sabato 12 aprile 2008

L'amicizia tra un prete e una coppia


"C'è un aspetto della vita familiare che fa particolarmente bene a un prete celibe: la testimonianza dell'assoluta concretezza dell'amore. Nella vita familiare occuparsi di qualcuno è fisicamente... occuparsi di qualcuno; nella vita familiare i conflitti e le preoccupazioni non rimangono fuori dalla porta di casa, ma nella tua casa e dormono perfino accanto a te; nella vita familiare capisci che coloro che ami li hai sempre interiormente con te e questo fa tanto bene, ma è anche tanto gravoso da portare, soprattutto quando qualcosa gira storto, per la salute, il lavoro, la casa; nella vita familiare la relazione sessuale non è soltanto il sogno a luci rosse, ma un'esperienza che va anche mantenuta e accompagnata nel tempo, con le esuberanze giovanili e l'evoluzione o il declino della adultità.Il prete come cristiano vive dell'amore di Dio e dovrebbe dedicare la sua vita a non fare altro che annunciare quell'amore. Ma la concretezza e i costi dell'amore possono sfuggirgli se ogni tanto non li vede e non li tocca con mano. Può sfuggirgli soprattutto la dimensione particolare dell'amore che, nella logica del mistero di Cristo, è già «as¬soluto nel frammento». Gli farà bene avere due sposi come amici: con loro potrà condividere quella concretezza, perché se vuoi bene a un amico, sai gioire e soffrire con lui. (...)Pure a quella coppia di sposi farà un gran bene avere un amico prete. Se a un prete fa molto bene sperimentare il concreto dell'assoluto, a una coppia di sposi fa altrettanto bene sperimentare l'assoluto del concreto. Perché loro nella concretezza possono perfino naufragare; perché, a un certo punto, nella vita di coppia può accadere che tu veda di tua moglie o di tuo marito soprattutto il limite, la parzialità, l'imperfezione. E allora: come la mettiamo se in quella relazione ti sei giocato tutto?L'amico prete può dirti che la relazione è buona per¬ché è parte di una storia della salvezza che la contiene - per questo è un sacramento -, perché il suo bene è in Cristo, che ha divinizzato il limite, il frammento, l'imperfezione. Però l'amico prete non ti dirà tutto questo con una dotta conferenza, ma con la sua vita. Lui vive la relazione in assoluto più limitata e limitante, più imperfetta di qualunque relazione di coppia: quella in cui l'altro semplicemente non c'è. Ma la vive in Cristo. Dunque, in lui cosa vedi?"
S. Guarinelli, Il celibato dei preti. Perché sceglierlo ancora?, 121-123.
Il testo completo su:

Sviluppo per noi, fame per gli altri


L'allarme Fao: "Lo sviluppo affama"
Prezzi dei cereali alle stelle, scorte mai così basse dal 1980
Le rivolte per il pane, causate dall’inarrestabile impennata dei prezzi, non si fermeranno se i Paesi ricchi non «faranno un passo indietro di almeno vent’anni per correggere politiche di sviluppo errate». Un’accusa senza appello che è stata lanciata oggi dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf. «L’inflazione globale non dipende solo da elementi contingenti, ma da fattori strutturali» e «se il cosiddetto Nord del mondo non cambierà modello di sviluppo, la bolletta per i cereali nei Paesi poveri continuerà a crescere e le rivolte popolari e sociali che oggi colpiscono Egitto, Tunisia, Senegal, Burkina Faso, Camerun, Guinea, Haiti e tanti altri Paesi poveri, dilagheranno», ha detto in una conferenza internazionale a Roma. Diouf ha parlato di una «situazione critica», perchè le scorte hanno raggiunto il livello più basso dal 1980 (già a inizio 2008 sono il 5 per cento in meno rispetto al 2007) e la domanda continua a crescere, «soprattutto», ha spiegato Diouf, «in Paesi come Cina e India, dove si registra una crescita del Pil dell’8-10 per cento l’anno, con una popolazione di 2,2 miliardi». Dopo l’appello lanciato ieri dal premier britannico Gordon Brown per un’azione globale contro l’inflazione, anche la Banca mondiale oggi lancia un’allarme e avverte che l’aumento dei prezzi dei beni alimentari, raddoppiati o addirittura triplicati in certi casi negli ultimi tre anni, rischia di far diventare ancora più poveri 100 milioni di persone che vivono nei Paesi a basso reddito e di rialzare dal 3 per cento al 5 per cento il tasso di povertà della popolazione mondiale. Ne ha parlato Marcelo Giugale, direttore responsabile per l’America Latina e i paesi caraibici della World Bank. Dal 2005 al 2007 i prezzi del grano sono saliti del 70 per cento, quelli dei cereali dell’80 per cento e i prodotti caseari del 90 per cento. (...)

venerdì 11 aprile 2008

La spesa dei single


L'impresa di vivere da soli. Sfida dei nuovi consumatori.
I single sono 6 milioni. E il mercato si adegua.
Il trentenne yuppie di ritorno, entusiasta della novità del sushi mono-porzione al supermercato (il 43,6% degli uomini soli ha meno di 45 anni). La donna che con il lavoro colma l'assenza di una famiglia, cliente-tipo dei villaggi per single con abbattimento incorporato dell'annoso «supplemento singola» (il 15,8%). Il divorziato (27,1%) e la separata (11,1%), senza figli. Ma anche le decine di migliaia di pensionati e vedove, uomini (27,8%) e moltissime donne (il 66,6% ha oltre i 65 anni: la maggiore longevità femminile ha aperto una forbice enorme con l'altra metà del cielo), a caccia dei 25 grammi di parmigiano monodose, dello yogurt in vasetto spaiato e delle pentole da una porzione, perché è inutile (e costoso) cuocere gli spaghetti a occhio per poi buttarne via tre quarti. Sempre più soli. La carica dei single in Italia, 5 milioni e 977 mila «unità unipersonali» come li chiama freddamente l'Istat nell'ultimo censimento, non accenna ad arrestarsi. Un incremento percentuale del 98,8% dagli Anni 70 agli Anni 90, una crescita progressiva fino al 2001 (quando i single erano un quarto delle famiglie italiane), 1,7 milioni in più nel 2007, segnale di una rivoluzione socio- culturale profonda, soggetta a due variabili fondamentali: il livello di reddito, che condiziona consumi e stile di vita, e l'età. «La grande rivoluzione è demografica: l'aumento della longevità e dell'instabilità coniugale, in un contesto in cui il ciclo della famiglia tradizionale si accorcia e si trasforma, hanno provocato il boom delle persone sole — spiega Chiara Saraceno, ordinario di sociologia della famiglia all'Università di Torino —. Gli uomini sono di più perché spesso le donne, in caso di separazione, vanno a vivere con i figli. In Italia e in Europa, insomma, non si vive più appassionatamente tutti sotto lo stesso tetto». I single come li intendono le riviste glamour, disposti a investire molto denaro su tempo libero, happy hour e viaggi? Una minoranza: «Hanno paura della stabilità e quindi rimandano il momento di entrare in coppia e prendersi responsabilità. La loro scelta di singletudine, comunque, non è definitiva». Le nuove famiglie — a prescindere che si tratti di single per vocazione, in parcheggio o forzati — creano nuovi bisogni, nuovi consumi e, in ultima analisi, nuovi prodotti. Negli ultimi anni il mercato si è mobilitato per acchiappare questa fetta d'Italia propensa alla spesa e spesso malata di solitudine, con la tendenza a compensare con il cibo (nel paniere Istat sull'andamento dei prezzi, non a caso, stanno entrando le monodosi) e altri bisogni, non sapendo che essere con se stessi, in quanto pieni di sé, può essere bellissimo e che sperimentare il vero e autentico essere soli può diventare un'alta forma di libertà. In rapporto, un single medio consuma il 50% di un nucleo famigliare classico perché spesso è costretto ad acquistare quantità di cibo superiori ai suoi bisogni reali (con sprechi enormi), però ha esigenze totalmente diverse. Le multinazionali e i supermercati se ne sono accorti, finalmente: la confezione da quattro bistecche e il pacco di biscotti extralarge sono obsoleti. E allora ecco spiegato il fiorire di cibi pronti e mono-porzioni. (...) Non mancano, in compenso, i libri di ricette per persone sole. Soluzioni veloci con porzioni più piccole. La novità? Nessuna, ma il single nel titolo fa tendenza, e quindi il libro vende di più. Anche l'oggettistica in cucina non è più la stessa. (...) Sempre più numerosi sono gli alberghi e i villaggi turistici per single, più 50% negli ultimi tre anni (...).
Gaia Piccardi - 09 aprile 2008

Vangelo dei dimenticati


"Il Vangelo, oltre al resto, è il libro che trasmette la memoria delle persone che non contano, dei gesti "sbagliati" secondo la logica dei benpensanti, delle storie trascurabili, delle realtà disprezzate. Il Vangelo conserva ciò che pare non meriti attenzione, ciò che si vorrebbe andasse perduto. Oserei dire che il Vangelo è un libro messo insieme con le dimenticanze, con i dimenticati. Allo stesso modo che le sue vie non sono le nostre vie, i nostri pensieri non sono i suoi pensieri, così la memoria di Dio non è la memoria degli uomini. Si direbbe che la memoria di Dio sono le dimenticanze degli uomini. Anche noi, tutte le volte che compiamo un'azione come risposta all'amore di Cristo, diventiamo un frammento del vangelo di Dio.
«Ha compiuto una bella azione verso di me» (cfr Mc 14, 1-11). Salta così un'ultima contrapposizione: quella tra bello e buono. "Kalon ergon" si può tradurre sia con azione buona che azione bella. Sorge il sospetto che se i cristiani si preoccupassero maggiormente di fare "qualcosa di bello", nel mondo non mancherebbe mai "qualcosa di buono". Proprio come nei giorni della creazione".
A. Pronzato, Le donne che hanno incontrato Gesù, 146

giovedì 10 aprile 2008

Il lusso e la civiltà del desiderio


Desidero dunque sono
Il lusso si è democratizzato: serve a promuovere la propria immagine, non l’appartenenza di classe
Marco Belpoliti - L’unica realtà contemporanea che non sembra subire la recessione è l'industria del lusso. Dieci anni fa in Europa il suo fatturato era valutato in circa 90 miliardi di euro. Oggi dovrebbe essere quasi raddoppiato. (...) Intesa non solo come abbigliamento, ma come immagine, meglio, forma, la moda è il centro della nuova civiltà contemporanea, quella che Gilles Lipovetsky, docente universitario e saggista, definisce la «civiltà del desiderio». (...) Le società democratiche hanno fatto del lusso - elemento destinato nel passato solo alle élite economiche e politiche - il perno centrale della nuova società che Lipovetsky stima dedita all'iperconsumo. Il nuovo sistema ha celebrato senza intoppi il matrimonio tra lusso e individualismo liberale. E se agli occhi delle vecchie generazioni il lusso faceva «vecchio», ora appare assolutamente contemporaneo. (...) Nonostante la critica che il cristianesimo ha opposto al lusso - in particolare alla moda e all'evoluzione del costume -, questo ha finito per imporsi quale elemento di trasformazione sociale. (...) L'esplosione dei costi per la pubblicità e l'inflazione nel lancio di nuovi prodotti, scrive Lipovetsky, hanno accorciato la vita dei prodotti e nel contempo costretto al recupero delle immagini più durevoli del passato: marche, oggetti, comportamenti. Il lusso postmoderno si fonda su tre aspetti: individualismo, emozione, democrazia. L'esibizione della ricchezza oggi non svolge più una funzione sociale, serve piuttosto alla «soddisfazione di sé», base del neo-narcisismo: godere di se stessi e di quello che si fa. Più tutto diventa accessibile, democratico, acquistabile e consumabile, più appare necessario distinguersi dagli altri. Se si osservano le pubblicità dei prodotti di lusso presenti nei settimanali o nelle riviste patinate ad alta tiratura, ci si accorge che la molla segreta è proprio l'immagine di sé. L'oggetto serve a questo: promuovere la propria immagine personale e non più l'appartenenza di classe. Un lusso individualista e libero, rispetto al passato, da obblighi sociali e regole collettive. Oggi il lusso funziona in presenza di un individualismo fondato sulle emozioni e sulle sensazioni personali. La festa non appare dunque più un rito collettivo bensì privato: la festa dei propri sensi. (...) Lipovetsky parla di effeminazione del lusso, ovvero del passaggio del lusso, dalla sfera maschile delle società premoderne e moderne, alla sfera femminile del postmoderno. (...)
L'articolo completo si trova anche in:

Trasmissioni che "trasmettono"


Due interessanti trasmissioni radiofoniche:


mercoledì 9 aprile 2008

Martina e la sua giostrina

Pane di vita in Cambogia


"Così per anni mi sono nutrito del pane della vita e del calice della salvezza. Quando sono stato arrestato, ho dovuto andarmene subito, a mani vuote. L’indomani, mi è stato permesso di scrivere ai miei per chiedere le cose più necessarie: vestiti, dentifricio... Ho scritto: «Per favore, mandatemi un po’ di vino, come medicina contro il mal di stomaco». I fedeli subito hanno capito.
Mi hanno mandato una piccola bottiglia di vino per la Messa, con l’etichetta: «Medicina contro il mal di stomaco», e delle ostie nascoste in una fiaccola contro l’umidità. (...) Non potrò mai esprimere la mia grande gioia: ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano, ho celebrato la messa. Era questo il mio altare ed era questa la mia cattedrale! Era la vera medicina dell’anima e del corpo. (...) Erano le più belle Messe la mia vita!"
card. Van Thuan, Testimoni della speranza, 167-8

"Nel campo di rieducazione, eravamo divisi in gruppi di 50 persone; dormivamo su un letto comune, ciascuno aveva diritto a 50 cm. Siamo riusciti a far sì che ci fossero cinque cattolici con me. Alle 21.30 bisognava spegnere la luce e tutti dovevano andare a dormire. In quel momento mi curvavo sul letto per celebrare la Messa, a memoria, e distribuivo la comunione passando la mano sotto la zanzariera. Abbiamo perfino fabbricato sacchettini con la carta dei pacchetti di sigarette, per conservare il Santissimo Sacramento e portarlo agli altri. Gesù Eucaristia era sempre con me nella tasca della camicia.
Ogni settimana aveva luogo una sessione di indottrinamento, a cui doveva partecipare tutto il campo. Al momento della pausa, con i miei compagni cattolici, approfittavamo per passare un sacchettino a ciascuno degli altri quattro gruppi di prigionieri: tutti sapevano che Gesù era in mezzo a loro. La notte, i prigionieri si alternavano in turni di adorazione. Gesù eucaristico aiutava in modo inimmaginabile con la sua presenza silenziosa".
card. Van Thuan, Testimoni della speranza, 170
grazie a dfra

Società verbosa


"Si tratta di un contesto - quello europeo e italiano - che non convince nell'insieme. Pur se in realtà c'è di fondo molta ansietà e paura, in superficie sembra dominare giocosità, verbosità, litigiosità un po' gratuite, diciamo quasi volute ad arte. La situazione in cui vivo [Gerusalemme] è molto diversa, in un certo senso molto più seria e profonda, naturalmente anche in quanto drammaticamente segnata dal costante "a fronte" di vita e morte. Qui [in Terra Santa] l'immagine [delle società occidentali] creata dai media, in particolare dalla televisione, è quella di una società che si diverte, che fa le notti bianche, con migliaia di attrazioni per tutti i desideri. Una società di questo tipo certamente non ha facilità a entrare nel mistero della Risurrezione, un mistero che si vive giorno dopo giorno, ma che richiede grande profondità".

C.M. Martini, Le tenebre e la luce, 140

martedì 8 aprile 2008

Prospettive di vita in Italia






Fiera del consumo critico

Milano Fiera-City 11-13 aprile 2008

Business sui bambini


Il business dei turisti bambini
Vecchie colonie addio, l’estate dei piccoli diventa frenetica
Franco Giubilei - Modena - Bambini italiani in vacanza, da soli, persino all'estero. Se non è l'inizio della fine del mammismo, è un piccolo segnale che anche da noi la barriera protettiva della famiglia intorno ai figli sta mostrando qualche crepa. E così, sempre più spesso, d'estate i ragazzini partono per conto loro, spediti dai genitori a imparare una lingua, a perfezionarsi in uno sport, o a seguire corsi di mini-trekking in montagna. (...) un mercato vasto - ogni anno oltre il 60% dei bambini fino a 14 anni va in vacanza almeno una volta - e in rapido mutamento: infatti se da un lato i bimbi di quell'età hanno tre mesi da riempire tutte le estati, dall'altro cala parallelamente il tempo a disposizione dei genitori, che mediamente hanno 15-20 giorni di ferie. Mettiamoci anche le abitudini provenienti dal resto d'Europa, per cui i figli piccoli da soli in vacanza non sono niente di scandaloso, ed ecco che i mini-viaggiatori crescono anche da noi.Soli è un modo di dire, perché con i bambini c'è sempre personale specializzato. Ma il concetto di vacanza lontano da casa è comunque realtà. «Ci sono tre tipologie principali - spiega Luigi Belluzzi di Studio Lobo, organizzatore del salone - il club soggiorno per apprendere una lingua straniera, che per i più piccoli è in Italia e per i più grandi è all'estero; i Camp sportivi dove s’impara o ci si perfeziona in una disciplina; e l'abbinamento fra soggiorno e parco-natura, dove i ragazzi si trovano in un contesto avventuroso e sono guidati al rispetto per l'ambiente».
(...)
I CAMP - Tre modi d’imparare divertendosi:
ISTRUZIONE - Imparare una lingua giocando, è la ricetta alla base dei Camp dove i bambini passano soggiorni della durata media di una settimana. Sono strutture dove i piccoli sbrigano le faccende quotidiane usando l’idioma che devono imparare. Ci sono insegnanti madrelingua, nelle attività di tutti i giorni domande e risposte vengono poste nella lingua straniera. La quota soggiorno si aggira intorno ai 350 euro alla settimana. Ce ne sono all’estero ma sono indicati per i ragazzi più grandi, 10-14 anni. I più piccoli vengono iscritti a villaggi in Italia.
SPORT - I Camp sportivi, fra i più richiesti, sono soggiorni dove i bambini imparano o si perfezionano in una disciplina. Normalmente si trovano in località di media montagna, e offrono una gamma ampia di soluzioni. In cima ai gusti dei maschi ci sono le scuole di calcio, seguite da basket, pallavolo e atletica. Fra le bambine vanno forte l'atletica, la ginnastica ritmica e il pattinaggio, ma nelle discipline emergenti non ci sono differenze di sesso: ai Camp di karate, tae-kwon-do e altre arti marziali si iscrivono sia ragazzi sia ragazze.
AVVENTURA - A fare scuola per i parchi d'avventura sono stati i francesi, poi i Camp naturali sono arrivati in Alto Adige, ora la tendenza va diffondendosi nelle zone appenniniche, sia al Nord che al Sud. È un tipo di vacanza che trova un seguito notevole fra i bambini: per periodi anche brevi, gli iscritti ai soggiorni avventura-natura imparano a muoversi lungo percorsi particolari, sospesi fra i rami e immersi nella natura. Ai ragazzi viene insegnato il rispetto per l’ambiente. Di centri del genere ne esistono in Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Calabria.

lunedì 7 aprile 2008

quattro mesi e tre giorni


Parole che riguardano proprio me


"Allora ho detto, ecco sono venuto: in un rotolo di libro è scritto su di me." Questa è la bella sorpresa di Davide nel suo salmo (40, 8): nel libro sacro ci sono parole che riguardano proprio me. Ogni lettore delle storie sacre ha fatto l'esperienza di Davide; di sentirsi nominare da qualche passo di quel libro. È l'emozione di Natanaele (Giovanni 1, 47 sgg.) che si sente chiamato da Gesù, quando gli dichiara di averlo visto steso sotto il fico. Il suo scatto di fede verso Gesù non viene dall'averlo visto, ma dall'essere stato visto da lui. Leggere i libri sacri dà a volte la sorpresa di trovare se stessi in certi versi. Allora ci si sente raggiunti come d'estate dal frammento di cometa che s'incendia proprio davanti ai nostri occhi spalancati al buio.
Qualcosa del genere su scala minore avviene con le opere della letteratura. Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch'io un pezzo dell'idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. Perché il libro, anche il sacro, appartiene a chi lo legge e non per il diritto ottenuto con l'acquisto. Perché ogni lettore pretende che in un rotolo di libro ci sia qualcosa scritto su di lui.
Erri De Luca, Alzaia, 117

A proposito della gaffe del dirigente Telecom


Può insegnare qualcosa il caso Luciani?
Credo che, aldilà della topica su Waterloo che ha fatto il giro della blogosfera e oltre, la vicenda di Luca Luciani e del suo discorso meriti, più a freddo, qualche considerazione in più, anche sullo stimolo dei molti commenti che sono arrivati su questo e su altri blog). L’azienda totale. Non so quanti di voi abbiano mai partecipato a una convention aziendale. Non sono tutte uguali, d’accordo, ma spesso il clima è quello che traspare dal video su Luciani. Un dirigente strapagato, a volte tanto ignorante quanto arrogante, che cerca di stimolare la truppa con un discorso di sapore militare. Luciani ha incarnato perfettamente questo stereotipo, al punto che molti commentatori dei blog hanno dubitato della sua veridicità. Luciani - come tanti suoi colleghi che ho visto con i miei occhi in passato - ha usato tutti i luoghi più comuni del genere: la sindrome di accerchiamento (le cinque potenze nemiche che però verranno sconfitte da Napoleone), la metafora calcistica (voi segnerete e dagli spalti finalmente applaudiranno), l’attacco ai giornali nemici (che scrivono tutti cazzate). Questo arroccamento aziendalistico - noi contro il resto del mondo, noi che stringiamo i denti per fargliela vedere ai cattivoni là fuori - ha qualcosa della setta religiosa e va nella direzione esattamente contraria ai modelli più avanzati di aziende trasparenti, che si confrontano e si contaminano con l’esterno. Non è la topica su Napoleone che fa pensare a quanto è messa male Telecom: è la subcultura di chiusura (tanto più grave in un’azienda moderna di comunicazioni) che sta dietro a tutto il delirante discorso di Luciani.
2) La trasparenza inevitabile. (...)
3) La censura di YouTube. Onestamente, non so che cosa avrei fatto io se l’altro ieri mi fossi trovato nelle condizioni di Luciani. Probabilmente però avrei fatto qualcosa tipo un post su un blog o un video su YouTube, se possibile un po’ autoironico e scherzoso, per sdrammatizzare il più possibile. Tipo: okay, ho detto una cazzata, non sarà né la prima nè l’ultima, alle medie tiravo palline di carta con la cerbottana e mi sono distratto durante la lezione di storia. Magari il video l’avrei fatto pure con il cappellino da asino, sorridendo, davanti a una riproduzione del famoso quadro di Napoleone ad Austerlitz. Credo che tutti avremmo simpatizzato per uno capace di non prendersi sul serio. Invece Luciani e la sua azienda si sono comportati come il ministero dell’informazione nordcoreano e hanno fatto rimuovere il video. Ottenendo così un doppio effetto: primo, confermarsi un’azienda totalitaria e premoderna; secondo: non cancellare davvero il video, che continua a circolare come prima. Una scelta censoria è quasi sempre deprecabile, ma nel 2008 (con tutti i blog e i siti che hanno ripreso il discorso di Luciani fino a farlo ritornare su YouTube) è assolutamente inutile e controproducente.
4) Il comportamento dei giornali. (...)
Alessandro Gilioli