sabato 5 luglio 2008

Fiorello imita Ignazio la Russa

Il modello di uomo

Operatori di pace


«Beati gli operatori di pace », dice l'evangelista, o carissimi, «perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). A ragione fioriscono le virtù cristiane in colui che è concorde con gli altri nella pace cristiana, né si giunge a essere chiamati figli di Dio se non attraverso il nome di operatori di pace.
E' la pace, carissimi, che fa uscire l'uomo dalla schiavitù e gli dà un titolo nobiliare, cambia agli occhi di Dio la condizione di una persona facendo del servo un figlio, dello schiavo un uomo libero. La pace tra i fratelli è volontà di Dio e gioia di Cristo. E' perfezione della santità, regola della giustizia, maestra di dottrina, salvaguardia dei costumi, disciplina lodevole in tutte le cose. La pace è per le preghiere un'intercessione, per le suppliche una via facile ed efficace, è l'appagamento pieno di tutti i desideri. La pace è madre dell'amore, vincolo di concordia, segno manifesto di un animo puro, che può chiedere per sé a Dio ciò che vuole. Domanda tutto ciò che vuole e ottiene tutto ciò che domanda.
La pace si deve conservare per comando sovrano, perché lo stesso Cristo Signore dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27), che è come dire: Vi ho lasciato nella pace, voglio trovarvi nella pace. Partendosene volle dare quello che desiderava di ritrovare in tutti al suo ritorno. E' di Dio piantare la pace fin dalle radici; del nemico strapparla dalle radici. Infatti come l'amore fraterno è da Dio, così l'odio è dal diavolo; per questo l'odio è da condannare sotto tutte le sue forme, poiché sta scritto: «Chiunque odia il proprio fratello è un omicida» (1 Gv 3,15).
Vedete dunque, fratelli carissimi, perché si deve amare la pace e apprezzare la concordia; sono queste infatti che generano e nutrono l'amore. Sapete poi che, secondo l'Apostolo, «l'amore è da Dio». (1 Gv 4,7); perciò è senza Dio chi non ha l'amore.
E allora, o fratelli, osserviamo i comandamenti che ci danno la vita; la fraternità sia tenuta ben unita con i legami di una pace profonda; sia tenuta ben stretta con il vincolo salutare dell'amore che copre un gran numero di peccati. Noi dobbiamo abbracciare con tutti i nostri desideri l'amore che ha un premio speciale per ognuno dei suoi aspetti buoni. La pace si deve custodire più di tutte le altre virtù, perché Dio è sempre nella pace. Amate la pace e tutto sarà tranquillo. La vostra pace per noi sarà un premio, per voi una gioia e la Chiesa di Dio, fondata nell'unità della pace, potrà godere di una coesione perfetta in Cristo.
san Pietro Crisologo

venerdì 4 luglio 2008

Sempre "dopo"


La "pillola del lunedì": ora è boom tra le teenager
I ginecologi "le figlie più informate delle madri"
di Laura Pertici
È la pillola del lunedì. È la pillola delle ragazzine. Ogni ventiquattr'ore cinquecento giovanissime mandano giù una pasticca per paura di rimanere incinta. Ma è soprattutto dopo il fine settimana che la cercano, quella pillola. Le richieste schizzano ogni lunedì. In Italia è boom della contraccezione d'emergenza, si sta diffondendo soprattutto tra quante hanno tra i 14 e i 20 anni. Sono le adolescenti le più informate, coloro che consumano la metà delle confezioni vendute (...)
L'Aied, l'Associazione italiana per l'educazione demografica, ha messo a confronto la conoscenza di donne di tutte le età per capire il fenomeno (...) Quindi le figlie sono molto più informate delle madri sui luoghi deputati all'assistenza, in caso di rapporto a rischio. Sanno benissimo che la pillola del giorno dopo va presa entro 72 ore e preferibilmente nelle prime dodici. I genitori sono quasi sempre all'oscuro dell'attività sessuale che le riguarda. Mamma e papà neanche immaginano del ricorso al Norlevo. (...)
Eppure la Sigo all'inizio di giugno denunciava: la pillola del giorno dopo sta diventando l'unica forma di contraccezione usata dalle giovani. Come dire niente condom, niente spirale, niente pillola contraccettiva, niente cerotto, ormai le ragazze trasformano in emergenza anche la routine. (...)
http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/cronaca/boom-pillola-lunedi/boom-pillola-lunedi/boom-pillola-lunedi.html
Servizio TV su Repubblica:
http://tv.repubblica.it/copertina/quello-che-le-ragazze-non-dicono/21808?video

giovedì 3 luglio 2008

Parabola sufi


"Un giorno il sultano volle decorare in modo specialmente bello la sala del suo palazzo. Perciò fece venire due squadre di pittori da luoghi molto distanti tra loro come Bisanzio e la Cina. Ciascuna avrebbe affrescato una delle lunghe pareti parallele della sala. Ma l'una non doveva sapere che cosa dipingesse l'altra. Assegnò dunque una parete a ciascuna squadra, senza permettere loro di comunicare: in mezzo alla sala una tenda appositamente collocata impediva ogni comunicazione tra i pittori dei due lati.
Quando l'opera fu terminata, il sultano si diresse prima a ispezionare l'affresco dipinto dai cinesi. Era invero di una bellezza meravigliosa. «Niente può esser più bello di questo!», disse il sultano, che con tale convincimento nell'animo fece scorrere la tenda perché apparisse la parete dipinta dai greci di Bisanzio. Ma su quella parete i greci non avevano dipinto nulla, l'avevano solo lustrata, pulita e ripulita fino a trasformarla in uno specchio di un biancore misterioso che rifletteva, come in un elemento più puro, le forme della parete cinese; le forme e i colori acquistavano una bellezza inimmaginabile che non sembrava di questo mondo: una nuova dimensione, diremmo, per gli occhi e lo sguardo umani".

Considerando il rischio assunto dalla scelta un po' estrema dei pittori bizantini, la filosofa Maria Zambrano si chiede: che mai sarebbe successo qualora gli artisti cinesi (magari memori dell'amor vacui caro alla loro tradizione taoista) avessero optato per una soluzione pittorica altrettanto radicale dei bizantini, dipingendo a loro volta una parete perfettamente non figurativa e acromatica, in qualche modo non meno «vuota». Nessun imbarazzo - risponde la filosofa - anzi, ne sarebbe scaturito infine un tripudio della luce, perché «in quel caso la sala sarebbe risultata un luogo privilegiato perché la luce viaggiasse da una parete all'altra, perché la luce mostrasse quel che ha di creatura alata: quella colomba che sorge dalla luce quando le si offre l'occasione». Insomma, un ping-pong vertiginoso e incessante, un lumen de lumine. E se invece - piuttosto che splendido - l'affresco cinese fosse invece risultato mediocre? Beh, anche in tal caso l'esito sarebbe risultato nient'affatto irreparabile, poiché l'effetto specchio del «biancore incandescente ne avrebbe riscattata l'opacità come capita alle immagini riflesse nell'acqua».
Morale della favola di questa felice congiunzione tra esuberanza ed estasi, tra know-how cinese e apofasi bizantina: «Niente è brutto, se Io si guarda in un altro elemento più puro, più intelligente. E, portando all'estremo la situazione, si potrebbe presentire» - addirittura - «che lo sguardo sia capace di riscattare ogni bruttura, ogni mediocrità, lo sguardo di chi, guardando, sappia creare un elemento purificato, lavato, come la parete bizantina».
E, più radicalmente ancora, «pensare che prima di fare qualsiasi cosa, prima non solo di imprimere un'immagine, ma di riceverla, prima di pensare qualsiasi cosa, occorra pulirsi e ripulirsi lo sguardo, l'anima, la mente, affinché si assimili, per quanto umanamente possibile, al biancore che è pura vibrazione, vibrazione velocissima che riunisce tutte le vibrazioni che generano il colore, mostrandosi in apparenza come quiete e passività. E ogni lettore può seguitare per proprio conto le serie delle interpretazioni».
cfr M. Zambrano, Le parole del ritorno, 76-78.

mercoledì 2 luglio 2008

Senza lacci


Stringhe addio: nelle scarpe un'ideologia libertaria.
di Marco Belpoliti
Un’estate senza lacci.
Quattro o cinque anni fa la Converse All Star, la famosa ditta americana di scarpe da basket, ha messo in commercio un paio di scarpe da ginnastica prive di lacci che un sistema di elastici sotto la linguetta permette di indossare senza perderle per strada camminando. Il tratto decisivo delle scarpe è che possiedono ancora gli anelli per infilare i lacci, ma nella scatola con cui si vendono non ci sono proprio.
Una delle persone che lavorano per l’azienda americana le ha probabilmente viste ad Harlem o a Los Angeles, oppure a Vancouver, indossate da una qualche banda di adolescenti, come un altro paio di scarpe, sandali da doccia, calzati da un gruppo di ragazzini bianchi che si travestono da gangster americani, con un look da loro stessi definito «di quello che picchia la moglie». Su indicazione della loro scout, DeeDee Gordon, la Converse ha tagliato la parte posteriore di una scarpa sportiva, le ha applicato la suola di un sandalo, e ne ha venduto mezzo milione di paia. (...)
Ci sono gli innovatori, dotati di spirito d’iniziativa; poi degli opinion-makers che trasmettono alla maggioranza, i consumatori, la scelta del piccolo gruppo. Così è accaduto per le Crocks. (...)
La produzione non dura molto, al massimo due o tre anni. L’oggetto compare sul mercato e poi scompare lasciando a bocca asciutta i consumatori più abitudinari, quelli che avevano fatto fatica ad accettare il prodotto, per poi innamorarsene perdutamente. (...)
Lacci sì o lacci no è una disputa interessante anche dal punto di vista antropologico. Uno dei passaggi decisivi nella vita è la capacità di fare i nodi alle scarpe. (...)
Lacci sì o lacci no ha anche un altro risvolto, che potremmo definire psicologico. I lacci annodati sono una prova, un piccolo rito di passaggio, dall’adolescenza vero l’età matura. Oggi che di lacci ce ne sono sempre meno - le scarpe maschili ma anche femminili evolvono verso la forma a «ciabatta» -, si può supporre che l’intera società manifesti, attraverso le calzature, una qualche forma di immaturità? Probabile. (...)
I lacci presuppongono una società più formale, indirizzata verso forme più costrittive - una sorta di «sorvegliare e punire» della scarpa. Forse per questo i ragazzi che hanno inventato - o reinventato - la scarpa senza lacci volevano indicare una forma di liberazione, oltre che di necessaria infantilizzazione della nostra società. Crescere è una questione di nodi. Comporta fatica e costrizione. (...)

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/blog/hrubrica.asp?ID_blog=230

martedì 1 luglio 2008

Il troppo storpia



La carica di stimoli ha prodotto un cortocircuito nella libido. Le unioni si scoprono caste
Quaranta coppie su cento rinunciano ad ogni rapporto fisico. E lo fanno con orgoglio.
Circondati da troppo sesso è boom di chi si astiene
Nell'era di YouTube l'uomo ripiega sulla "web trasgressione":
mettere in vetrina la propria donna nuda su internet
di Alessandra Retico
Molta noia e tanto sonno, ce ne sono di ragioni forti per girarsi dall'altra parte del letto. Buonanotte, tesoro: desiderio sottozero, appetiti assopiti. Di sesso se ne vede così tanto e se ne parla così a lungo che poi, nel corpo a corpo, tutto svanisce. (...) Per disaffezione, per tedio, perché pensano ad altro. Perché dopo la sbornia post rivoluzionaria della liberazione nei Settanta e dopo una giornata qualunque carica di allusioni, stimoli, strizzatine d'occhio, non se ne può più. La pubblicità, la tv, i reality e i talk show, internet e tutto l'osceno chiacchiericcio post pornografico sembrano aver provocato l'addio ai piaceri carnali: astinenza e inappetenza.
Matrimoni bianchi, unioni fraterne, relazioni incorporee. Mentre il paesaggio culturale si riempie di messaggi erotici, la libido si svuota. Asessuali, antisessuali, i nomi dell'amore di oggi sono privativi e ostili. Ormai nascono anche club, circoli, gruppi e ghetti di quelli che il desiderio non lo vogliono proprio, dentro l'istinto non ce l'hanno, l'hanno perso, non lo vogliono più. (...) Da noi la performance esistenziale mantiene uno stile più classico, e allora ci si gira dall'altra parte. Sempre di più, sempre più lui. Dall'ultimo congresso della Federazione europea di Sessuologia cifre e temi non esattamente consolatori: il vecchio nostalgico calo di desiderio è triplicato in dieci anni. Poca fame d'amore. Rapporti anoressici. Quaranta coppie su cento ripudiano il sesso. Spesso è lui a dire ho mal di testa: teme il giudizio della compagna. Che prima si sente in colpa e poi dice sai cos'è, ti tradisco. Categoria in aumento, in vertiginoso progresso. Un disinteresse che inizia subito, presto, da giovani: "Nei ragazzi italiani siamo quasi all'anoressia sessuale" ha spiegato Giorgio Franco, andrologo della Sapienza di Roma. "A partire dall'adolescenza sono informatissimi ed emancipati, ma tra i 25 e i 35 non sanno gestire la sessualità giorno dopo giorno".
Molte parole, molte visioni, poche o nulle emozioni. Oppure troppe, esagerate: c'è la tipologia di coppia "bulimica" (...). Le metafore dei disturbi alimentari vanno molto tra gli esperti per descrivere la fuga dagli abbracci, dai letti, da se stessi: l'abbondanza che genera penuria, l'eccesso assenza. D'altra parte se pure con lo yogurt dovremmo farlo, allora capisci l'amore che fine ha fatto. Fluisce così cremoso che alla fine viene nausea. L'incontro vero è rimandato (sine die), il sesso finto, invece, hai voglia: emerge la sindrome di Amsterdam, dicono i sessuologi, techno trasgressione molto maschile che consiste nel mettere in vetrina la propria donna nuda su internet. Vedere e non toccare, bit al posto dei sensi. Crollati tutti i tabù, c'è sempre YouTube.
www.repubblica.it/2008/02/sezioni/scienza_e_tecnologia/sessualita/astinenza-sessuale/astinenza-sessuale.html

lunedì 30 giugno 2008

Metodo parabolico


"Chi racconta una parabola non intende solamente comunicare un'informazione agli ascoltatori; egli cerca il loro consenso, vuole che facciano una scelta. Deve rispondere alle loro difficoltà e raggiungerà lo scopo solo quando li avrà condotti a comprendere in modo nuovo la situazione. La situazione originale non costituisce dunque una circostanza estrinseca, senza importanza per la comprensione della parabola; questa è un elemento di tale situazione e assume senso solo nel rapporto che l'unisce alla situazione.
In questa linea, mi sembra poter riconoscere che molte delle parabole di Gesù suppongono una situazione in cui egli deve trattare con interlocutori che hanno un modo di vedere diverso dal suo. Anziché intavolare una discussione, che naturalmente finirebbe per aggravare l'opposizione, Gesù racconta una storia. Il dibattito è trasferito su un altro terreno, in cui sarà più facile per lui condurre l'ascoltatore a porsi in un'ottica che, in seguito, gli permetterà di vedere la situazione reale come Gesù la vede. La parabola diviene così lo strumento per condurre il dialogo ed evitare gli insabbiamenti della controversia".
Jacques Dupont, Il metodo parabolico di Gesù, 34-38

Il paragrafo completo in
www.seitreseiuno.net/testi

domenica 29 giugno 2008

Dipendenze

Porno dipendenti
Cinquantamila torinesi trascorrono due ore al giorno a scaricare film hard
In America la chiamano «XXX Generation». In Italia, pornodipendenti. C’è chi dice che dietro questo nome si nasconda una nuova patologia, fatta di ore trascorse davanti a uno schermo, gli occhi che si muovono compulsivi da un sito all’altro. Alla ricerca di sesso? No, di immagini.
La vittoria dell’etere sulla carne è fatta anche di numeri. E soldi. Cesare Guerreschi, un medico che lavora sui maniaci da sesso virtuale da quasi vent’anni, stima che il sei per cento della popolazione adulta soffra di pornodipendenza. (...) Per non parlare degli altri, quelli che alimentano il mercato della pornografia che, solo in città, si stima macini oltre venti milioni di euro l’anno. Ed è una stima al netto ribasso. (...) le dimensioni reali del fenomeno ci sfuggono.
La medicina ufficiale ancora non la riconosce, ma non esita a definirla una patologia, lui che a lungo è rimasto invischiato nel mondo dell’hard-core illimitato. Racconta che è «come il gioco d’azzardo, l’eroina. Nulla di diverso, gli effetti sono devastanti allo stesso modo. Forse peggio, in certo senso, perché è un’ossessione che non ti molla nemmeno un minuto in tutta la giornata». Significa «autodistruggersi. Tutta la tua attenzione, la concentrazione, finisce lì. Niente amici, niente rapporti, il lavoro spesso diventa un ulteriore opportunità per farsi del male. Vivi in una costante eccitazione, come fossi perennemente drogato».
Ed ecco che il confine tra vita reale e virtuale diventa sfumato: un momento stai controllando le «blue chips» chiedendoti cosa succederà il giorno dopo in Borsa, un attimo dopo sullo schermo compaiono le ultime prodezze di una pornostar. Con la sua associazione Vincenzo Punzi, negli ultimi anni, ha raccolto l’inferno sotto forma di storie, parole di disperati, gente che si accorge di perdere contatto con la realtà. Gente normale. (...)
Compulsivi. Ossessionati. Incapaci di riprendere il controllo di sé e del mondo circostante. Chi ha scambiato l’amore con un’immagine sa che non è la stessa cosa. E lo ammette: non c'è piacere. (...)
Chi ne è uscito si scaglia contro la pornografia. Dice che andrebbe vietata. (...)
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200806articoli/7196girata.asp

La confessione di Ramona
"Sta sempre su quei siti. Sono una vedova bianca"
Il mio problema ha un nome. Si chiama Paolo. Io ho 39 anni, lui 38. Stiamo insieme da cinque anni e da due conviviamo». Il problema di Ramona L. è cominciato tre mesi fa. «Lavoro nel settore informatico. Ho diversi computer, sia in ufficio che a casa, e da quando conviviamo ho scoperto la sua passione: scaricare film pornografici da Internet. Ore e ore». Ramona sa incunearsi tra le pieghe della rete. Sa ricostruire i movimenti di un pc, rileggere i passaggi a ritroso. E ha visto tutto: «Centinaia di siti web zeppi di video».
L’ha affrontato a muso duro. Ne ha ricavato silenzio e rancore. «Mi ha fatta sentire in colpa. Mi ha detto che lo fanno tutti, il suo è solo divertimento e io sono una bigotta, gelosa e impicciona». Ramona ha smesso di chiedere. Ma non di controllare: «Continua. Ogni giorno. Io faccio finta di nulla. Ho iniziato a farlo anch’io, di nascosto, ma non mi faceva alcun effetto. Tutto quello che ho ottenuto è far crollare la sicurezza in me stessa, la mia autostima. Perché ho paura di non piacergli più».
È come se uno schermo e una tastiera si fossero messi di traverso nelle storie d’amore. Mariti contro mogli, conviventi: vite che non s’incontrano più. Esistenze avvelenate. «Non so più cosa provi per mio marito. Quando la notte, a letto, mi si avvicina, sento i brividi. La pelle mi si accappona. Faccio finta di dormire. Sono diventata una vedova bianca».
Ognuna porta con sé un istante. Un fotogramma. Quando questa brutta storia è cominciata, quando la fiducia si è incrinata. O per la prima volta il dubbio si è insinuato e poi, un giorno, è arrivata la certezza. «Ero incinta - racconta Giorgia -. Lui diceva di non voler farmi male. Io, oggi, credo che avesse già incominciato a navigare. Poi è cambiato. Silenzi, sguardi annoiati, modi bruschi. Passava sempre più tempo davanti al pc. Visitava le chat. Poi è cominciata la storia degli sms».
Dice Giorgia che quando si finisce invischiati nei sospetti non c’è più speranza. «Sapevo che scambiava messaggi con alcune donne incontrate su quei siti. Ero quasi sicura che non si incontrassero, ma volevo esserne certa. L’ho pedinato, ho afferrato il suo telefono con il terrore di essere scoperta. Era pieno di messaggi. Ho trascritto quei numeri, ho provato a richiamarli. Ero impazzita. E ho scoperto che queste signore di mio marito non sapevano nulla. Nemmeno il nome. Avevano costruito con lui un mondo fatto di finzione. È stato il colpo finale. Per me e per il nostro rapporto».
Non c’è rabbia, in questi volti. Non c’è rancore. Solo paura di sentirsi «brutte». «Incapace di competere con le immagini patinate. Spaesata. Perché m’accorgi che il tuo compagno non ha piacere di toccarti, s’imbarazza se lo tocchi tu e, cerca sempre di nascondere qualcosa. Mi fa sentire sempre più insicura. E io ho paura».
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200806articoli/7197girata.asp