sabato 11 aprile 2009

Nel silenzio dell'attesa

Giornata del silenzio,
davanti alla tomba,
in attesa della Risurrezione

venerdì 10 aprile 2009

La notte oscura della sofferenza, della morte, della fede


La prima parte dell'intervista al card. Martini:
un'ottima meditazione per il Venerdì Santo.

giovedì 9 aprile 2009

Ciò che non è nostro

«Con quale occhio Dio guarderà il nome del ricco scolpito obbrobriosamente sul capitello della sua chiesa o sulla parete dell'opera parrocchiale, mentre quel capitello e quella parete, a guardar bene, grondano sangue di poveri figli di Dio? Fabbricando la Certosa di Pavia un Visconti non cancella le taglie imposte ai poveri del ducato milanese; come un industriale non pulisce il suo denaro donando qualche milione alla parrocchia o all'ACLI. Sarebbe troppo comodo farsi meriti distribuendo ciò che non è nostro. Già l'apostolo san Giacomo scriveva: "Fratelli miei, che la vostra fede nel glorioso Signor Gesù Cristo non abbia riguardi alle persone". Io credo così all'anima dei ricchi che sento il dovere cristiano di gridare».
don Primo Mazzolari, La parola ai poveri, 14-15

Ripugnanza

«"Dio non creò la morte e non gode per la distruzione dei viventi" (dal libro della Sapienza, 1,13), e per questo prova ripugnanza per una cosa che non ha creato».
s. Ambrogio, Esposizione del vangelo secondo Luca, X, 56-58

mercoledì 8 aprile 2009

Prediche


Le “parole infondate” (cfr Mt 12, 36-37) non sono tanto le chiacchiere tra amici, quanto tutte le parole importanti che non marchino un coinvolgimento vitale, che non provengano dal cuore; ogni esercizio del pensiero e dell’immaginazione che si allontani dalle forze unificanti proprie dell’amore; ogni utilizzo del linguaggio che renda quest’ultimo strumento di potenza o di profitto.
Olivier Clément, Teologia e poesia del corpo, 68.

Consolazioni

Dalla Lettera pastorale 2000-2001 “La Madonna del Sabato santo”

del card. C.M. Martini

«Come opera la consolazione che viene dalla fede? Essa assume forme diverse e una di queste – di cui c’è tanto bisogno oggi – può essere chiamata la “consolazione della mente”. Di che cosa si tratta? E’ un dono divino molto semplice, che permette di intuire come in un unico sguardo la ricchezza, la coerenza, l’armonia, la coesione, la bellezza dei contenuti della fede. Un teologo contemporaneo, Hans Urs von Balthasar, la chiamava “percezione della forma” (“Schau der Gestalt”), intuizione del legame che unisce tra loro tutte le verità di salvezza e ne svela la proporzione e il fascino. Di fronte all’evidenza della sofferenza e della morte, che tende a schiacciare il cuore, tale intuizione si pone come una grazia dello Spirito santo che fa risplendere talmente la “gloria di Dio” da illuminare con la luce della verità anche gli angoli più tenebrosi della storia. E’ la grazia di percepire la gloria di Dio che si manifesta nell’insieme dei gesti con cui il Padre si dona al mondo nella storia di salvezza e, in particolare, nella vita, morte e risurrezione di Gesù. E’ il dono di presagire dietro e sotto gli eventi della fede le vestigia del mistero della Trinità.

Si ha la “consolazione della mente” (o “consolazione intellettuale”) quando i gesti e le parole riportate nelle Scritture si collegano con altri gesti e parole della rivelazione: chi riceve tale grazia sente che ogni pietruzza del mosaico illumina quelle vicine e si compone con le più lontane in un disegno convincente e sfolgorante. Allora non si rimane più bloccati nella preghiera di fronte all’uno o all’altro dei momenti singoli della storia di salvezza, incapaci di vedere la relazione e il concatenamento di un singolo fatto o parola con tutti gli altri; la mente avverte di essere inondata di luce, il cuore si dilata, la preghiera zampilla come da una fresca sorgente.

(…)

Ciascuno di noi, quando riceve questa grazia, anche soltanto qualche accenno di essa, vive qualcosa di simile a ciò che vissero i tre discepoli sul monte della Trasfigurazione. Contemplando Gesù con Mosé ed Elia e sentendoli parlare dell’ “esodo” di Gesù a Gerusalemme (cf Lc 9,21) essi intuiscono i profondi legami che intercorrono tra i mille episodi narrati nelle Scritture e colgono la forza di unità che li mette insieme e li porta a compimento nella Passione e Risurrezione del Signore. E’ un’apertura degli occhi e del cuore, che dà un senso profondo di appagamento e di pace. Allora anche le ombre e le tragedie di questo mondo si rivelano come attraversate dalla luce di amore, di compassione e di perdono che viene dal cuore del Padre.

Si percepisce qualcosa della verità delle Beatitudini, il cuore si apre alla speranza di giustizia, alla visione

della vittoria dei poveri e degli oppressi di questa terra.

Un santo che ha goduto di questa grazia in maniera straordinaria così la descrive: “Il rimanere con l’intelletto illuminato in tal modo fu così intenso che gli pareva di essere un altro uomo, o che il suo intelletto fosse diverso da quello di prima. Tanto che se fa conto di tutte le cose apprese e di tutte le grazie ricevute da Dio, e le mette insieme, non gli sembra di aver imparato tanto, lungo tutto il corso della sua vita, fino a sessantadue anni compiuti, come in quella volta sola” (Ignazio di Loyola, Autobiografia, n. 30).

(…)

Se la “consolazione della mente” comporta una illuminazione dell’intelletto e una “apertura degli occhi” (cf Lc 24,31), la “consolazione del cuore” (cf Lc 24,32) – o “consolazione affettiva” – consiste in una grazia che tocca la sensibilità e gli affetti profondi inclinandoli ad aderire alla promessa di Dio, vincendo l’impazienza e la delusione. Quando il Signore sembra in ritardo nell’adempimento delle sue promesse, questa grazia ci permette di resistere nella speranza e di non venir meno nell’attesa. E’ la “speranza viva” di cui parla Pietro (cf 1Pt 1,3), è la “speranza contro ogni speranza” di cui parla Paolo a proposito di Abramo (cf Rom 4,18), il quale “per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento” (Rom 4,20-21).

(…)

La percezione di una forza che ci ha accompagnato in momenti duri, anche quando non la sentivamo e ci sembrava di non possederla, è una esperienza vissuta da tutti noi. Ci pare a volte di essere abbandonati da Dio e dagli uomini, e però, rileggendo in seguito gli eventi, ci accorgiamo che il Signore aveva continuato a camminare con noi, anzi a portarci sulle sue braccia. Ci succede un po’ come a Mosè sul monte Oreb: egli riuscì a vedere qualcosa della gloria di Dio, che desiderava tanto contemplare (“Mostrami la tua gloria!”, Es 33,18) solo quando era già passata (cf Es 33,19-22).

Una tale consolazione opera in noi e ci sostiene efficacemente, pur senza una consapevole illuminazione della mente e una percepita mozione degli affetti del cuore; essa opera dandoci la forza di resistere nella prova quando tutto intorno è oscurità. La chiamo “consolazione sostanziale” perché tocca il fondo e la sostanza dell’anima, ben al di sotto di tutti i moti superficiali e consci; oppure “consolazione della vita” perché i suoi effetti si esprimono nella quotidianità permettendoci di stare in piedi nei momenti più duri (“resistere nel giorno malvagio”, Ef 6,13), quando la mente sembra avvolta dalla nebbia e il cuore appare stanco.

Fai il download dell’intera Lettera Pastorale nella nostra sezione Testi.

martedì 7 aprile 2009

Pasqua "laica"

Un'altra vita
di Franco Battiato
Certe notti per dormire mi metto a leggere,
e invece avrei bisogno di attimi di silenzio.
Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene,
mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione.
Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca;
mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali.
Non servono tranquillanti o terapie
ci vuole un'altra vita.
Su divani, abbandonati a telecomandi in mano
storie di sottofondo Dallas e i Ricchi Piangono.
Sulle strade la terza linea del metrò che avanza,
e macchine parcheggiate in tripla fila,
e la sera ritorno con la noia e la stanchezza.
Non servono più eccitanti o ideologie
ci vuole un'altra vita.

C'è trauma e trauma

lunedì 6 aprile 2009

Superfluo e necessario

«L'episodio (dell'unzione di Betania - Mc 14,1-11) fa saltare un'altra opposizione artificiale: quella tra superfluo e necessario. Di fatto, anche il superfluo, in certe circostanze, può risultare indispensabile. Un povero, talvolta, può aver bisogno di un fiore prima ancora che di un piatto di minestra, di un sorriso più che di un'elemosina, di un po' del nostro tempo e della nostra attenzione, più che del nostro aiuto materiale. Il povero richiede dignità, prima ancora che compassione. Una carità sciatta, burocratica, ciabattona, cupa, infastidita, lagnosa, che si limita al dovere, allo stretto necessario, è l'opposto dell'amore. Oserei dire che è la tomba dell'amore. Unicamente grazie alla fantasia, l'amore non si riduce a ripetere gesti meccanici e scontati e prevedibili, prestazioni in serie, ma inventa sempre qualcosa di stupefacente, di unico, di esclusivo. Per evitare che la carità puzzi di stantio, bisogna profumarla, darle la fragranza della novità. La carità deve celebrare i propri riti in un clima di festa, non di tetraggine e squallore. E poi, chi è in grado di stabilire, una volta per tutte, che cosa è superfluo e che cosa necessario? A Cana la Madonna s'è accorta che mancava non il necessario, ma il superfluo; non il pane, ma il vino. Ed è intervenuta per rimediare a questo vuoto intollerabile (cfr Gv 2,1-11). Non è possibile amare senza un pizzico di fantasia. Non si tratta soltanto di rispondere alle attese. Il compito più urgente può essere quello di "sorprendere", ossia di produrre l'inatteso, l'imprevedibile. Il "di più" risulta indispensabile per vivere».
Alessandro Pronzato, Le donne che hanno incontrato Gesù, 142-143

Ancora dalla stampa sportiva

C'è tragedia e "tragedia"

domenica 5 aprile 2009

Inutile e colpevole spreco


Presentato al Wedding Culture Expo della provincia di Jiangsu, un vestito da sposa - del valore di 1,4 milioni di dollari- composto da 2009 code di pavone.

Vacanze pasquali

Se questa Domenica l'organista è a Parigi
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 23.03.08
Il parroco ha radunato il gruppo liturgico. Ha introdotto la riunione spiegando bene ogni cosa: la Pasqua è il centro dell’anno liturgico, è la celebrazione più importante per una comunità, è la festa che dà origine a tutte le feste. Collaboratori volonterosi ed esperti sono venuti volentieri. «Purtroppo - dice l’organista - io non ci sarò a Pasqua. È un’occasione unica e andrò con la famiglia a Parigi». «Dovrà scusare anche me, don - dice la responsabile dei lettori. C’è ancora una bella neve e siamo iscritti allo sci club, sa com’è...». «Beh, lo sai che io, come al solito, farò Pasqua con il movimento» si spiega uno dei ministri straordinari della Comunione. «Il coro non sarà al completo - informa il maestro -, alcune ragazze hanno il campionato provinciale di pallavolo. Non possono mancare».
Al parroco verrebbe da sbottare: «Insomma, sembra che la gente venga in parrocchia, nella sua chiesa, quando proprio non ha altro da fare!», ma è determinato a perseverare nel suo proposito di Quaresima, vuole essere amabile con tutti. Soltanto gli viene un po’ da piangere, pensando a quel povero Cristo che per fare Pasqua ha scelto la domenica sbagliata.