque né di destra, né di sinistra, e la società multietnica che alcuni rifiutano è già un dato di fatto per il nostro Paese». In definitiva, «la sfida per la politica è come far crescere legalità e sicurezza senza intaccare il rispetto della persona migrante e senza chiudere pregiudizialmente la porta». Anche Andrea Olivero, presidente delle Acli, ha osservato che l’Italia «è già multietnica. Mettersi contro questa realtà significa che ci stiamo arroccando e chiudendo al nostro stesso sviluppo». Olivero ha chiesto poi di fermare i respingimenti. «L’idea che si possa respingere un barcone in mare senza dare garanzie rispetto alla vita delle persone coinvolte, ci allarma come cittadini e come cristiani. Una persona è tale a prescindere dai documenti che ha o no in tasca. Il suo diritto alla vita è un valore non negoziabile». L’agenzia per la cooperazione allo sviluppo dei missionari scalabriniani, attraverso il presidente, padre Beniamino Rossi, ha chiesto una «verifica politica sugli aiuti e la collaborazione dell’Italia e dell’Europa con il governo di Tripoli» nel contrasto all’immigrazione irregolare, poiché «di fatto l’Italia finanzia campi di detenzione e sostiene la prassi discriminatoria e vessatoria delle forze dell’ordine libiche». Il sacerdote ha invitato, tra l’altro, a «non confondere il fenomeno vasto e complesso dell’emigrazione clandestina» con i richiedenti asilo, «veri e propri casi umanitari». Dura anche la presa di posizione della Tavola della pace, riunita ad Assisi. «La decisione del governo italiano di respingere i disperati che fuggono dalla guerra, dalle torture, dalla fame e dalla miseria ci fa male, ci offende e ci ferisce. Non parliamo di immigrati ma di persone, donne, uomini e bambini. Hanno paura, freddo e fame. Ci chiedono asilo e protezione, li respingiamo senza pietà». Per i Comboniani si è espresso padre Claudio Crimi sul sito della rivista della congregazione «Nigrizia ». «Ma i politici si sono mai chiesti perché ci sono tanti profughi e rifugiati? Si sono mai chiesti da dove vengono e perché? Possibile che siamo così ciechi che, invece di andare alla radice del problema, pensiamo di affrontarlo chiudendo i portoni di casa?» «Solo la vera ricerca di giustizia ed equità – conclude il missionario – e un lavoro di coordinazione con i paesi poveri, un lavoro di formazione di classi dirigenti oneste in Africa e nel mondo potrà dare a lungo termine una soluzione po­sitiva ». Infine, la federazione delle chiese evangeliche ha espresso «profonda indignazione e dolore per le ultime scelte del Governo di respingere in Libia uomini, donne e bambini in fuga da povertà, guerre e persecuzioni, senza che sia data la pos­sibilità di chiedere asilo come previsto dalla Costituzione, dalle convenzioni europee e internazionali ».
Avvenire, 12 maggio 2009, p. 8

Festa della Madonna dei fiori

martedì 12 maggio 2009

Anniversario

Un anno fa, l'11 maggio 2008,
la Graduation di Stefania alla
Kelly Business School di Indianapolis!
COMPLIMENTI!


Cristiani??

«Anche nella Chiesa paure e chiusura agli stranieri»
L’amara riflessione di don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale diocesana dei migranti, sul vento gelido che colpisce spesso le comunità cristiane.
di Pino Nardi
«Sono molto preoccupato da questo clima anche nella Chiesa. Quando vedono sul cartello che parlerò io, vengono solo quei pochi che sono d’accordo con la tesi dell’accoglienza. Non c’è più il coraggio del confronto serio e profondo, magari anche un po’ forte, però costruttivo. Questa la chiamo emergenza culturale». Don Giancarlo Quadri, responsabile dell’Ufficio per la pastorale dei migranti, lancia l’allarme: il gelo della paura e della chiusura soffia anche nella Chiesa ambrosiana, perdendo così per strada i valori evangelici.
Il cardinale Tettamanzi a Pasqua ha chiesto alle comunità cristiane di essere esemplari nell’accoglienza, nello sguardo libero dai pregiudizi. È solo un auspicio?
Senz’altro non è solo un auspicio. Credo sia una presa di coscienza anche da parte dell’Arcivescovo che purtroppo anche nelle nostre parrocchie si incontrano ormai sempre più profonde divisioni, discrepanze, ostacoli, esitazioni, per non dire anche contrarietà abbastanza diffuse per quanto riguarda il tema della migrazione.
Anche se non manca un impegno grande verso i bisogni degli immigrati...
Certo, sottolineiamo prima di tutto le cose bellissime fatte in questi 30 anni di immigrazione. Non bisogna mai dimenticarle. Come l’organizzazione della Caritas, i centri di ascolto, le case di accoglienza. Insomma, un panorama di attività, di intraprendenze, di originalità che davvero meraviglia. Però cerchiamo di rilevare anche quali sono le stanchezze, in modo da risolverle.
E quali sono queste stanchezze?
Sono di immediata evidenza. Quando vado in giro per le parrocchie, come mi capita ogni sera, vedo sempre più il primo grande ostacolo nel non saper distinguere un’accoglienza fatta di emergenze e del sovvenire a cose materiali, dal senso vero e profondo dell’accoglienza. Cioè un’apertura d’animo che dica che sono persone, prima di tutto miei fratelli, che arrivano per un piano preciso di Dio, della sua Provvidenza. Il primo passo è porsi davanti alla Parola, prima che all’analisi sociologica e chiederci il perché di questa migrazione. Credo che la comunità cristiana si dovrebbe distinguere per questo. E servirebbe anche a creare nella società, che purtroppo non è più permeata da valori cristiani, un nuovo clima culturale, un modo di vita di relazioni tra persone e gruppi sociali diverse da quelle improntate al guadagno, allo sfruttamento, alla non comunicazione. Viviamo in un’autentica emergenza culturale in cui il diverso, lo straniero, non ha più cittadinanza.
La mentalità corrente di paure, chiusure ed egoismi è penetrata anche tra i cristiani?
Sì. Le faccio un esempio: una serata in un decanato, davanti a un gruppo di persone. Parli, dici queste belle cose e vedi che la gente ti approva. Al termine del dibattito, fuori dal canale ufficiale, magari ti viene la donna di 50 anni, che ha responsabilità in parrocchia, e ti dice: “Ha parlato molto bene, don Giancarlo. Però mandem a ca’ sua, dopo stiamo meglio”. Ecco, contro ogni logica, ogni dimostrazione data prima, la conclusione è mandiamoli a casa loro. Ma non è possibile una cosa del genere! Certo, il clima socio-politico è molto critico. Ma qui non mi sto riferendo a quello, piuttosto alle relazioni normali tra le persone.
Incide sulla qualità del cristianesimo...
Direi di sì. Il titolo della Festa delle genti al Sacro Monte di Varese il 31 maggio è proprio “Quale Chiesa vogliamo essere?”. Di fronte a questo panorama svegliamo la nostra coscienza, un clima così interpella prima di tutto un’identità di Chiesa e abbiamo dato anche la risposta: vogliamo essere una Chiesa che è una famiglia di famiglie. Per questo l’obiettivo è lavorare per individuare metodologie, ambiti, persone giuste. Sarà difficile, ma noi camminiamo.
Anche dalla parte degli stranieri c’è una chiusura nelle loro comunità etniche. Non è in qualche modo speculare?
Infatti, non sono molto dolce neppure con loro. Tanto è vero che tutte le volte che parlo con i miei fedeli immigrati alla fine mi dicono: parli bene tu padrecito, però rimproveri sempre noi. Tu rimprovera anche un po’ gli italiani... Non è che sto rimproverando, purtroppo anche in loro si rileva questa tendenza a rinchiudersi. Ormai le comunità hanno raggiunto un bel livello di celebrazione, di formazione, di relazioni interne e forse c’è il pericolo che dimentichino l’obiettivo di tutto questo che è l’inserimento nella comunità cristiana locale. Noi dobbiamo essere Chiesa cattolica, non creare ghetti, dobbiamo dimostrare che nella Chiesa di Dio e di Gesù Cristo che sta in Italia e nella diocesi ambrosiana si crea veramente un clima di famiglia, in cui anche la persona diversa è bene accettata per quello che è, anzi è una ricchezza.
Quali strade per superare questi problemi?
Non stanchiamoci nelle parrocchie e nei consigli pastorali di lanciare iniziative che coinvolgano gli immigrati lì residenti. Partendo dalla famiglia: le Commissioni familiari parrocchiali o decanali invitino i nuclei stranieri. Avranno belle sorprese: ci sono animatori fantastici, soprattutto sudamericani e filippini, persone ben formate e dedite a questo lavoro. Sul piano giovanile dobbiamo lavorare di più. Stiamo interagendo con Fom e Pastorale giovanile per inserire negli oratori operatori stranieri del tempo libero e dello sport, ma anche valorizzando catechisti e liturgisti. Un terza iniziativa è organizzare incontri di conoscenza delle diverse religioni. Non c’è solo l’islam, ormai si fanno strada le religioni orientali. Non dimentichiamo di rimettere a lucido i documenti conciliari che ci parlano di scintille di verità in tutte le religioni. Nei percorsi di catechesi utilizzare proposte per diversificare l’insegnamento negli oratori, mettendo in luce come il messaggio cristiano sia universale.

Multietnicità

Anche guardando solo IBS, oggi sono in vendita 89 libri in italiano sul tema dell'attuale multietnicità.
Non è difficile, nemmeno per gli ignoranti, trovarli e leggerli.
don Chisciotte







lunedì 11 maggio 2009

Diamoci una mano... e più di una!

Problemi di connessione

Ci scusiamo con i nostri assidui lettori, ma a partire da oggi sono previsti dei problemi di connessione e non siamo in grado di garantire il normale ritmo di pubblicazione dei post.

domenica 10 maggio 2009

Difendono i valori della nostra civiltà?!

Migranti: rispetto e dignità
L’affollarsi in poche ore di provvedimenti legislativi, azioni esecutive e improvvide parole in libertà in materia di immigrazione rischia di confondere i cittadini e di creare un clima d’intolleranza che non corrisponde al profondo sentire della maggioranza degli italiani. Le numerose prese di posizioni del mondo cattolico – e di altri gruppi di ispirazione laica – segnalano che, nella pur condivisibile opera di limitazione degli arrivi irregolari, non si può mai abdicare al rispetto delle persone e alla loro dignità, che con sé porta diritti inalienabili. Negare la possibilità d’asilo a chi è respinto in mare resta un punto che merita sicuramente riconsiderazione, sebbene la soluzione non sia semplice. Sembra imporsi anche un monitoraggio del trattamento riservato ai migranti dalla Libia, mentre un miglioramento del «decreto sicurezza» risulta ancora praticabile. Ciò che va infine del tutto evitato sono le 'provocazioni' – mezzi pubblici separati per italiani e stranieri – che hanno il chiaro sapore del razzismo. Avvenire

Orrori storici

Un percorso nel museo storico dell'ospedale giudiziario di Aversa. Fondato nel '92, è il primo del suo genere in Italia. Dentro c'è un secolo di storia della psichiatria, della follia e dei metodi, spesso barbari, usati per curare il disagio psichico. Leggi l'articolo