sabato 28 marzo 2009

Pensaci Tu.


Caro confratello,
che il Padre del cielo ti doni quel riposo
che quelli che avrebbero dovuto essere tuoi "padri" terreni non ti hanno saputo dare.
Che il Figlio Gesù ti sussurri quelle parole affettuose
che una parte della Chiesa non ha saputo dirti.
Che il Consolatore si prenda carico delle tue buone opere,
che chi avrebbe dovuto ricordare ha dimenticato.
Che in Cielo tu possa trovare una autentica Famiglia!
don Chisciotte

A proposito dei mega-eventi di questi giorni

Sintesi
Non avrai altro io all'infuori di me.
da Jena de La Stampa

Oggi i funerali di don Silvano

Tra le tombe i pensieri della signora Teresa
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 7 settembre 2008
La signora Teresa va spesso al cimitero. «Conosco più gente di là che di qua», dice. A dire la verità conosce anche abbastanza gente di qua per fermarsi a chiacchierare con tutti quelli che incontra. Chiacchiere, messaggi e rimproveri. «Come sono tristi quelle tombe senza neppure un segno religioso! Possibile che neppure la morte faccia pensare al Signore?». Passando davanti a tombe che sembrano piuttosto serre di fiori esotici commenta: «Che sperpero? Ma sarà per onorare i genitori o per esibire la ricchezza?». Su qualche tomba nota la foto di un cane o il modellino di una moto: «Sarà stato anche un cacciatore appassionato, sarà stato anche un motociclista spericolato, ma possibile che tutta una vita si riduca a un hobby?».
La signora Teresa ne ha per tutti, tra un requiem e un cenno di saluto semina critiche e consolazioni. Ma davanti alla tomba dei preti si ferma a lungo, in silenzio: come per ascoltare una confidenza, per ricordare una parola che, gridata dal pulpito o suggerita in confessionale, ha incoraggiato una scelta, ha dissolto un’angoscia, restituito il sorriso. È vero, cara signora Teresa, non basta la morte a spegnere l’eco di una voce amica che ci ha fatto del bene.

venerdì 27 marzo 2009

giovedì 26 marzo 2009

Per tenere i cuori aperti


Qui i link dei tre filmati
in cui è raccolto il monologo di Roberto Saviano,

ieri sera a "Che tempo che fa",
tratti direttamente dal sito della Rai.
Una delle rarissime volte
in cui possedere un televisore ha un senso.

parte prima
parte seconda
parte terza

Saviano a "Che tempo che fa" (25.03.09): "I camorristi vi tolgono la felicità"

Morire

"L'uomo può dire: 'Voglio morire',
ma è incapace di realizzare il contrario: 'Io non voglio morire'".

T. Spidlik, "Maranathà". La vita dopo la morte, 99
postato il 12.12.07

mercoledì 25 marzo 2009

Malati di solitudine

Un libro descrive un fenomeno che non riguarda solo la sfera della emozioni
Secondo gli esperti, l'isolamento indebolisce l'organismo e complica la vita
Solitudine in aumento. Un danno per la salute
C'è quella di chi detesta gli altri, quella di chi non ha più niente da dire, quella voluta e quella sofferta, quella che rilassa e quella che fa impazzire. La solitudine possiamo incontrarla dappertutto, anche in mezzo alla gente. E secondo le ultime statistiche riguarda quasi 4 milioni di italiani e il 20% della popolazione mondiale. Il professor John T. Cacioppo, docente di psicologia della University of Chicago, studia questa condizione umana da anni (...) Le sue pagine descrivono una società nella quale i momenti di socializzazione sono rarissimi, concentrata più sul mondo virtuale che sulla realtà, e denunciano anche gli effetti che questa situazione provoca sulla salute.
In primo luogo perché ci abbrutiamo tra sigarette e pasti consumati fissando il pc. E poi perché la solitudine distrugge la nostra capacità di parlare e di muoverci, rende più coriaceo il guscio che ci separa dal resto del mondo e ci indebolisce. Anche fisicamente. "Non è solo una sensazione - spiega Cacioppo - ma una minaccia: ha effetti devastanti, ad esempio, su coloro che soffrono di pressione alta". Chi vive da solo e si sente un po' giù di corda difficilmente fa sport, più spesso si rifugia nel cibo, nella tv, nell'alcol o nelle sigarette. (...) Tra il 1985 e il 2004 la General Social Survey americana ha stilato una serie di statistiche basate su 1500 interviste a cittadini americani, facendo loro delle domande molto semplici: quanti amici hai? Con quante persone ti puoi confidare? La maggior parte degli intervistati ha risposto in modo vago, molti addirittura non sapevano cosa dire. (...)
"La solitudine è un segnale di dolore che spesso la società non recepisce - continua - Per intensità e carica devastante, potremmo paragonarla alla rabbia o alla sete". Lo psicologo precisa inoltre che la società guarda più alla quantità che alla qualità delle cose, e che questo criterio spesso viene adottato nelle relazioni sociali. "Pochi ma buoni: la quantità spesso va a scapito della qualità: è quello che ripeto ai miei pazienti". (...)
Pasolini scriveva che "bisogna essere molto forti per amare la solitudine": le tragedie di ogni giorno ci ricordano che tanto forti non siamo.

Lavoro...

martedì 24 marzo 2009

Giornata di digiuno e di preghiera per i martiri missionari


Sul sito dell'agenzia Fides trovi le motivazioni di questa giornata
e l'elenco dei missionari uccisi negli ultimi anni.

Qui il link al Movimento Giovanile Missionario.

A proposito di "matrimonio" (in senso lato)

Se pensate che celebrare un matrimonio (civile o religioso che sia)
indichi sempre una sana volontà di amare,
fatevi una scorpacciata di bestiate
legate al "giorno più bello della vita".
Senza pessimismo, ma onestamente.
don Chisciotte

Il più grande plastico ferroviario: Miniatur Wunderland Hamburg

lunedì 23 marzo 2009

Un anno fa il Battesimo di Martina

«La preghiera è l'unico legame con la realtà
- se per "preghiera" si intende semplicemente
un'attenzione massima e non preoccupata di alcun risultato,
un'attenzione così pura che chi la esercita non sa di esercitarla».

Christian Bobin, Il distacco dal mondo, 59

L'ozio...

Costringete gli uomini a stare sdraiati per giorni e giorni: là dove guerre e slogan hanno fallito riuscirebbero i divani. Perché le operazioni della noia superano in efficacia quelle delle armi e delle ideologie.
Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza

Anche in tv c'è umanità

La «fede» di House
Non vogliamo santificare House: è dichiaratamente ateo, a tratti flirta con l’idea dell’eutanasia o dell’aborto, e questo non lo condividiamo. Ma sarebbe così stupefacente sentirlo scagliarsi contro la droga o il sesso incestuoso – come avviene con discrezione e ironia in certe puntate –, se fosse un Santo da "immaginetta"? Se avesse l’aureola non colpirebbe lo spettatore quando si fa interrogare dalla manina del feto che sbuca dall’utero aperto, e gli abbraccia il dito della mano, restando poi incantato ore e ore a riguardare quel dito e domandarsi il mistero di una vita nascosta ma presente.
È un lavoro in corso, quello che avviene nell’animo di House, e sollecita lo spettatore ad un lavoro proprio perché offre un approccio sofferente e empatico che non dà risposte preconfezionate. A differenza di quanto accade troppo spesso nella realtà, qui il medico non è il “fornitore di un servizio” cui ogni richiesta è equivalente, ma sa riconoscere una buona da una cattiva risposta, sa trovare la forza di non fornire la seconda. House intuba e rianima il jazzista nonostante tutti abbiano paura di trasgredire il suo testamento biologico che chiede di lasciarlo morire.
La collega dottoressa Cuddy non è da meno: alla richiesta di House di un’iniezione di morfina, in realtà gli inietta un placebo, sapendo che la droga non è la risposta al dolore e alla solitudine. Anche nei passaggi più inquietanti, quando House indulge verso aborto o eutanasia, non possiamo non restare turbati, ma sentiamo la sproporzione tra ciò che House vorrebbe e quello che, assediato dalla sua solitudine, riesce a fare; in fondo l’uomo solo non può che dare risposte incomplete.
Quando finisce la storia di una ragazza stuprata che è arrivata ad abortire, i colleghi cercano di rasserenare House (che ha certo preso parte alla decisione) e gli chiedono perché si preoccupa, in fondo «ha fatto il suo lavoro», ma lui d’improvviso ha un gesto di stizza violento e grida: «Adesso ci raccontiamo che l’abbiamo aiutata... Noi ci sentiamo tanto bravi, ma abbiamo solo fatto piangere una ragazza». House va anche dalla maestra depressa che non vuol più farsi curare e insiste con tutti gli argomenti possibili, fino alle urla, perché non ceda alla tristezza e alla solitudine. Non lo fa perché questa stenda un “testamento biologico”, ma per risvegliare in lei (e in sé!) l’amore alla vita. House sa stupirsi: sbaglia, digrigna i denti, ma sa riconoscere l’umano quando lo incontra.
L’idea che le storie di House contengano un messaggio esistenzialmente profondo, viene chiarita dalle parole del suo autore, David Shore: «C’è un sottofondo filosofico nello show, un’opportunità di parlare della vita e di come viverla. Penso che i buoni show debbano trattare di dilemmi etici e di questioni di etica. Le storie di successo gettano il personaggio in situazioni in cui giri a destra o a sinistra. E qualcosa di brutto accadrà se vai a destra, ma accadrà qualcosa di brutto anche se vai a sinistra: quale soluzione è la peggiore? Questa serie ha molti di questi momenti, ed è una grande opportunità, ma produce anche delle nuove possibilità per la mia personale visione del mondo». È una sorpresa quando il protagonista (l’eroe) di una fiction è un tipo decisamente cinico.
Qui sta la genialità di chi ha creato la serie di House: non essere scontato ma proporre un itinerario eticamente buono usando le parole, le immagini, e anche le debolezze umane che normalmente veicolano ben altro tipo di messaggi. Perché “una strana morale”? Perché è una morale che “non fa la morale”. Con i suoi aforismi, i suoi apologhi, con le sue idiozie e le battute dei colleghi di House, questa serie riafferma dei valori forti e fermi, pur con le sue contraddizioni, col suo cinismo e il suo ateismo urlato (ma solo per darsi un tono, molto probabilmente). In fondo la morale non è solo escatologia, ma anche riaffermare la verità sull’uomo.
Attenzione, comunque: House è un “cattivo”, è cinico. Ci è richiesto uno sforzo per superare l’impatto con questi comportamenti negativi, per arrivare a capire il messaggio principale della fiction, non fermarsi a quello che si vede, ma fissare il punto decisivo: il cambiamento e lo stupore di una mente cinica. Certo, se volessimo sintetizzare in una frase il pensiero di House non potremmo altro che ripetere il suo famoso aforisma: «Tutti mentono». Ma dovremmo anche capire che dalla serie emerge la spiegazione a questa frase: «tutti mentono» perché tutti hanno paura. E il telefilm invece di essere un elogio alla bugia è una pietra scagliata contro la paure, perché ne mostra limiti e orride conseguenze patologiche. David Shore, creatore e sceneggiatore della serie, usa House a questo fine.
Qualche volta usa House, altre volte le forti condanne della paura vengono da altri personaggi della serie, come quando di fronte al cinismo di House, una ragazza stuprata grida «Ogni vita è sacra!», o quando la collega, cui domandano a proposito di una bambina che perderà un braccio «che qualità di vita avrà», risponde «la vita ha sempre delle qualità».

domenica 22 marzo 2009

Messe in tv

Non so bene perché a volte mi faccio del male volontariamente:
ho visto ancora una volta una parte della Messa in tv,
quella della Domenica mattina.

Assemblee di plastica; stile del celebrare più simile al medioevo che al 2009; ministranti-statuine;
canti da concerto; parole che non parlano.

Ho fondati dubbi che queste trasmissioni non siano strumenti di evangelizzazione, bensì pantomime dello spettacolo, ossequiose agli stili della tv generalista.
Con questo non voglio togliere nulla all'ex opere operato,
né alla buona fede di chi le segue.
E pensare che sarebbe uno spazio ottimale per mostrare-far vivere
ciò che è la Liturgia della Chiesa.
E non un'altra cosa.

don Chisciotte

dalla Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II
14. È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, « stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato » (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in forza del battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma e della promozione della liturgia. Essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano, e perciò i pastori d'anime in tutta la loro attività pastorale devono sforzarsi di ottenerla attraverso un'adeguata formazione. Ma poiché non si può sperare di ottenere questo risultato, se gli stessi pastori d'anime non saranno impregnati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia (...).
19. I pastori d'anime curino con zelo e con pazienza la formazione liturgica, come pure la partecipazione attiva dei fedeli, sia interna che esterna, secondo la loro età, condizione, genere di vita e cultura religiosa. Assolveranno così uno dei principali doveri del fedele dispensatore dei misteri di Dio. E in questo campo cerchino di guidare il loro gregge non solo con la parola ma anche con l'esempio. (...)
30. Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l'atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio. (...)
48. Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente. (...)

Siamo noi!

Melloni ricorda l’ultima pagina del Giornale dell’Anima di papa Roncalli, Giovanni XXIII, scritta il 24 maggio ’63, pochi giorni prima di morire: «Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere, anzitutto e dovunque, i diritti della persona umana e non solo quelli della chiesa cattolica. (...) Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio».