sabato 4 ottobre 2008

Ignoranza e incoerenza

"A noi certe cose non succedono": così scriveva, dopo un paio di giorni dall’omicidio di Abdul Salam Guibre, un giornalista sulle colonne di un quotidiano di destra. La frase è terribile e tuttavia riassume il pensiero di molti cittadini milanesi, di quei tanti cittadini “normali” che sono maggioranza e che fanno la città. Non è solo la politica che nell’ultimo decennio ha definitivamente tracimato, divenendo spazzatura: è la cosiddetta società civile che non c’è più, è l’opinione pubblica che straparla, è lo spirito del tempo – se l’espressione vuol mai dire qualcosa – che si è incarognito. È necessario riconoscere che negli ultimi vent’anni la situazione non è affatto migliorata: la diffidenza è divenuta dapprima discriminazione per poi evolvere in razzismo palese. Il problema oggi sono gli “italiani bianchi”, quello che pensano o che ritengono di pensare.

Il Veneto tra razzismo e integrazione

«La prima volta ho pensato a un errore. La seconda a una coincidenza. La terza ho capito, stava succedendo proprio a me». Silvia Elena Ayon è nata 44 anni fa in Nicaragua, ha una laurea in economia urbana, un marito e un figlio italiani, due grandi occhi scuri che parlano della sua origine. Coordina progetti di sviluppo in due continenti, di fatto amministra circa 41 milioni di euro per conto dell’ Unione europea e di altri finanziatori pubblici. Lavora nel volontariato ma è a tutti gli effetti una manager. Il 14 maggio è su un autobus della linea 12, diretto in zona stadio, periferia di Verona. Un signore anziano la avvicina e le dice: «Spostati, quel posto è mio». Lei crede di aver capito male, gli indica altri sedili liberi. Lui si mette a urlare: «Voi stranieri ve ne dovete andare, dovete smetterla di portare via il lavoro a noi italiani». Elena urla a sua volta, quasi si vergogna di provare rancore verso un anziano. Ma davanti al silenzio degli altri passeggeri le si accappona la pelle, il gelo le si infila tra le scapole, come il gomito di quella signora che, qualche giorno prima, su un autobus molto più affollato, le ha detto di andarsene. Era proprio così, quella gomitata non era «un errore». È lo stesso freddo nelle ossa che ha avvertito in treno, quando alcuni viaggiatori hanno indicato lei e suo figlio al controllore, chiamandoli "stranieri". Accade a Verona, dove Nicola Tommasoli, disegnatore non ancora trentenne, è stato ucciso a calci e pugni per aver rifiutato una sigaretta a una ronda di diciottenni con un debole per l’estrema destra. Nicola aveva i capelli lunghi, raccolti in una crocchia. Prima di picchiarlo, lo hanno chiamato "codino".
Accade, paradossalmente, nella stessa città che ospita il quartier generale dei padri comboniani e ha visto missionari partire verso i luoghi più poveri e disperati del pianeta. Nella città dove ogni giorno almeno un imprenditore bussa allo sportello "stranieri" della Cisl lamentando di non poter assumere lavoratori immigrati, causa intoppi burocratici e legislativi; dove i nuovi assunti di nazionalità straniera sono il 31%, la quota più elevata del Veneto (fonte: dossier Caritas 2007). Sempre a Verona, ogni anno, mille persone bussano alla porta di ProgettoMondo, l’Ong per cui lavora la signora Ayon, chiedendo di partecipare a questo o quel progetto di cooperazione oltre frontiera. (...)
Certi episodi rimangono di difficile classificazione, ammette Boscaini. «L’altro giorno, un fratello degli stimmatini (congregazione che prende il nome dalle stimmate di Gesù ndr), raccontava l’avventuroso approdo veronese di un frate della Costa d’Avorio. Ha chiesto a quattro passanti la strada per il convento, i primi tre non gli hanno nemmeno rivolto la parola». Strano a vedersi in una città che vanta 50 congregazioni religiose femminili e 30 maschili, dove quasi ogni famiglia a un parente che fa il sacerdote, è entrato in convento oppure fa il missionario. L’anima di Verona è profondamente divisa, spiega Boscaini. Tutte le famiglie, religiose e non, sono attraversate da una profonda lacerazione. (...)
da L’Unità di venerdì 19 settembre 2008

venerdì 3 ottobre 2008

Meditazioni sulla morte

"Non immaginavo minimamente di potere avere alcuna capacità di contatto con gli altri né di saper assumere importanti responsabilità o divenire addirittura per alcuni punto di riferimento. Mi sentivo povero, intellettualmente molto modesto. Il Signore invece nella sua bontà ha voluto prendere questa modestia e valorizzarla. Perciò riconosco la bontà del Signore e di tutti coloro che mi sono venuti incontro e mi hanno aiutato e anche valorizzato. Si può dire che in qualche modo da ragazzo io avevo paura della vita. Ero timido, molto chiuso. Poi la vita si è rivelata diversa. Le strade si sono aperte, molti mi hanno aiutato. Perciò ora non percepisco rimorsi, ma sento riconoscenza grandissima per tanti eventi che sono successi nella mia vita e che mai avrei immaginato".

Carlo Maria Martini

Nella sezione Testi trovi l'articolo completo

Sul sito della diocesi le parole del card. Martini

giovedì 2 ottobre 2008

Liberaci dal maligno


Siamo lieti di presentarvi in anteprima il primo volume della collana
Dossier teologici del Seminario di Milano:
"Liberaci dal Maligno".
Un modo serio, equilibrato, fondato
di affrontare un tema complesso e spesso travisato.

Carta, carta, carta...

Se le parrocchie abbattono la foresta amazzonica
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 18.05.08
Non so se sia la foresta amazzonica o le pinete norvegesi a temere l’estinzione: certo il pericolo incombe. Documenti dei vescovi, circolari degli uffici, volantini dei gruppi, promemoria delle iniziative, pubblicità delle manifestazioni: tutti hanno bisogno di carta. Nuove tecnologie promettevano un risparmio consistente, invece di quintali di carta ecco impalpabili messaggi via e-mail. Ma il risparmio divenne uno sperpero: ogni testo si deve stampare. Moltiplicare, adattare con il taglia-incolla. Anche chi non sa né leggere né scrivere produce testi di poesia, gonfia bollettini, entra dappertutto con comunicati e inviti. Le caselle postali traboccano, cumuli di carta, riviste, fotocopie, si impolverano su scaffali e scrivanie. Chi ha tempo di leggere tutto quello che si scrive? E quale, fra tante, è la pagina che merita di essere letta? Uomini di buona volontà si impegnarono una volta in considerazioni e suggerimenti per ridurre il numero di documenti e pubblicazioni, a vantaggio delle foreste e a sollievo dei destinatari. Il risultato? Produssero un nuovo, voluminoso, importante documento. E chi l’ha letto? Impareremo l’arte dell’essenziale e troveremo il tempo per pensare.

Vera ordinaria sobrietà

Ieri sera alcuni TG hanno intervistato un cardinale,
che è apparso in camicia e cardigan blu.
Nel post del 25 settembre avevamo parlato con sospetto di "ordinarietà sobria";
qui ne abbiamo avuto un esempio autentico, senza falsità.
Io vedo poca televisione, ma non ricordo di aver mai visto un cardinale
lasciarsi intervistare con gli abiti consueti di un semplice ottantunenne.

mercoledì 1 ottobre 2008

Osservazione


Una piccola sentinella di silenzio veglia giorno e notte sul nostro cuore.
Le parole d'amore le portano di che nutrirsi.
Ch. Bobin, Il distacco dal mondo, 31

An-estetica


Il metodo De Filippi attraverso tre punti
di Aldo Grasso
«Il ballo delle debuttanti», il nuovo reality voluto da Maria De Filippi e condotto da Rita Dalla Chiesa è poco avvincente dal punto di vista spettacolare ma molto interessante da quello sociologico. I prodi osservatori di costume, delusi dalla politica, ribadiranno così che la De Filippi è un periscopio che esplora la superficie della collettività (Canale 5, domenica, ore 21.25). Seguendo la trasmissione, una specie di reality dove 12 ragazze di età compresa tra i 18 e i 23 anni «iniziano il loro percorso formativo per debuttare alla vita», ci sono infatti tre elementi che possono aiutarci a capire a che punto è l' identificazione fra tv e vita. Il primo. Come ha già osservato brillantemente Walter Siti, la tv generalista italiana è dominata da un universo omosessuale: l' estetica, rappresentata da balli, vestiti, buone maniere, è qualcosa che assomiglia molto a una nuova affermazione di identità legata al gender, e modellata su un immaginario queer (qui persino troppo caricaturale, di maniera). Il secondo. Molte trasmissioni sono una parodia della scuola: una strana istituzione dove vige un metodo d' insegnamento basato sulla lite continua: le ragazze chic contro le pop, gli insegnanti contro gli allievi, gli opinionisti (c' é persino Diaco con una sua giovane accompagnatrice) contro gli insegnanti. Al fondo, si immagina sempre una preside vestita di pelle nera con la frusta in mano. Si cresce litigando, si matura scambiandosi ingiurie, si coltiva la rabbia e l' invidia come molle dell' elevazione sociale, né chic né pop. Il terzo. Tutte le trasmissioni della De Filippi hanno uno strano fondo di pedagogia: il suo ideale di vita e di tv consiste nel traghettare la coatteria all'onor del mondo (da questo punto di vista il suo capolavoro è l' invenzione del tronista), di mascherare il greve (come una signorina deve leccare il gelato) con il galateo. Ancora una volta, il limite di ogni volgarità è solo una volgarità più grande.

martedì 30 settembre 2008

MigrArt

I volti della nuova Milano in mostra alla Besana
Qui puoi trovare alcuni scatti
Una mostra che ripercorre la vita quotidiana degli stranieri in città. E' l'idea di "Migrart. Volti di una nuova Milano", che resterà visitabile alla Rotonda della Besana fino al 23 novembre. Voluta da Atm, con il patrocinio del Comune e della Regione, la rassegna propone quaranta scatti di Lorenzo Pesce e Alex Majoli, i "ritratti di una metropoli multietnica": un giovane padre argentino al parco Solari con la figlia di due settimane; l'interno di un appartamento in via Padova dove vivono dodici persone; suocera e nuora che chiacchierano nel campo rom di via Monte Bisbino; il sagrestano filippino, laureato in psicologia, della parrocchia di San Giovanni in Laterano, che fa le pulizie in chiesa. La mostra è aperta ogni giorno dalle 10 alle 21, l'ingresso è gratuito. (www.migrart.it)

Interessati


Una domanda legittima:
non sarà mica interessato a piazzare i suoi prodotti??!!

Il computer ci rende brutti e vecchi
La ricerca su un campione di 300 donne tra i 30 e i 40 anni
Cattive notizie per chi passa ore ed ore davanti al pc. «Il computer, se usato tutti i giorni e per molte ore, invecchia il viso. Fa venire le borse sotto gli occhi, spegne il colorito della pelle e i segni dell’invecchiamento sono più visibili». Insomma, oltre alla fatica, la beffa. Parola di Giulio Basoccu, chirurgo estetico e docente all’Università La Sapienza di Roma. Secondo lo specialista, a lasciare il segno sul viso di una donna non è solo un lavoro particolarmente stressante, «con un capo poco carino sempre sul collo, il pensiero delle responsabilità e delle scadenze. A dare una aspetto stanco, occhiaie e colorito giallastro - spiega Basoccu - contribuisce anche l’effetto-computer».
«Dall’osservazione di un campione di 300 donne tra i 30 e i 40 anni che si sono rivolte al nostro studio - dice infatti l’esperto - abbiamo notato che due su tre passavano ogni giorno dalle cinque alle otto ore fisse davanti a un pc. E tutte lamentavano gli stessi problemi. Profonde occhiaie, rughe più accentuate intorno e tra gli occhi, pelle disidratata, colorito giallastro. Il desiderio comune - prosegue Basoccu - era quello di dare nuova luce a un viso stanco e opacizzato».
«Trascorrere molte ore davanti a un computer -afferma Basoccu- rappresenta comunque uno stress fisico, anche se si sta seduti. Gli occhi si stancano, c’è bisogno di concentrazione e quindi si assumono involontariamente posizioni di alcune parti del viso che contribuiscono a segnare la pelle. Quando ci concentriamo aggrottiamo la fronte e, senza volerlo, forziamo le rughe tra gli occhi e quelle della fronte stessa. Il fatto di stare a lungo in un luogo chiuso, d’estate con aria condizionata e d’inverno con il riscaldamento, aumenta la disidratazione della pelle». Tutti fattori che contribuiscono ad appesantire il viso.
"Le nostre pazienti, forzate del computer -continua il chirurgo- sono prevalentemente segretarie e impiegate, che alzano la testa dallo schermo solo per la pausa pranzo. Per loro usiamo un mix di sostanze che contribuiscono a ridonare luminosità e freschezza». Si tratta di «infiltrazioni di acido ialuronico non cross-lincato, più liquido -descrive l’esperto- che servono a richiamare acqua nei tessuti e quindi a dare maggiore idratazione; micropunture a base di agenti ricostituenti ed antiossidanti, vitamina A, E, C e coenzimi che aumentano il tono e l’elasticità della pelle, e microiniezioni di botulino per appiattire le rughe della glabella (prominenza dell’osso frontale, al di sopra della sutura naso-frontale, tra le arcate sopracciliari), quelle che spuntano tra gli occhi. Ma anche per quelle sulla fronte». «Il tutto -conclude- accompagnato da massaggi linfodrenanti profondi sempre sul viso».

Contrasti


Un hotel super lussuoso a due passi dalla miseria di Khartoum, capitale del Sudan. Si tratta dell'albergo Burj al-Fateh, finanziato con 130 milioni di euro dal governo libico e realizzato dall'italiana CMC. Con le sue 230 stanze e i tanti ristoranti, distribuiti in 18 piani, l'opera, ribattezzata dagli abitanti "la palla di Gheddafi", è già diventata lo sfondo delle dirette televisive di Al-Jazeera. E se dai piani alti si può vedere la confluenza tra il Nilo azzurro e il Nilo bianco, gli occhi più attenti non avranno difficoltà ad individuare anche le baraccopoli in cui vive il 40% della popolazione sudanese.

lunedì 29 settembre 2008

Batteri & C.


Il vostro bambino ha preso la varicella e la cosa non è simpaticissima?!
Nessun problema: i fratelli americani hanno preparato per voi dei peluches che hanno la forma dei più diffusi virus, batteri e compagnia bella!
Guarda la rassegna e scegli il tuo preferito!
Fin quando possiamo riderci su.
Grazie a P.C. per la segnalazione...
fin qui non ci saremmo proprio arrivati da soli!!

Deregulation fallita

Crescono i decessi per abuso di alcool
Londra, coprifuoco per l'happy hour
Stop ai drink a prezzi scontati: spingono a bere. Giro di vite per combattere violenze e vandalismi in aumento
Ubriachezza molesta, atti di vandalismo, violenze e pestaggi. Da quando in Gran Bretagna si può bere 24 ore su 24, la situazione è andata fuori controllo. In quattro anni il numero di donne arrestate per aver alzato il gomito è aumentato del 50%; i ricoveri per problemi legati all’alcol sono costati 100 milioni di sterline in più in tasse; in crescita anche i decessi; un terzo degli accoltellamenti avviene nei pressi di pub e locali notturni. Il governo, rivela il Daily Mail, si prepara a mettere al bando l’happy hour, cioè la vendita di drink a prezzi scontati nelle ore dell’aperitivo. I locali saranno anche invitati a servire gli alcolici in bicchieri più piccoli per limitare i danni. E, come per le sigarette, su bottiglie e lattine saranno stampati avvisi minacciosi: bere può portare alla morte. (...) I bicchieri di vino, serviti nei locali, sono talmente grandi da contenere un terzo di una bottiglia, così una donna arriva a superare il limite giornaliero consigliato dai medici in un colpo solo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ragazzi e ragazze che vagano in stato confusionale per le strade rovesciando i cassonetti dell’immondizia e molestando le persone. Risse scatenate per un nonnulla. (...) Il rapporto, commissionato dal ministero dell’Interno, dimostra il fallimento della deregulation. (...)

domenica 28 settembre 2008

Chi è avanti?!


Dal vangelo di oggi: Mt 21
E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”.

Dal 2000 suor Eugenia Bonetti lavora a Roma presso l’ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi). Non le piace parlare di “prostitute”, preferisce definirle «vittime della tratta per lo sfruttamento sessuale». Di nigeriane in questi anni ne ha conosciute davvero tante. Arrivano in Italia attraverso il deserto (non più in aereo), affrontando viaggi impossibili, soffrendo la fame, la sete e la stanchezza. Non sempre ce la fanno e se raggiungono vive il nostro Paese hanno già subito violenze e abusi. Nel deserto qualcuna di loro resta incinta o mette al mondo un figlio senza nome.
Spesso le donne nigeriane vengono in Italia in cerca di lavoro per mantenere la famiglia in Africa e far studiare i fratellini più piccoli. Se le ragazze dell’Est lasciano il loro Paese ingannate da un falso fidanzato che promette loro una nuova vita, «le nigeriane vengono catturate dai riti voodoo». Prima di lasciarle partire le madame portano le ragazze dallo stregone che fa loro «violenza psicologica» attraverso minacce, ritorsioni e intimidazioni. Le vittime contraggono quindi un debito (fino a 80 mila euro), che diventa il prezzo da pagare per la loro libertà.
Dopo mesi o anni di prostituzione sulla strada queste donne sono distrutte e hanno perso la loro dignità e identità. «Non sono più persone - dice suor Eugenia -, non ricordano la loro data di nascita e neanche il loro nome, perché ne inventano sempre uno nuovo». Non hanno documenti né permesso di soggiorno e sono costrette a vivere in clandestinità.
Non le piace la nuova proposta di legge sulla prostituzione, fatta «senza neppure contattare chi lavora nel settore da anni». E aggiunge: «Si rischia di fare un favore ai trafficanti, perché le ragazze nascoste non potranno più chiedere aiuto». Sulle strade italiane ci sono 50-70 mila prostitute: si vuole toglierle non per risolvere il problema, ma perché danno fastidio al nostro pudore». Suor Eugenia non si dà per vinta e continua imperterrita la sua lotta cercando di fare breccia a livello civile e politico perché «siamo tutti colpevoli».
dal sito della Diocesi di Milano

Auguri per la Festa dell'Oratorio


L'oratorio è di tutti ma l'abbiamo costruito noi
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 04.05.08
L’oratorio è di tutti. L’abbiamo costruito noi. L’hanno costruito con i soldi dei nostri padri. Mancherebbe altro che l’oratorio non avesse una sede per noi, che in oratorio siamo nati, con il povero don Carlo! Che Chiesa sarebbe quella che non favorisce chi tiene uniti i ragazzi in un’età così difficile? Società sportive, gruppi teatrali, movimenti e associazioni: tutti hanno diritti da far valere, hanno esigenze sacrosante, hanno pretese e rivendicazioni.
«Sì - pensa don Andrea - l’oratorio è di tutti! Sì - acconsente don Andrea - quello che voi fate è un servizio prezioso. Sì - dà ragione don Andrea - la vostra attività merita d’essere incoraggiata». Intanto però don Andrea pensa: «Va bene la sede in oratorio, ma perché lasciano sempre accesa la luce? Va bene incoraggiare l’iniziativa, ma perché poi deve sempre passare qualcun altro a pulire i tavoli e a sistemare le sedie? Va bene apprezzare la proposta che raduna tanti ragazzi, ma perché sono generosi con tutti, eccetto che con chi deve pagare il riscaldamento, le pulizie, la manutenzione e la messa a norma?». Anche la sede del gruppo negli ambienti parrocchiali può dire qualche cosa della sensibilità ecclesiale.