sabato 25 ottobre 2008

Le autorità devono dare l'esempio

"Il Signore dice: Chi di voi vuole essere il primo e il più grande, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti (cfr Mc 9,35). Chi accetta questo criterio deve servire gratuitamente, sottomettersi a tutti e dare le sue prestazioni come il debitore che restituisce un prestito ad alto tasso. Coloro poi che esercitano una autorità hanno un onere ancor maggiore degli altri. Il loro servizio è più impegnativo di quello dei sudditi. Devono dare l'esempio di saper servire umilmente gli altri, considerando i fratelli come un deposito loro affidato da Dio.
san Gregorio di Nissa, La vita cristiana, PG 46,295ss
postato il 22 ottobre 2007

Dormi di notte per non dormire di giorno!

La luce degli schermi blocca la sintesi di melatonina: il 45 per cento dei teen dorme male
Ci sono anche i casi di privazione volontaria del sonno. Gli esperti: seguire il proprio ritmo
Aumenta l'insonnia tra i ragazzi: colpa di computer, cellulari e tv
Il rapporto tra giovani e tecnologia è forse il più più interessante fenomeno sociologico del nuovo millennio, meltin' pot tra i misteri dell'adolescenza e le infinite possibilità del web. Ma anche i rapporti più oliati nascondono insidie, e in questo caso la spina nel fianco si chiama insonnia. Secondo studi recenti a decurtare le sette ore di sonno consigliate da ogni medico sono pc, tv, telefonini e play station, che interferiscono con la secrezione endogena di melatonina, l'ormone che regolarizza il sonno. "In Italia circa il 45% dei ragazzi al di sotto dei 20 anni dorme in media 4 o 5 ore a notte, il 25% ne dorme appena 6 e solo il 10% riposa abbastanza e con regolarità", spiega il neurologo Luigi Ferini Strambi, docente psicologia generale presso l'università "Vita e salute" del San Raffaele di Milano.
Queste percentuali sono lo specchio di una situazione diffusa in tutto il mondo. Paesi come la Francia stanno già affrontando il problema: l'Unione nazionale delle associazioni familiari e l'Accademia di Parigi hanno diffuso gratuitamente a famiglie, insegnanti e personale della sanità un dvd interattivo che mostra come la luce dello schermo blocchi la secrezione di malatonina. Circa il 14% degli adolescenti francesi ha difficoltà ad addormentarsi oppure si sveglia in piena notte, mentre negli Usa la percentuale sale al 25%. Un dato da mettere in relazione con la capacità di apprendimento: proprio qualche mese fa la National sleep foundation americana ha diffuso una ricerca che dimostra come il rendimento scolastico dei ragazzi che dormono almeno 7 ore a notte sia di gran lunga superiore a quello di coloro che ne dormono 5.
"Spesso i ragazzi mi chiedono farmaci per stare svegli più a lungo di notte e studiare - continua Ferini Strambi - ma il sonno consolida la memoria e consente di trattenere le informazioni, quindi il modo migliore per affrontare un'interrogazione è fare una bella dormita".
Altro grosso problema, sottolinea il neurologo, è la privazione del sonno volontaria. Stare svegli fino alle due di notte a caccia di curiosità su internet o in chat è un tentazione che fa scorrere le ore davanti al pc a velocità sorprendente. "In quel 45% dobbiamo considerare anche quei ragazzi che, al di là degli stravolgimenti biologici interni, non dormono perché non ce la fanno a staccarsi dal computer prima che sia notte fonda", conclude l'esperto.
L'albero della new technology nel giro di pochi anni ha prodotto frutti straordinari ma anche tossici. Malattie come la Iad (Internet addiction disorder) o "l'insonnia da pc" fanno ormai parte della letteratura psichiatrica e colpiscono fin dalla tenera età. "Se si includono anche i problemi transitori - spiega il neurologo Raffaele Manni, responsabile dell'unità di medicina del sonno dell'IRCCS "Fondazione C. Mondino" di Pavia - si calcola che ormai circa il 30% della popolazione italiana non riesca a dormire bene. Tra gli adulti la percentuale di insonnia persistente si aggira intorno al 10-13%".
Esistono comunque vai tipi di disturbi, dalla narcolessia (consiste in un eccesso di sonno) alla sleep apnea ostruttiva, della quale soffrono circa il 5% degli uomini e il 2% delle donne. Si tratta di una patologia della mezza età che spesso colpisce anche gli adolescenti, specie se in sovrappeso e con ipertrofia adeno-tonsillare. "Spesso i ragazzi soffrono di sonnambulismo - continua Manni - che si manifesta nella prima infanzia e poi passa con la crescita. Tutti questi problemi comunque regrediscono tornando a uno stile di vita più regolare, senza bisogno di farmaci".
Ottima cosa sarebbe dunque spegnere il pc alle 23 e non lasciare acceso il telefonino di notte, rientrare a casa prima e ridurre il consumo di alcol e fumo. Insomma evitare di sballare completamente il famoso "gene clock", ovvero l'orologio biologico (sfasatura che porta alla cosiddetta "sindrome della posticipazione di fase"). Vero è, come ogni medico riconosce, che tutti abbiamo un "cronotipo", vale a dire un rapporto col sonno basato sulle nostre personali attitudini, che ci distingue universalmente tra "gufi" e "allodole". (...)

venerdì 24 ottobre 2008

Cose da cani




E' tutto vero...
ma - per decenza - non cito il sito.

La scelta delle referenze da inserire nella proposta XXX risponde a rigorosi parametri, quali la provenienza, la certificazione, la naturalità, il controllo degli ingredienti e delle lavorazioni, al fine di garantire alla propria Clientela, prodotti di assoluta affidabilità e qualità.
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Nelle pagine del sito sono riportate le informazioni utili per una corretta scelta dei prodotti e degli alimenti più indicati per il Vostro piccolo, grande amico.

Money, money, money!


Se anch'io avessi fatto 6
di Massimo Gramellini
Se vincessi cento milioni di euro al Superenalotto come quel fortunello di Catania, giuro che non saprei cosa farne. Ho desideri che costano meno. Così mi sono rivolto a un amico per chiedere consigli, nell’eventualità. Lui mi ha risposto quanto segue: «Cinquanta milioni li dai subito in beneficenza: una catena di ospedali in Kenya a tuo nome e ti sei ripulito la coscienza per l’eternità. Te ne restano comunque altri cinquanta per sporcartela con vizi e stravizi. Siamo un Paese cattolico, no? Sempre in bilico fra senso di colpa e voglia di peccare. Nei sondaggi della coscienza facciamo i veltroniani, ansiosi di cultura e valori immateriali, ma nella realtà della pratica c’è un piccolo premier ingordo in ciascuno di noi. Villoni, macchinoni, donnoni. E non pensare di nascondere la tua ricchezza: impazziresti. Perché in Italia non conta avere, ma far sapere agli altri di avere. Non sentirti orribile, se li vincesse un altro farebbe di peggio. Chi sputerebbe sul tavolo del capufficio un attimo prima di licenziarsi. Chi si comprerebbe l’azienda per il solo gusto di licenziare il capufficio. E chi guarderebbe negli occhi il coniuge sopportato da secoli per mancanza di vie d’uscita: "Sai che c’è, cocco (cocca)? È fi-ni-ta". Il denaro è un moltiplicatore del tuo ego. Ne esalta pregi e difetti. E poiché i difetti sono sempre più numerosi, con cento milioni di euro diventeresti quasi sicuramente un tizio arrogante e insopportabile. La libertà dal bisogno si tradurrebbe soprattutto nella libertà dal bisogno di piacere agli altri, che ti ha indotto fin qui a frenare gli istinti peggiori».
«Insomma», ha concluso il mio amico, «vincere cento milioni di euro è abbastanza una meraviglia, cioè uno schifo. Fortuna che non li hai vinti tu e che in ogni caso ci sono poi le banche a mostrarti il modo migliore per perderli tutti, il più in fretta possibile».

giovedì 23 ottobre 2008

Martini... sine glossa


L' idea di una Chiesa aperta che non si imponga dall' alto Quei dialoghi notturni in attesa dell' alba
«La parte più importante sono le domande dei ragazzi. Sono ancora interessati, oggi, a criticare la Chiesa, noi, chi governa, l' establishment? Oppure si allontanano in silenzio? Io sono convinto che là dove esistono conflitti arde la fiamma, lo Spirito Santo è all' opera...». Da un po' di tempo il cardinale Carlo Maria Martini si sofferma con urgenza crescente sul tema della morte, «pregherei Gesù di inviarmi angeli, santi o amici che mi tengano la mano e mi aiutino a superare la mia paura», ma le "Conversazioni notturne a Gerusalemme" (in uscita il 28 da Mondadori) non hanno nulla di crepuscolare e rappresentano piuttosto le considerazioni inattuali del grande biblista, un dialogo con i giovani che tende all' alba, al futuro, «ci siamo avvicinati ai sogni». Essenziale è il contesto. Figurarsi il cardinale conversare notte dopo notte con Padre Georg Sporschill, amico e confratello gesuita che aiuta i bimbi di strada in Romania e in Moldavia. Gesù e la «radicalità» del Vangelo, la giustizia «attributo fondamentale di Dio» e l' «inferno sulla terra», l' «opzione a favore dei poveri» e la speranza di «un nuovo rinnovamento della Chiesa». Al centro, i ragazzi. Il libro è scandito dalle domande che i giovani volontari impegnati con padre Georg gli hanno affidato. Così Martini li ascolta: la Chiesa «ha bisogno dei giovani» perché «ha sempre bisogno di riforme», e specie «nella vecchia Europa» è necessaria «una ventata d' aria fresca». In questo senso il cardinale nota preoccupato «l' indubbia tendenza a prendere le distanze dal Concilio» e dice che Lutero «fu un grande riformatore», salvo aggiungere: «Trovo problematico il punto in cui, da riforme necessarie e ideali, crea un sistema a sé». La «forza riformatrice» della Chiesa «deve venire dal suo interno», Martini invoca una Chiesa «capace di ammettere i propri errori» come «dopo l' ingiusta condanna di Galilei o Darwin» («per i temi che riguardano la vita e l' amore non possiamo attendere tanto»), soprattutto «una Chiesa aperta». Attenzione, però: non intende una Chiesa che s' affanni a inseguire la modernità, disposta a concessioni per recuperare un po' di consenso. L' apertura è alle domande di chi vive nella modernità: è restare accanto alle persone, prendere sul serio i loro dubbi, aiutarle a crescere e diventare «collaboratori di Dio». Questione di metodo, «i percorsi non possono essere imposti dall' alto, dalle scrivanie o dalle cattedre». Agitare il ditino alzato non serve. Serve aprirsi alle persone concrete, «rendere testimonianza come Gesù» perché il Vangelo è aperto a tutti, «il samaritano vede il prossimo che il sacerdote non ha visto». Per dire: il sesso prima del matrimonio è un dato di fatto, «illusioni e divieti non portano a nulla». Non significa che il cardinale approvi. Però «nella Chiesa nessuno è nostro oggetto, un caso o un paziente da curare». Con sant' Agostino dice: «Ai giovani non possiamo insegnare nulla, possiamo solo aiutarli a trovare il loro maestro interiore». Si tratta di dare fiducia, «renderli indipendenti» («anche i vescovi hanno bisogno di un interlocutore forte e consapevole») e accompagnarli nel loro sviluppo spirituale. Un bellissimo capitolo è dedicato agli esercizi spirituali di Sant' Ignazio di Loyola, «le guide sono amici nel senso evangelico: accompagnano, fanno domande, sostengono, ma non si mettono mai tra il singolo e Gesù, anzi promuovono questo dialogo». Martini offre risposte aperte e mette in gioco se stesso. Perché c'è il dolore? «Se osservo il male del mondo, esso mi toglie il respiro. Capisco chi ne deduce che non esista alcun Dio». Non ci sono risposte facili, bisogna mettersi in cammino: «Qual è la mia parte, e come posso io cambiare la situazione?». Il rischio è l'indifferenza. «Mi angustiano le persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. Vorrei individui pensanti. Solo allora si porrà la questione se siano credenti o non credenti». Per questo il fondamento dell'educazione cristiana è la Bibbia: «Non pensare in modo biblico ci rende limitati, ci impone dei paraocchi». Non si coglie «l' ampiezza della visione di Dio». Perché «l'uomo, e anche la Chiesa, corre sempre il rischio di porsi come un assoluto. Dobbiamo imparare a vivere la vastità dell' "essere cattolico"». Sapendo che «non puoi rendere Dio cattolico». Gesù tratterebbe la Chiesa attuale come i farisei? «Sì», risponde il cardinale: erano i suoi «amici» e Gesù «li amava». C' è chi nasce postumo, diceva Nietzsche. Di quello che Martini definisce «un piccolo libro» si parlerà per anni. L' importante è capire come la parola «critica», qui, non abbia un senso «politico», negativo: ha il valore essenziale che le può attribuire uno studioso di «critica» testuale delle Scritture. Quando padre Sporschill gli ricorda la storiella ricorrente del Martini «antipapa», lui sorride: «Sono, semmai, un ante-papa, un precursore e preparatore per il Santo Padre».
Vecchi Gian Guido

Anticipiamo un brano delle riflessioni di Carlo Maria Martini
in libreria il 28 ottobre
I ragazzi sono i nostri profeti La vita, la fede, la morte: escono le «Conversazioni» del cardinale
Possiamo aprirci ai giovani solo prendendo spunto proprio da loro. Di cosa si interessano? Dove vivono? Come vivono le loro relazioni? Cosa criticano e quale impegno pretendono da noi? (...) Certamente il metodo giusto non è predicare alla gioventù come deve vivere per poi giudicarla con l' intenzione di cercare di conquistare coloro che rispettano le nostre regole e le nostre idee. La comunicazione deve cominciare in assoluta libertà, in caso contrario non è comunicazione. E, soprattutto, in questo modo non si conquista nessuno, caso mai lo si opprime. L' essere umano che incontro è fin dal principio un collaboratore e un soggetto. Dialogando insieme giungiamo a nuove idee e a nuovi passi condivisi. La questione che più tocca la sensibilità dei giovani è se li prendiamo sul serio come collaboratori a pieno titolo o se vogliamo farli ravvedere come se fossero stupidi o in errore. Crediamo che tutti gli esseri umani siano creature di Dio e abbiano uguale dignità. Questo è il presupposto fondamentale di ogni comunicazione cui prendiamo parte. (...) Esistono senza dubbio diverse situazioni ed età della vita, come le descrive la moderna psicologia dell' età evolutiva. Anche la Bibbia dispone di questa conoscenza nel Nuovo Testamento e, prima ancora, nell' Antico Testamento. Nella predica di Pentecoste, Pietro riprende infatti le parole del profeta Gioele del IV secolo a.C. e racconta l' opera dello Spirito Santo in tre fasi della vita, ognuna differente: «I vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni». I «figli e le figlie» saranno profeti significa che essi devono essere critici. La generazione più giovane verrebbe meno al suo dovere se con la sua spigliatezza e con il suo idealismo indomito non sfidasse e criticasse i governanti, i responsabili e gli insegnanti. In tal modo fa progredire noi e soprattutto la Chiesa. (...) Il contributo «dei figli e delle figlie» è fondamentale. Essi sono ancora interessati oggi a criticare noi, la Chiesa, i governanti, oppure si ritirano in silenzio? Dove esistono ancora conflitti arde la fiamma, lo Spirito Santo è all' opera. Nella ricerca di collaboratori e vocazioni religiose dovremmo forse prestare attenzione innanzitutto a coloro che sono scomodi e domandarci se proprio questi critici non abbiano in sé la stoffa per diventare un giorno responsabili e alla fine sognatori. Responsabili che guidino la Chiesa e la società in un futuro più giusto e «sognatori» che ci mantengano aperti alle sorprese dello Spirito Santo, infondendo coraggio e inducendoci a credere nella pace là dove i fronti si sono irrigiditi.
Martini Carlo Maria

mercoledì 22 ottobre 2008

Rendiamoci conto della situazione

Padre Nostro
di Massimo Gramellini
Segnala un orripilato lettore che ieri sera il concorrente del quiz di Gerry Scotti non sapeva rispondere alla domanda: chi ha recitato per primo il Padre Nostro? Dunque, Monica Bellucci direi di no: non sa recitare. Anche Berlusconi mi sento di escluderlo: il Padre Nostro pensa di essere lui. Forse il Padre Nostro è una favola sul padre dei fratelli Grimm. La accendiamo?
Accendiamoci di vergogna, anche se non lo fa più nessuno: chi osa dire che la tv dovrebbe stimolare l’apprendimento anziché vellicare gli istinti al ribasso viene accusato di non sapersi sintonizzare con l’umore popolare. È probabile che in tenera età il concorrente abbia letto il brano del Vangelo nel quale la preghiera è recitata per la prima volta dal suo autore, un tale Gesù. Poi è successo qualcosa: gli impegni assillanti, la difficoltà di trattenere troppe nozioni dentro una testa già intasata dalla classifica di serie A. Sta di fatto che ha dimenticato il Padre Nostro e tante altre cosette che oggi magari gli sarebbero utili per viaggiare attraverso la vita come un turista sveglio, invece che come una valigia a cui tutti possono dare impunemente un calcio.
Sono sicuro che servirebbe anche a me ritornare periodicamente a scuola: un weekend al mese dietro i banchi, sotto le grinfie dei maestri licenziati dalla Gelmini. E forse la Chiesa, così attenta alle questioni etiche, farebbe meglio a occuparsi della ragione sociale della ditta, che oggi troppo spesso galleggia dentro omelie più noiose di un film iraniano coi sottotitoli in siamese.

Con la testa e senza testa

Si racconta un aneddoto a proposito del cardinale Consalvi, segretario di Stato di Pio VII, riguardo un teso quanto breve incontro con Napoleone Bonaparte. L'imperatore gli disse: "Distruggerò la vostra Chiesa!". Il cardinale gli rispose: "Non ci riuscirà; neppure noi ecclesiastici siamo riusciti a distruggerla in tutti questi secoli».

L'entomologo Christopher Tipping del college della citta' americana di Delaver, in Pennsylvania, e' giunto alla conclusione che gli scarafaggi sono in grado di sopravvivere diverse settimane privi della testa.
Taluni umani anche molto di più... quasi tutta la vita!
postato sul blog il 19 ottobre 2007

martedì 21 ottobre 2008

Tempo ed energie preziosi

Avvocati e raccomandate per il dente rotto di Matteo
di mons. Mario Delpini
Avvenire - 1 giugno 2008
Per non offendere, si dice che Matteo è un ragazzo vivace. In realtà è una peste incontenibile. Si dice che sua mamma, Santippe, è una signora determinata. In realtà è una bisbetica insopportabile. Un pomeriggio d’oratorio per sfuggire a Luca, esasperato dai dispetti, Matteo è caduto. Si è rotto un dente. La signora Santippe arriva come una furia. I tentativi di don Andrea di spiegare le cose e riportare l’incidente nelle sue giuste proporzioni servono solo per capire che la signora Santippe ha già sentito gli avvocati. Sdottora infatti di omissioni in vigilando, di imprudenza in eligendo, di danni permanenti biologici e morali, di denunce e di risarcimenti. Difficile credere che cerchi giustizia. Più fondato è il sospetto che voglia alzare il prezzo. Gli avvocati non contribuiscono certo a una soluzione ragionevole. Tra raccomandate ed esposti, tra periti e convocazioni sono passati quattro anni. Tutti hanno perso tempo e soldi, la dedizione di don Andrea a curarsi dei figli degli altri, anche se sono un po’ difficili, è stata mortificata, i rapporti sono diventati difficili. Il giudice ha dato torto alle richieste spropositate. Valeva la pena, signora Santippe?

Gioventù ubriaca

Allarme alcol, tra gli adolescenti: beve uno su cinque
Sessantamila gli italiani in cura per abuso di bevande alcoliche
In Italia l’età del primo contatto con l’alcol risulta la più bassa d’Europa. È uno dei dati emersi dalla prima Conferenza Nazionale sull’Alcol, organizzata dal ministero del Welfare e della Salute. I dati più preoccupanti relativi al consumo di alcol in Italia riguardano la popolazione giovanile e in particolare la fascia di età tra gli 11 e i 15 anni. Ben il 19,5% dei giovani tra gli 11 e i 15 anni dichiara infatti di aver bevuto alcolici nel corso del 2005 nonostante sia in vigore il divieto, sancito dalla legge, di somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 16 anni. Secondo i dati dell’indagine «Eurobarometro 2002» della Commissione Europea, l’Italia presenta l’età più bassa in Europa in relazione al primo contatto con le bevande alcoliche, con una media di 12,2 anni contro i 14,6 anni della media europea, immediatamente seguita da Irlanda e Austria, con 12,7 anni. Tra i giovani è molto diffuso il consumo di bevande alcoliche al di fuori dei pasti e questo rappresenta un importante indicatore di esposizione al rischio alcolcorrelato. I consumatori giornalieri sono poco diffusi tra i giovani e rappresentano nel 2005 il 2% della popolazione al di sotto dei 18 anni. I giovani tra i 20 e i 24 anni sono la classe di età più interessata dal consumo settimanale di alcolici fuori pasto, immediatamente seguiti da quelli tra i 25 e i 29 anni, ma il fenomeno riguarda in maniera rilevante anche i giovani tra i 18 e i 19 anni, i cui valori sono già superiori a quelli rilevati nel complesso della popolazione generale.
Fra i giovanissimi di età compresa fra 14 e 17 anni la percentuale di bevitori fuori pasto risulta praticamente raddoppiata tra il 1994 e il 2006, passando dal 13,4% al 24,2% tra i maschi e dal 8,0% al 16,8 % tra le femmine. «Molto diffusi risultano tra i giovani maschi i comportamenti di ubriacatura con tutte le conseguenze derivanti per la salute e la sicurezza propria e altrui - sottolinea il ministero -. Secondo l’ISTAT ammette di essersi ubriacato nel 2005 almeno una volta quasi il 50% dei giovani maschi di età compresa tra i 20 e i 29 anni ed il 14,6% di quelli fra i 18 e 19 anni. Meno interessate a questo fenomeno sono le ragazze (il picco più alto, 3,2 %, si raggiunge nella classe di età 18-19 anni)». Ammette di essersi ubriacato almeno una volta anche il 3,2% dei giovani maschi di età inferiore a quella legale per la somministrazione di bevande alcoliche (16 anni). In Italia la mortalità per incidente stradale viene stimata come correlata all’uso di alcol per una quota compresa tra il 30% e il 50% del totale degli incidenti.
Dalla Conferenza emerge anche un’alta percentuale di consumatori giornalieri (31%) tra i maschi delle classi di età medie e anziane, e, tra questi, alta percentuale di consumatori giornalieri eccedentari (16% della classe di età 65-74 anni); l’aumento, nei ricoveri ospedalieri, della percentuale di ricoveri femminili rispetto a quelli maschili e di ricoveri delle fasce di età più giovani rispetto a quelle più anziane; l’aumento percentuale delle diagnosi di cirrosi epatica alcolica nei ricoveri ospedalieri (+4,6% fra il 2000 e il 2004). Nel 2006 sono stati presi in carico presso i Servizi alcologici territoriali del Sistema sanitario nazionale 61.656 soggetti alcol dipendenti, in aumento del 9,6% rispetto a quelli del 2005. Il 75% riguarda persone tra i 30 e i 59 anni; il 15% giovani al di sotto dei 30 anni.

lunedì 20 ottobre 2008

Dizionari

Anche oggi può essere utile un dizionario di qualità sulla propria amata lingua (anche per evitare strafalcioni, tutt'altro che rari!).
Consiglio quindi con piacere la consultazione (dopo registrazione) gratuita online dal sito di Garzanti Linguistica.
Grazie a R.B. per la segnalazione!

Camorritudine

Se le motivazioni sono quelle addotte dalla Sala Stampa,
non concordo.
don Chisciotte

Il Pontefice in visita a Pompei: nessun cenno alla Camorra
La Santa Sede: «Si tratta di un tema affrontano più volte in passato, ma non bisogna generalizzare: la gente del posto spesso non c'entra»
Nel corso della sua odierna visita al santuario campano di Pompei il Papa non ha affrontato il tema della camorra, nonostante la sua attualità, «perchè ne ha parlato altre volte» e perchè quello di oggi è piuttosto un «pellegrinaggio»: lo precisa il vicedirettore della sala stampa vaticana.
«La parola camorra è stata esclusa di proposito dai discorsi del Papa a Pompei perchè ne ha parlato altre volte, anche l’anno scorso a Napoli, e stavolta il viaggio ha il carattere particolare di un pellegrinaggio», afferma padre Ciro Benedettini. «Ma soprattutto - aggiunge - per una forma di rispetto per le persone per bene, che in Campania sono la maggior parte». Secondo il religioso, inoltre, «la Campania non è solo questo e il Papa ha inteso incoraggiare l’impegno delle persone per bene nella difesa dei valori e nella costruzione di una civiltà dell’amore, che rappresenta certamente anche un impegno anticamorra».

Solo "gioco"?!


"Il bambino che gioca impegna nel suo gioco
molta più luce dei santi nelle loro preghiere
o degli angeli nei loro canti.
Il bambino che gioca è la consolazione di Dio".
Christian Bobin, Il distacco dal mondo, 17

domenica 19 ottobre 2008

"Ministri", cioé "servi"


«Vi sono diversità di 'diaconie' ('ministeri'), ma uno solo è il Signore» (1Cor 12,5). Il fil rouge che più di tutti lega i compiti del Nuovo Testamento tra di loro, da quello di Gesù a quello dei dodici, dagli apostoli ai 'sette' di Gerusalemme, dai compiti di evangelizzazione e guida attestati nelle comunità paoline alle mansioni stabili presenti nelle Chiese post-apostoliche è dunque la diaconia. (p. 298)

Non solo l'apostolato, che si ricollega direttamente all'opera di Cristo-servo, ma anche i ministeri contemporanei o successivi a quello apostolico, emanando a loro volta da esso, ne ricevono l'impronta 'diaconale': la missione di servo che Cristo ha ricevuto dal Padre e trasmette agli apostoli e questi a collaboratori e successori per l'edificazione ecclesiale è il dato primordiale da cui risulta che vi sono particolari compiti di uno per altri. Il 'potere' di Cristo è per il 'servizio': ed ogni potere che Cristo ha trasmesso alla Chiesa è dentro alla medesima logica diaconale.
Resta perciò esclusa, nel Nuovo Testamento, ogni gerarchia di rango, ogni superiorità del ministro sugli altri fedeli: i ministeri non sono 'dignità' che rivestano chi li detiene di una superiorità rispetto agli altri battezzati, ma veri e propri 'servizi' in favore degli altri battezzati. (p. 301)
Erio Castellucci, Il ministero ordinato

Una Chiesa con le porte aperte

Le porte delle chiese benedicono chi entra
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 17.02.08
Alcuni si sono abituati a pensare che le porte delle chiese sono per impedire l’ingresso a ladri e vandali: porte imponenti, serrature rinforzate, sbarre e catenacci. Dicono: «Ladri, andate via!». Alcuni forse pensano che servano per esporre opere d’arte, sculture preziose, originali narrazioni di Vangelo. Dicono: «Guardateci, come siamo belle e istruttive!». La verità è che le porte delle chiese sono per dire alla gente: «Entrate! Siete attesi! Questa è la vostra casa!». E, dunque, che si deve pensare se le porte delle chiese sono spesso chiuse? Si deve pensare che ladri e vandali siano più numerosi della gente che vuole passare in chiesa per una preghiera, prima o dopo il lavoro. Si deve pensare che tocchi al parroco, oltre a tutto il resto, di aprire e chiudere la chiesa e, quindi, tutto dipende dai suoi orari. Le porte delle chiese mi confidano d’essere ancora commosse quando accolgono la nonna che accompagna il nipotino a dire una preghiera alla Madonna e quando il ragioniere, tornando dal lavoro, si inginocchia e lascia quietare stanchezza e nervosismo per andare a casa sorridente. Lo salutano quando entra e quando esce e gli dicono: «Dio ti benedica!».