sabato 20 settembre 2008

A proposito di "bene comune"

Meglio che comandare
di Massimo Gramellini
Cibo, migrazioni, energia: sfide epocali incombono sul pianeta Terra, ma la lettura dei giornali consente di seguire passo dopo passo le strategie con cui i politici di tutto il mondo hanno deciso seriamente di affrontarle. Dunque: Rachida Dati, ministra del presidente Sarkò (quello famoso per aver divorziato da Cecilià e sposato Carlà) è incinta di un uomo misterioso che qualcuno sostiene possa essere addirittura Aznar, l’ex premier spagnolo la cui figlia ha sposato il banchiere Agag, amico di Flavio Briatore, il quale quest’estate si è unito in matrimonio con Elisabetta Gregoraci ma ha litigato con Daniela Santanchè che flirta politicamente con Berlusconi, accusato da Sabina Guzzanti di aver flirtato, non solo politicamente, con le sue ministre, peraltro apparse su diverse copertine nell’atto di baciare con passione i loro fidanzati: giovani e tosti, ma mai quanto l’esquimese che ha messo incinta la figlia diciassettenne della vice di McCain, Sarah Palin, di cui si sussurra che abbia, o abbia avuto, un amante che forse è Aznar, o Sarkò, o un Briatore dei ghiacci alla guida di una Renna(ult), o magari lo stesso McCain, che però potrebbe anche vivere una intensa e travagliata love story con Barack Obama e anzi mentre scriviamo sta già circolando la voce che i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti abbiano avuto un figlio in provetta, Michael Jackson. Vi terremo informati.

venerdì 19 settembre 2008

Io consiglio di consigliare... bene!

Auguri di cuore a tutti i Consigli Pastorali Parrocchiali
e ad ogni altra forma di sapiente "Consigliare".

L'ordine del giorno del consiglio pastorale
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 03.02.08
«Dov’è finito l’ordine del giorno del consiglio pastorale?». Il consigliere, che è già in ritardo, cerca invano nel mucchietto di posta il foglio recapitato da qualche giorno. Dà la colpa alla moglie, che per mettere ordine rende irreperibile quello che serve. La moglie dà la colpa a lui, che vive nella confusione e nella frenesia degli impegni e non si ricorda dove mette le cose. «Beh! Ce lo leggerà il segretario!». Che cosa dice il foglio con l’ordine del giorno dimenticato tra lettere e giornali? Il povero ordine del giorno sospira e si lamenta. Si lamenta perché il suo smarrimento significa che il consigliere non l’ha letto, se non forse con una rapida occhiata. Significa che sui diversi punti all’ordine del giorno non ha potuto fermarsi a pensare, di certo non ha sentito il parere di nessuno, non ha raccolto documentazione né si è fatto un parere personale. Significa che se interviene nel dibattito è per un intervento deciso sul momento, sollecitato da questo o da quello. Forse però starà zitto, come tanti consiglieri che non hanno consigli da dare. Così la riunione finisce prima. Ma sarà servita a qualche cosa?

Società attiva

Un sito interessante dei movimenti antimafia:
http://www.ammazzatecitutti.org/

giovedì 18 settembre 2008

Lavoratori

E' il giorno dei commenti alla fine della trattativa
per dare un nuovo assetto alla società Alitalia.
Un dramma pluridecennale che non ha certo bisogno del mio intervento.
Però una parola posso scriverla,
su ciò che sembra oggetto di polemica su tutti i giornali:
l'esultanza di alcuni dipendenti all'annuncio del "non-lieto-fine".
Certamente la tragica situazione occupazionale di migliaia di persone non può far esultare
e molte famiglie in queste settimane saranno in angoscia,
specie quelle che nemmeno nei tempi d'oro avevano lucrato sull'azienda.
Non posso nascondere, però, che non aver piegato la testa
alla supponenza di una proposta "prendere o lasciare",
mi fa rendere omaggio a chi l'ha fatto per principio e non per stupida arroganza.
Neanche in questo caso abbiamo visto gli uomini di mediazione di cui abbiamo bisogno;
forse abbiamo incrociato qualche buon ragioniere dei conti...
ma anche i numeri sono stati girati e rigirati a piacimento.
Tant'è che ora si può tranquillamente dare la colpa all'una e all'altra delle parti,
sicuri di avere almeno una parte di ragione.
Purtroppo si sa chi sarà lasciato a casa dal lavoro,
e non sarà chi avrebbe dovuto avere - come compito e come passione -
di avere a cuore il bene di tutti, specie di coloro che rischiavano di più.
E ha fallito, alla faccia dell'"Adesso intervengo io e sistemo tutto al più presto".
Onore a chi davanti ad un futuro incerto ha preferito andarci a testa alta.

Non solo brevi

In breve
di Massimo Gramellini
Qualcuno si stupirà che lo scriva proprio io, dal basso delle mie 25 righe, ma stiamo morendo di troppa brevità. Nella civiltà delle immagini alla parola è rimasto un unico ruolo: quello di didascalia. Ormai persino gli sms sembrano comizi. Va un po’ meglio ai cartelli di protesta e ai cori da stadio, eppure la comunicazione contemporanea richiede frasi ancora più brevi, meglio se con riferimenti erotici, capaci di galleggiare per qualche tempo sopra le chiacchiere smozzicate che televisioni, computer e giornali ci rovesciano addosso di continuo. «Yes we can» (Obama). «Pitbull col rossetto» (Sarah Palin). «Ho fatto sesso in tutti gli Stati degli Usa» (questa non è Sarah Palin, ma l’attrice Eva Mendes, ieri). «Presidente, da lei mi farei toccare» (santa Valentina Vezzali, patrona degli arrivisti, mentre fa un fioretto a Berlusconi). Chiunque provi a tessere un ragionamento o ad avventurarsi sul terreno minato della consecutio temporum viene considerato un tipo bizzarro e palloso. Non c’è tempo per ascoltarlo, non c’è voglia, non c’è spazio nei nostri cervelli saturi. Anche del passato si tramandano soltanto i frammenti: «Panta rei», «L’Etat c’est moi», «I have a dream». Gli scrittori sopravvivono sulle carte dei cioccolatini, purché abbiano coniato qualche battuta memorabile: Oscar Wilde e Flaiano surclassano Gadda e Dostoevskij. Ogni frase-slogan viene estrapolata dal contesto e vive una vita propria, spesso antitetica alle intenzioni dell’autore. La morale di tutto ciò? È un discorso lungo. Appena riesco ad accorciarlo, ci incarterò un cioccolatino.

Urli vari


Qualche volta può far bene un bell'urlo!
Qui ne trovi una galleria!

Milano capitale dell'uso della cocaina

Consumi in forte ascesa tra i giovanissimi. Minidosi da 10 euro
Dalle acque depurate emerge che ogni giorno in città si consumano 10.000 dosi
Milano coca-market: spaccio ai ragazzini
La cocaina in mano ai ragazzini, questa è la nuova frontiera dello spaccio alla milanese, l'ultima strategia del supermercato dei sogni chimicamente perfetti. "Fammi fare un colpo", "Quanto vuoi per un colpo?". Un tempo questa frase ambigua avrebbe potuto sottintendere un crimine o un po' di sesso. Non è più così, nel vocabolario degli adolescenti. Quartiere Greco. Tre ragazze vanno da sole verso un gruppo di giovani neri. Da lontano la scena è semplice. Uno dei maschi è lo spacciatore, intasca dalla bionda una banconota da dieci euro e infila qualcosa, forse un cucchiaino di plastica, in una bustina trasparente. I sociologi la chiamano "minidose", lei e le amiche, no: davanti allo spacciatore, la ragazza sniffa, sorride, si è fatta "il colpo". E con il colpo in canna, cioè nel circuito sanguigno, eccola pronta per una serata distratta, se vorrà esserlo, o d'allegria, se deciderà di ridere.
Almeno per un po', in effetti, è così che funziona la cocaina, che però resta un pianeta in parte inesplorato persino per i tossici più incalliti. La parola benzoilecgonina difficilmente suggerirà qualche cosa a chi non è medico, ma è un metabolide della cocaina, cioè la coca si trasforma in quella sostanza quando passa attraverso l'organismo umano. "Abbiamo analizzato le acque che passano dal depuratore di Nosedo, i nostri lavori del 2006 e del 2007 indicano che ogni giorno a Milano si consumano circa diecimila dosi di cocaina. E nel week end salgono a quindicimila. Abbiamo fatto analoghe analisi a Lugano e Londra. Bene, Milano è la città dove, in percentuale al numero degli abitanti, il consumo è il più alto". Questa visione di Milano capitale europea del consumo della cocaina non viene proposta da un poliziotto allarmista o da uno scrittore di noir, ma da uno scienziato, Silvio Garattini del celebre istituto Mario Negri. Perché questa città va sempre più a mille e non tutti ce la fanno a reggere i suoi ritmi vagamente ostili. Tanto che "negli ultimi anni - cifre fornite su nostra richiesta dalla Prefettura - si assiste a un incremento di segnalazioni a carico di medici, infermieri, autisti, forze dell'ordine, avvocati". Cioè, durante i controlli (diciamo antidoping) a persone sospette, qualche volta si fa il test antidroga: emerge così questa "trasversalità" della roba. Nel 2004 c'erano state 3069 segnalazioni di persone da inviare poi al Sert, il servizio della Asl che si occupa di tossicodipendenze, ma l'anno scorso sono state 4129: magari la Borsa avesse lo stesso tipo d'incremento. Milano dunque "sempre più in alto", o sempre più in basso, come raccontano i tantissimi casi di cronaca. Dalla pr della moda che, dopo un festino con amici e poi qualche altra striscia a casa sua, ha preso il bambino appena nato e insieme con lui s'è lanciata dalla finestra. Al giovane diciassettenne sbandato che, più volte aiutato da don Gino Rigoldi, una notte è scappato dalla comunità, s'è preso quanta più coca potesse e ha ammazzato, con un complice, un transessuale, con una violenza inaudita. I segnali esistono, pochi sembrano volerli leggere. Ma è bene sapere che "nel 2010 il numero dei consumatori di cocaina potrebbe aumentare del 40 per cento rispetto al 2007". Lo sostiene un'analisi della Asl coordinata da Riccardo Gatti (www. droga. net). Ha organizzato un "prevo. lab", una sorta di "stanza delle previsioni", che se sbaglia, sinora ha sbagliato per difetto. Dice Gatti: "La percezione della droga come pericolo e trasgressione è stata progressivamente sostituita" dall'idea che sia un "semplice prodotto - potenzialmente innocuo e controllabile - da assumere liberamente, in qualunque momento e in qualunque luogo", per "una vita diversa per qualche ora". Un sogno chimico a cottimo. Una "polverina magica come quella delle favole".
Ma dietro c'è il mercato dello spaccio. Con i pusher che replicano il modello distorto del supermercato per "fidelizzare" la clientela. C'è un conto da fare. Un po' d'aritmetica applicata alla strada. Oggi tra i 6 e gli 8 euro puoi prendere un aperitivo alcolico partecipando a un happy hour, che qualche volta più che comunicare "happy", rappresentano il massimo dell'infelicità milanese. Sempre a 8 euro si può comprare una microdose di eroina (0,20 grammi) necessaria a far calare l'eccitazione da coca. A 8,5 euro trovi l'hashish e a 6, quando c'è, la marijuana. L'ecstasy non manca, ma tra i giovani "fuori giri" di Milano è una cosa o da "tamarri" (i fuori moda della periferia) o da sudamericani. Tra i 10 e i 15 euro è possibile, come abbiamo visto, il "colpo", la botta al cervello della cocaina che "sale". Risultato: gli spacciatori si sono livellati al costo medio della "serata". Un progetto che rende, stando agli studi statistici del dottor Roberto Mollica, sempre della Asl: in Italia nel 2005 i giovanissimi erano il 3,5 per cento dei consumatori, ma nel 2006 sono saliti a 3,9. Nella provincia di Milano erano 3,5, sono arrivati a un bel 4,3. Intorno al vecchio Duomo "sulla popolazione tra i 15 e i 19 anni (pari a 161.580 ragazzi) i consumatori sono 7mila circa", aumentano sempre, sono sempre più giovani.
E mentre scriviamo, Colombia, Bolivia e Perù stanno aumentando anche la produzione. Fabio Bernardi, ora capo della Mobile a Bologna ed ex capo della Narcotici a Milano spiega che questa "produzione è arrivata ormai a 900 tonnellate anno, e il 60 per cento arriva dalla sola Colombia". Sono gli "eserciti" a gestire il traffico, visto che "le famose Farc hanno quasi il monopolio della coltivazione", gli acquirenti in Italia "soprattutto le 'ndrine calabresi, poi le organizzazioni camorristiche più che quelle siciliane, ma - tanto per spiegare - noi a Milano beccammo il responsabile di un centro per abbronzature che gestiva direttamente il traffico e aveva 70 chili in deposito, insomma se hai la liquidità e non hai paura, puoi rischiare". Negli ultimi giorni, in mano a tre illustri sconosciuti, tre gangster di mezza tacca, sono stati trovati 300 chili di
"bamba". Sembra tanta, è solo goccia nel fiume di droga che, tra pub e discoteche, chioschi dei panini e piazze, scorre florido e carsico. L'affarismo senza scrupoli milanese sa far di conto molto bene. Un chilo di cocaina costa millecinquecento dollari quando lo si compra in Colombia, ma sulla piazza europea vale dai 20 ai 23mila euro, e cioè venticinque volte di più. "Tutti noi dell'antidroga - continua Bernardi - guardiamo Milano perché è la città che detta la tendenza generale, come anche Madrid e Londra, e quello che preoccupa moltissimo è che la dose minima, una volta, costava non meno di 70 o 60 euro, cifre basse, ma non bassissime". Ma poi gli spacciatori, siccome "il mercato europeo della cocaina è in ascesa mentre quello americano è saturo", hanno inventato la minidose, destinata ai più giovani, e mettendo la cocaina nelle mani di tutti. Solo grazie al tanto criticato pm di Potenza John Woodkock è venuto a galla quel giro di cocaina che per anni ha imperato e prosperato nella zona di corso Como, quasi del tutto indisturbato. Gli interrogatori su veline e soubrette che tiravano "le righe" nei bagni della discoteca vip Hollywood hanno svelato quanto fosse (e sia) un fenomeno di massa. ell'ultimo mese il repulisti tra i locali della movida milanese è stato continuo. Hanno acchiappato "Paco", ma solo perché ha portato la roba a domicilio a una cliente brasiliana, e stando ad accuse e indagini, l'ha violentata. Poi sempre in corso Como sono stati placcati dai carabinieri due nigeriani che, credendo di non dare nell'occhio, usavano la bicicletta per pedalare da un cliente e l'altro.
Arresti, arresti, sempre pochi rispetto alla tanta gente che vende e compra "l'additivo", per innalzare il numero dei giri della propria ingrippata macchina umana. Nelle interviste ai vip milanesi, ricorre spesso una domanda: "C'era una volta "la Milano da bere", oggi che cosa c'è?". Già allora quella era la Milano non solo della moda, della Borsa e di Bettino Craxi, ma anche di Angelo Epaminonda, detto il Tebano, che aveva il monopolio della cocaina rosa. Un quarto di secolo dopo, non c'è alcun monopolio, c'è solo tanta merce. Chi ne fa un uso autistico, la classica sniffata da solo, prima di vedersi una partita alla tv. Esiste l'uso empatico, per sentirsi tutti insieme. C'è chi la ordina usando "skype", su Internet, che non è facilmente intercettabile. È in mano a tutti, la cocaina, in questa nuova "Milano che si beve l'anima".
(14 settembre 2008) articolo

mercoledì 17 settembre 2008

Conversione intellettuale


Si tratta di una conversione intellettuale. Essa tocca, infatti, l'intelligenza che, dopo aver vagato attraverso opinioni e punti di vista confusi, diversi, contraddittori, finalmente trova un principio per il quale riesce a decidersi e a operare, non sotto l'influenza dell'ambiente o del parere degli altri, bensì per una illuminazione chiara e profonda.
Mi preme sottolineare che la conversione intellettuale è parte del cammino cristiano, pur se sono poche le persone che vi arrivano perché è certamente più comodo, più facile accontentarsi di ciò che si dice, di ciò che si legge, di come la pensano i più, dell'influenza dell'ambiente anche buono. Tuttavia, il cristiano maturo ha assoluto bisogno di acquisire convinzioni personali, interiori per essere un evangelizzatore serio in un mondo pluralistico e segnato da bufere di opinioni contrastanti. In altre parole, la conversione intellettuale è propria di chi ha imparato a ragionare con la sua testa, a cogliere la ragionevolezza della fede grazie a un cammino, forse faticoso, che lo rende capace di illuminare altri.
L'opera di Luca - Vangelo e Atti - rappresenta quello stadio dell'itinerario cristiano in cui una persona, dopo la decisione religiosa di esser tutta del Dio di Gesù Cristo, dopo quella morale di vivere un'esistenza secondo la disciplina e gli insegnamenti della Chiesa, vuole a ogni costo cogliere il cammino cristiano nel mondo, nell'insieme delle filosofie e delle teologie tra loro diverse, con una chiarezza che deriva appunto dall'aver imparato a orientarsi in mezzo a un contesto difficile. Luca insegna a orientarsi nel mondo pagano, a paragonare le tradizioni religiose pagane con quelle ebraiche, a mantenere la fedeltà al Dio di Israele, al Dio creatore e in Gesù redentore, pur vivendo al di fuori del popolo ebraico. La comunità primitiva si trovava di fronte a gravi problemi intellettuali e teologici; per esempio: bisogna imporre le forme religiose ebraiche, anche disciplinari, ai pagani oppure occorre operare una nuova sintesi? Gli Atti degli apostoli ci fanno capire che è possibile un'evangelizzazione planetaria, che non è necessario riprodurre semplicemente il modello israelitico di pensiero e di pratica religiosa. Il grande merito di Luca consiste nell'aver affrontato in maniera diretta ed esplicita il problema della cultura religiosa, della conversione intellettuale, quindi anche dell'evangelizzazione delle culture.
E la sua opera deve esserci particolarmente cara oggi, dal momento che viviamo in un universo culturale scomposto e confuso. Anche al tempo di Luca erano venute meno le ideologie e si assisteva a una mescolanza di vecchie e nuove filosofie, di riti che venivano dall'oriente, di religioni misteriche; la gente era perplessa, inquieta, aveva bisogno di orientamento, di certezze, di imparare a cogliere l'unità del disegno divino.
Ispirato da Dio, Luca ci ha offerto un modello di comportamento missionario al quale riferirci ancora oggi. Giovanni Paolo II lo riprende nell'enciclica Redemptoris missio, dove presta attenzione alle diverse religioni, alle varie culture, al dialogo interculturale, ma con quella libertà, chiarezza e serenità che sono proprie di Luca.
Vorrei inoltre osservare che la stessa grande teologia di Paolo è uno sviluppo delle intuizioni di Luca. L'apostolo costruisce una teologia che non si limita a rinnegare gli errori; essa tiene conto dei concetti buoni del rabbinismo sulla giustizia di Dio e delle riflessioni dello gnosticismo sull'unicità del cosmo. Per questo è molto importante leggere il Vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli nell'approfondimento teologico di Paolo, in particolare nelle Lettere ai Romani, ai Corinti, ai Galati, agli Efesini, ai Colossesi.
Il Signore ha dunque provveduto alle colonne della sua Chiesa, a dirigere il consiglio e la scienza di questi uomini per insegnarci a meditare sui misteri di Dio, per permetterci di viaggiare tra genti straniere investigando il bene e il male, senza lasciarci contaminare, indagando la sapienza di tutti gli uomini e dedicandoci allo studio delle profezie (cfr. Sir 39). Luca è riuscito a operare una sintesi tra visione giudaica del mondo, a partire da Abramo e dalle profezie, e una visione cosmica che poteva anche essere compresa dai pagani, partendo dal Dio creatore e dal primo uomo, considerando quindi tutta la successione dell'umanità chiamata a un unico disegno.
Lasciamoci perciò scuotere dal messaggio lucano verso una conversione intellettuale, nel desiderio di utilizzare la nostra intelligenza per valutare i fenomeni e gli eventi che si verificano intorno a noi, per non esserne emarginati o intimoriti [...].
Il passaggio alla conversione intellettuale richiede sforzo, volontà, pazienza, tempo, ma vi invito a farlo. Rimango sempre perplesso quando, incontrando qualche comunità religiosa, anche contemplativa, mi accorgo che, pur conducendo una vita pia, devota, santa, sacrificata, questi uomini o queste donne non hanno l'intelligenza spirituale della situazione della Chiesa. I nostri Padri, come Agostino e Ambrogio, non si sono distinti solo per la pietà o per la moralità; essi avevano acquistato quell'intelligenza che può giudicare da sé ciò che è bene e ciò che è male, che può rendere ragione delle proprie opzioni di fede. Di questa maturità cristiana, che nasce dalla conversione intellettuale, noi abbiamo bisogno oggi per evangelizzare un'Europa così sofisticata e attraversata dalle più strane correnti di pensiero.
CARLO MARIA MARTINI, Incontro al Signore Risorto I, 68-70

La rivista teologica

E' uscito il nuovo numero della rivista teologica del Seminario di Milano:

Editoriale
Celibi e coniugati per il ministero ordinato , 315-317
MARCO PALEARI
La tradizione delle Chiese orientali (II), 319-344
GABRIELE CISLAGHI
La tradizione della Chiesa latina , 345-367
MARIO DELPINI
L'esperienza del diaconato permanente, 369-375
XAVIER LACROIX
Perchè parlare della durata e della fedeltà?, 377-396
ALFONSO VALSECCHI
L'Eucaristia origine e meta dell'unità della Chiesa , 397-420
visita il sito

martedì 16 settembre 2008

Charles De Foucauld


Due brevi testi di fr. Charles De Foucauld,
che ieri avrebbe festeggiato i 150 anni.

"Rendersi estranei ai modi di pensare, di parlare, di agire delle persone del mondo; non occuparsi di quel che pensano, dicono, fanno; fare ciò che è più perfetto, imitare Gesù, non cercare di essere eccentrico, originale - Gesù non lo era - ma nemmeno aver paura di sembrarlo, se le persone del mondo giudicano tale quel che facciamo perché è il più perfetto, perché Gesù l'avrebbe fatto... Se il mondo ci giudica male e ci trova pazzi, tanto meglio, saremo più simili a Gesù!".

"Si può sempre far molto con l'esempio, la bontà, la preghiera, stringendo più strette relazioni con anime tiepide o lontane dalla fede, per ricondurle, a poco a poco, a forza di pazienza, di dolcezza, di bontà, per effetto della virtù più che dei consigli ad una vita cristiana oppure, ancora, entrando in relazioni d'amicizia con persone del tutto contrarie alla religione, per far cadere, con bontà e virtù, le prevenzioni che nutrono e per ricondurle a Dio... Bisogna estendere le nostre relazioni con i buoni cristiani per sostenerci nell'ardente amore di Dio e con i non praticanti, cercando di avere con loro, non solo rapporti mondani, ma legami di affetto cordiale, conducendoli ad aver per noi stima e confidenza e, per questo tramite, a riconciliarsi con la nostra fede. Bisogna essere missionari in Francia come nei paesi infedeli, e questo è compito di tutti i cristiani: sacerdoti e laici, uomini e donne".

lunedì 15 settembre 2008

Il valore della vita


E' successo in una città dell'Indonesia
Poveri in fila per ricevere 3 euro: 23 morti nella ressa
Una famiglia ricca stava distribuendo soldi alla folla. Poi la tragedia
Erano in fila, in attesa di ricevere quarantamila rupie (circa 3 euro). A distribuire i soldi, una famiglia ricca: i suoi componenti stavano distribuendo il denaro ai poveri di Pasuruan, a circa 800 chilometri a est della capitale Giacarta. La folla si è fatta via via più numerosa. E a un certo punto si è diffuso il panico. Così, la distribuzione di denaro si è trasformata in tragedia: almeno 23 persone sono morte schiacciate nella ressa. Altre otto persone sono in gravi condizioni. Lo riferiscono la polizia e i militari. articolo

Grida e sussurri

La fine della privacy e del pudore
L'amore urlato al tempo dei telefonini
Lo sviluppo tecnologico che ha inflitto danni permanenti alla società è il telefono cellulare
di Jonathan Franzen
Non sono contrario agli sviluppi tecnologici. (...) Benché i miei aggeggi preferiti siano quelli che salvaguardano attivamente la privacy, sono anche favorevole a qualsiasi novità tecnologica che non mi costringa a interagire con essa. (...) Le invenzioni che non riesco ad accettare, tuttavia, sono simili agli insulti che continuano a ferire, alle mazzate che continuano a far male. Lo sviluppo tecnologico che ha inflitto danni permanenti alla società — vale a dire, l'invenzione di cui non è nemmeno possibile lamentarsi in pubblico, malgrado i disastri provocati, pena il ridicolo — è il telefono cellulare. (...) Il mondo, dieci anni fa, non era stato ancora del tutto espugnato dalla chiacchiera. L'uso dei Nokia appariva un'ostentazione o una mania dei ricchi. Oppure, per essere generosi, una malattia, un'invalidità o una stampella. Sul finire degli anni Novanta, già si avvertiva a New York una morbida transizione metropolitana dalla cultura della nicotina alla cultura del cellulare. (...) Inutile dirlo, non c'è stato alcun dilemma. Il cellulare non era una di quelle trovate moderne, come il Ritalin o gli ombrelli extra large, alle quali si oppongono valorosamente numerose sacche di resistenza civile. Il suo trionfo è stato fulmineo e totale. I suoi abusi sono stati vituperati e condannati in saggi, articoli e lettere a vari direttori, e poi vituperati e condannati con maggior vigore quando gli abusi sembravano aggravarsi, ma è finito tutto qui. (...)
Parlo dell'abitudine, sconosciuta dieci anni fa, ma oggi diffusissima, di chiudere le conversazioni al cellulare sbraitando le parole «LOVE YOU!» O, ancora più opprimente e seccante, «I LOVE YOU!». Mi fa venir voglia di trasferirmi in Cina, dove non capisco la lingua. O di mettermi a urlare. Ammetto la possibilità che, tra tutte le persone che affollano la sala di attesa di un aeroporto, l'uomo più straordinariamente arido e incapace di amare sia io. È anche possibile, però, che la reiterazione abituale e frequente svuoti la frase del suo significato. (...) Ecco, questa confessione è inammissibile quando si parla davvero dal profondo del cuore. (...) Io non riesco a trattenermi dal pensare che siamo davanti a una sceneggiata: una recitazione istrionica, fatta in pubblico e imposta agli altri con un senso di rivincita. Se la dichiarazione d'amore di quella madre avesse avuto un peso emotivo personale e autentico, la donna non avrebbe dovuto usare qualche premura per salvaguardarla dalle orecchie del pubblico? Se era davvero sincera, dal profondo del cuore, non sarebbe stato meglio sussurrarla? Origliando la sua conversazione, da perfetto estraneo, mi sento coinvolto invece in una dichiarazione aggressiva di proprietà. È come se quella donna stesse dicendo a tutti i presenti: «Le mie emozioni e la mia famiglia valgono di più della vostra tranquillità». E inoltre, come sospetto spesso: «Voglio far sapere a tutti che, a differenza di molte persone, tra cui quel bastardo di mio padre, io sono una donna che esprime sempre l'amore che prova per i suoi cari».O forse, travolto da un'irritazione che adesso comincia a sembrarmi un po' lunatica, mi starò immaginando tutto? (...) articolo completo

domenica 14 settembre 2008

A 15 anni dal martirio di don Puglisi


Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. E' in corso la causa di beatificazione.
Informazioni sul sito a lui dedicato.

Modena City Ramblers - Il bicchiere dell'addio

Per due amici che stanno partendo per Roma.
Confidando che per loro ci siano voci di festa, rumori di bicchieri, una ballata e tanto calore!