sabato 31 gennaio 2009

Non c'era posto

Burundi, Dicembre 2008
“Questa notte abbiamo messo delle stuoie per terra perché non c’era più posto”, dice con un sorriso preoccupato l’infermiera della Maternità.
Ed io con la mente per un attimo mi allontano … alla ricerca di ogni ‘posto che non c’è…
Non c’è posto nella valigia della partenza: l’ultimo pacchetto purtroppo resta fuori …
Non c’è posto nella jeep stipata di persone, di sacchi e di banane:
è troppo piena e qualcuno rimane a terra …
Non c’è posto nel grembo della mamma per il bimbo che ora sta nascendo:
il suo primo respiro è un nuovo alito di vita donato alla terra …
Non c’è posto per quell’ uomo che, attraversando il mare, ha perso il suo nome:
ora si chiama semplicemente ‘clandestino’…
Non c’è posto per la fragile creatura di ogni età quando la sua esistenza diventa incomprensibile o scomoda …
Non c’è posto nemmeno per una lacrima quando la sofferenza è troppo grande …
Non c’è posto per la disperazione quando la certezza dell’eternità è un brivido di infinito che scuote ogni istante vissuto …
Ed ora con la mente per un attimo mi avvicino ed ecco:
in ogni ‘posto che non c’è’ ritrovo stupita un po’ di Natale … e sono felice!
Un po’ di Natale ancora …
“… perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Luca 2,7)
Buon Natale!
Anna, dottoressa volontaria in Burundi

Foto magiche


Il mondo della fotografa italoamericana Sheila Bocchine è luminoso, colorato e catturato da un minuscolo forellino al posto del tradizionale obiettivo. La macchina utilizzata dall'artista di Phoenix si chiama pinhole camera ed è un apparecchio di produzione artigianale che sfrutta il principio della fotografia stenopeica, ovvero della camera oscura. Una sorta di scatola magica in legno, vuota e nera, con un foro del diametro di qualche decimo di millimetro su una parete e un foglio fotosensibile sulla parete opposta, è questo il segreto della pinohole camera. La tecnica di ripresa sfruttata è quella delle sperimentazioni fotografiche della fine dell'Ottocento ma il risultato è un'immagine dalla luminosità quasi accecante che si contraddistingue per i colori vividi e l'energia trasmessa. "I miei ritratti sono romantici, surreali, capricciosi, belli, unici - spiega Sheila Bocchine - e la fotografia pinhole è una fantasiosa interpretazione della vita". Le immagini vengono realizzate con un tempo di esposizione molto lungo per compensare le dimensioni del pinhole, l'obiettivo senza lente, e per questo spesso sono contraddistinte da un leggero effetto mosso (Benedetta Perilli). La rassegna fotografica.

venerdì 30 gennaio 2009

61 anni fa veniva assassinato Gandhi


“Sarete frustati, ma vi rifiuterete di sputare in viso al vostro carnefice. Vi chiuderanno in una prigione, e voi vi andrete senza spavalderia, sapendo che forse vi lascerete la vita. La nostra silenziosa disubbidienza sarà simile alla pietra che spezza il vomere, la gelo che spacca la pietra, al fiume che filtra nella montagna”.
“Dite sempre la verità, anche negli affari. Siate onesti, più onesti dei vostri avversari. L’odio non può generare che odio. Per questo noi non dobbiamo volere la distruzione dei nostri avversari. Gli inglesi e i boeri che ci opprimono hanno pure un senso di giustizia, di onore. Noi ci appelliamo a questo senso di giustizia, di onore, perché di restituiscano la nostra libertà. Ci ribelleremo soltanto alle leggi ingiuste, ma la nostra ribellione non sarà violenta. Ci lasceremo picchiare, mettere in carcere, finchè il senso di giustizia dei bianchi si sarà ridestato”.

Libro di semplici facce

Facebook, effetti collaterali
Quei contatti che non vuoi
Un libro fa luce sugli effetti collaterali della vita virtuale, dall'ansia all'invadenza dei "conoscenti"
"Mario Rossi added you as a friend". Il nome vi dice qualcosa. Solo dopo aver visto la foto capite che si tratta di quel compagno di liceo che vi stava antipatico. Per chi frequenta Facebook, una situazione di vita virtuale quotidiana. Che l'esperto in comunicazione Jason Alba ha voluto analizzare in un libro, I'm on Facebook - Now What???, il punto sul social network più popolare del mondo che attualmente conta circa 120 milioni di utenti dai 25 anni in su. Il libro si concentra sul bivio del "confirm" o "ignore": che fare quando a chiedere l'amicizia è una persona sgradita o che si vuole evitare?
Secondo l'autore, trovarsi di fronte alla scelta di confermare o ignorare - quindi respingere - una richiesta d'"amicizia" è una situazione che spesso condiziona l'utente e lo costringe a riprendere i contatti con il passato circondandosi di inutili "friends". "Ci sono persone che aggiungono alla lista anche i compagni d'asilo - spiega Alba - ma accettare inviti a raffica può provocare ansia e non aggiunge nulla alla vita privata".
"Non sono un sostenitore della net-iquette - racconta Paolo, medico di Milano - ignorare una richiesta di amicizia non è una scortesia, non rispondere a una telefonata, secondo me, lo è molto di più e se i contatti sono stati volutamente interrotti, tendo a rispettare la decisione presa nel mondo della socialità reale".
"Nella mia lista ho amici che a loro volta hanno centinaia di contatti. Conosco una ragazza che, dopo essere arrivata a contarne duemila, è finita sulle prime pagine dei giornali. A questo punto si parla più che altro di 'pubblico' - spiega Enzo Di Frenna, presidente dell'associazione Netdipendenza e creatore del social network Runfortecnostress - molta gente è ossessionata dal pensiero di incrementare la cerchia di amici perché se ne hai solo trenta puoi essere considerato meno 'popular'. Le confessioni sul mio forum spesso parlano di questo: alla domanda 'cos'è per te il tecnostress' una ragazza ha risposto 'aggiornare Facebook ogni mattina'".
Secondo Danah Boyd, ricercatrice presso la School of Information dell'Università di Berkeley, i social network non solo favoriscono l'ansia ma disabituano alla vita reale: "Andiamo verso una società di persone sempre più goffe e meno abituate a confrontarsi. Scrivere una frase ogni tanto è più facile, ecco perché si accettano anche amici che non si considerano tali".
Ex fidanzati, colleghi, conoscenti di conoscenti, vecchi compagni di scuola. Il panorama dei possibili amici ritrovati su Facebook percorre il solco della vita con accenti grotteschi. C'è chi, come Andrea, scrittore di Torino, aggiunge anche i contatti indesiderati e poi li cancella mentalmente: "Né un messaggio, né uno scambio di esperienze. Solo un educato rispondere 'Buongiorno anche a lei'".
C'è chi invece vive l'esperienza con entusiasmo: "Sono andata a cercare tutta la gente che frequentavo anni fa, anche persone che mi stavano antipatiche o con le quali avevo discusso", racconta Sara, impiegata di Pisa, che fa la grafica a Roma ed è felice di poter riaprire capitoli della vita che credeva chiusi. "Il tuffo nel passato è piacevole. Ai nostri tempi non c'erano i cellulari - spiega - e cambiando casa si perdevano i contatti con le persone con cui eri cresciuta. Rincontrarsi dopo 10-15 anni come se ci si fosse salutati il giorno prima è meraviglioso". "Ritrovare vecchi amici mi diverte ma mi dà anche malinconia - osserva Enrico, manager di Cuneo - mi è comunque capitato di scoprire su Facebook gente con cui avevo un rapporto non proprio roseo, e sono scappato a gambe levate".
Secondo lo psicoterapeuta Alessandro Meluzzi, Facebook è uno strumento di comunicazione ancora inesplorato: "Fino a qualche anno fa la nostra vita era identificabile con un percorso uniforme che ci permetteva, anno dopo anno, di tirare le somme tra chi andava e chi rimaneva. Esistevano passato e presente. Il social network ha annullato le distanze trasformando il passato in un continuo presente".
Secondo Meluzzi questa "eternalizzazione della vita" può avere effetti interessanti, ma il rischio di un utilizzo compulsivo dei social network è comunque da considerare. "Favoriscono l'ansia - conclude Meluzzi - la sincronizzazione della storia e la nascita di una 'reputazione telematica' ci carica di responsabilità. Il rischio è la 'sindrome da iperrealtà', che può trasformarci. Come accaduto con le immagini di guerra trasmesse in tv che, a poco a poco, ci hanno desensibilizzati di fronte alla violenza".

santa Martina

"L'artista ha a che fare con l'invisibile della bellezza.
Il santo ha a che fare con l'invisibile della grazia.
Ma, in confronto al lavoro delle madri,
artisti e santi non sono che dilettanti:
niente di più essenziale che servire quella piccola infanzia
sulla quale poggia l'architettura di tutti i mondi invisibili".
Christian Bobin, Il distacco dal mondo, 55

giovedì 29 gennaio 2009

Progressi

Dal « Primo Commonitorio » di san Vincenzo di Lerins, sacerdote
(Cap. 23: PL 50, 667-668)
Lo sviluppo del dogma
Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande. Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire? Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento. Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. II cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in un'altra. È necessario dunque che, con il progredire dei tempi crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto. La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi. Questi infatti, pur crescendo e sviluppandosi con l'andare degli anni, rimangono i medesimi di prima. Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe della vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi. Si cambia quindi l'età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse. Le membra dell'uomo adulto non hanno più le proporzioni da quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno, nell'embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale. Non vi è alcun dubbio in proposito. Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l'ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell'età matura si dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del Creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo. Se coll'andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisse di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l'organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso. Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l'età. È necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato. I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell'errore della zizzania. È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione. Poiché dunque c'è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l'andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.

La mia ..... è differente

Quante realtà potremmo sostuire alla parola "banca"...
oppure soltanto sogneremmo di poter sostituire.

mercoledì 28 gennaio 2009

Questione di marketing?!

Se la chiesa entra al super
La spasmodica ricerca di iniziative promozionali e di “creative” soluzioni di marketing retail ha spinto un centro commerciale messinese a creare una piccola cappella al proprio interno, per offrire alla clientela uno spazio destinato anche al “ristoro spirituale”.
Le vie del Signore – si sa - sono infinite. E da alcuni giorni passano anche tra i negozi di un centro commerciale. Già, perché a Tremestieri Etneo, cittadina di 22mila anime in provincia di Messina, a fine anno è stata inaugurata una cappella all’interno del Centro Commerciale Tremestieri. Come dire che, indaffarati a fare la spesa, a volte i clienti dei supermercati non hanno tempo di andare in chiesa. E quindi ecco l’idea: perché non creare “uno spazio dedicato al sentimento religioso dei lavoratori e dei visitatori del Centro”?. Detto fatto. Realizzata in modo volutamente semplice (...) la cappella si caratterizza per un piccolo altare dove spicca un crocifisso donato negli scorsi mesi da un cliente del Centro.
Indubbiamente si tratta di un’iniziativa singolare: la prima in Italia, a quanto pare, collocata all’interno di un punto vendita e forse prima nel mondo. (...)
La struttura - naturalmente - è stata benedetta dal parroco di Tremestieri, che ha lodato l'iniziativa. «Nella cappella - ha annunciato il presidente del Consorzio di Tremestieri, Maurizio Andronico (...) - i nostri clienti e i nostri dipendenti potranno pregare e partecipare, se lo vorranno, anche alla Santa Messa». Nonostante lo stesso Andronico abbia precisato che «non vuol essere un servizio della struttura, ma un riconoscimento alla tradizione e all’appartenenza alla religione cattolica», un tale zelo fideistico, tuttavia, lascia trasparire, se non proprio una trovata pubblicitaria, quantomeno un’iniziativa di dubbia etica di marketing.
grazie a PC per la segnalazione

il Concilio

Quanta ricchezza negli orientamenti che il Concilio Vaticano II ci ha dato! […]
A giubileo concluso sento più che mai il dovere di additare il concilio
come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX:
in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre.
Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte 57

martedì 27 gennaio 2009

Qualche giorno fa l'avevamo definito "scorretto"

Che c’entra il cardinal Martini con certi «fantasmi»?
di Piero Coda e Marco Vergottini
(...) Una prima regola invita a cogliere il significato di una parte collegandola al tutto; un’altra dice che la comprensione si attua nella fusione (non confusione) degli orizzonti del testo e del lettore; e, ancora, una terza che senza una affinità esistenziale l’interprete si preclude la comprensione del testo. Senza dire del sincero amore alla verità che ha da guidare interiormente tutta l’operazione.
La stessa pratica di un giornalismo di qualità avrebbe di che guadagnare dal frequentare i principi e l’arte dell’ermeneutica, per evitare che chi ha compito d’informare, anziché raccontare la realtà così come essa si dà, ne restituisca un’immagine arbitraria. Oppure, che il critico anziché far parlare il suo interlocutore pretenda di mettergli in bocca parole o intenzioni che questi non ha espresso.
Vent’anni fa il cardinale Carlo Maria Martini, in occasione di un convegno di giornalisti «Chiesa e opinione pubblica: le difficoltà del comunicare», uscì con una battuta che nessuno potrebbe contestare: «Informare è sempre arduo, ma informare sui fatti religiosi è sommamente arduo». Il riferimento all’anziano presule è tanto più pertinente, poiché in questi giorni – suo malgrado – è toccato a lui essere vittima di un’operazione che eufemisticamente si può presentare come una grave «mancanza di correttezza ermeneutica» nei suoi confronti.
In breve i fatti sono questi. Un noto vaticanista, Sandro Magister, ha pubblicato sulla rete una Newsletter (...) in cui si raccontano le traversie di un teologo gesuita americano, Roger Haight, il quale ha ricevuto una notifica della Congregazione della Fede in ragione di una serie di asserti problematici in materia di cristologia (...).
Fin qui la notizia di un fatto oggettivo. Se non che il giornalista ritiene di segnalare alcune singolari coincidenze: anche il cardinale Martini, tra l’altro, è un gesuita che ha pubblicato di recente un libro di grande successo, Conversazioni notturne a Gerusalemme, in cui parla diffusamente dell’umanità di Gesù. Così – si insinua – anche il cardinale Martini esprimerebbe la tendenza di chi esalta Gesù come uomo insigne e operatore di giustizia, ma offuscando la sua divinità. Mentre Benedetto XVI nel suo libro Gesù di Nazareth, parla di lui come «vero Dio e vero uomo». Dobbiamo attenderci che l’anziano porporato, che è insieme un riconosciuto studioso e un autorevole testimone della fede, faccia una smentita per riaffermare che per tutta la vita ha professato e tuttora professa la fede nella figliolanza divina di Gesù Cristo? Ci possiamo accontentare del fatto che tra pochi giorni sarà in libreria un suo nuovo volume dal titolo Incontro al Signore risorto? Oppure possiamo sperare che il vaticanista (al quale per altro abbiamo espresso di persona e garbatamente il nostro disappunto) tenga conto per deontologia professionale le elementari regole di ermeneutica sopra richiamate?
Una sana dose di prudenza e di autoironia, oltretutto, non fa mai male. Anche a chi ha il compito di informare sulla realtà e non sui «fantasmi » che eventualmente ci angustiano.
da Avvenire 27.01.09 p. 27 - edizione online

Azzeccatissimo!

Non c'è dialogo
di Massimo Gramellini
(...) devo confessare che la parola «dialogo» fa venire l’itterizia anche a me. Già Carlo Fruttero l’aveva depennata dalla lista delle espressioni pronunciabili. Appartiene al dizionario dei sogni spolpati: quei vocaboli ricchi di suggestione, che a furia di venire sbrodolati in modo infingardo perdono consistenza, diventando scatole vuote e un tantino irritanti.
La lista è infinita e nei ricordi della mia infanzia incomincia con lo «spirito di servizio» enunciato dai notabili democristiani ogni qual volta si catapultavano su qualche poltrona. Negli ultimi tempi c’è stato il ricorso sfrenato alla parola «squadra» da parte dei pescecani di Wall Street. L’hanno usata per incantare le maestranze e convincerle a dare il sangue per loro. Salvo poi sparire con il malloppo e lasciare la «squadra» in mezzo a una strada.
Adesso è il momento del dialogo, l’aspirina esistenziale che previene i divorzi, scongiura le guerre e favorisce l’armonia. E magari sarebbe davvero così, se chi parla di «dialogo» cominciasse a praticarne la prima regola: mettersi nei panni dell’altro. Il simbolo del «dialogo» non sono due lingue che si parlano addosso come nei talk show, ma due orecchie che ascoltano in silenzio le ragioni della controparte. Ecco, «silenzio» resta una delle poche parole che si possono ancora adottare con tranquillità, sicuri che nessun politico smania dalla voglia di impossessarsene.

Giornata della Memoria...

... sempre più debole, sempre più negata.




















L'ultima intervista del vescovo lefebvriano Williamson.

lunedì 26 gennaio 2009

Eclissi bellissima!


Bellissime immagini dell'eclisse in Indonesia!

Reliquie

Una reliquia della Passione
Se dovessi scegliere
una reliquia della tua Passione,
prenderei proprio quel catino
colmo d'acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede
cingermi dell'asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere
i nemici dagli amici,
e lavare i piedi del vagabondo,
dell'ateo, del drogato,
del carcerato, dell'omicida,
di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio
finché tutti abbiano capito nel mio
il tuo amore.
Luigi Santucci, Una vita di Cristo: «Volete andarvene anche voi?»

domenica 25 gennaio 2009

Virtuali relazioni

Raccomandazione della CEI
La Chiesa frena su Facebook: ecco le regole per usare i social network
Qualche tempo fa fece scalpore la scelta del cardinale Crescenzio Sepe di affrontare internet in prima persona
Nell'era di Facebook la Chiesa cattolica italiana riafferma la sua presenza in internet, della quale vuole sfruttare tutte le potenzialità in funzione «pastorale», ma, di fronte alle indubbie insidie dei social network, invoca regole, invita a «non parlare con gli sconosciuti», spera che l'etica continui a prevalere sulla tecnologia, e che il mondo virtuale non sostituisca le relazioni umane fatte di voci, sguardi, strette di mano.
Qualche tempo fa fece scalpore la scelta dell'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, di affrontare Facebook in prima persona. «Serve a diffondere la parola di Dio», aveva spiegato in quella occasione il presule napoletano. Più recentemente, è stato annunciato un accordo per dedicare all'attività pubblica del Papa un canale dedicato su Youtube. Insomma, la Chiesa italiana, pur confessandosi «not digital native», nata cioè prima della generazione di internet, ha dimostrato in molti modi di non temere la partecipazione ai nuovi «luoghi» della comunicazione: fra l'altro, istituendo, fin dagli albori di internet, un potentissimo centro informatico, il «Si.Cei» che si occupa dello sviluppo dei nuovi strumenti, ma anche della loro diffusione a diocesi, parrocchie, istituti religiosi.
Tuttavia, l'era dei social network, e le nuove modalità di relazione che essi impongono, non solo sulla rete ma anche alla società nel suo insieme, fa emergere - sostiene la CEI - nuovi interrogativi, con la quale ha voluto confrontarsi con un convegno (...) Il direttore dell'Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali della Cei, don Domenico Pompili li ha sintetizzati in tre questioni che la Chiesa ritiene fondamentali: come relazionare reale e virtuale sui social network, come impedire il nuovo individualismo che ne deriva e, ultimo ma non per ordine d'importanza, come essere sulla rete senza stravolgere la propria natura, la propria identità, il proprio linguaggio. Sfide che, se interessano la Chiesa per la loro attinenza con i valori cristiani, riguardano in realtà chiunque, prima o poi, finisca sulla rete. E le risposte non si sono fatte attendere. Lo sviluppo dei social network rappresenta - è stato detto - «una grande opportunità, ma anche causa di possibili ingiustizie», da usare quindi con il giusto discernimento e con senso di responsabilità. Occorre, insomma «assumere ed elaborare, in rapporto alle tecniche utilizzate, un sovrappiù di etica, capace di orientarci proprio nelle nostre scelte di connessione». Alle famiglie, un semplice consiglio, «diffidate dagli sconosciuti». Dal presidente della Cei, Mariano Crociata, una raccomandazione: «Internet oscilla tra esaltazione e diffidenza, sarebbe ora - ha detto - di trovare una giusta via di mezzo».

Festa delle Famiglie

"Nelle vite dei santi padri si racconta che quando Macario, il grande asceta, viveva nel deserto, un angelo gli apparve ordinandogli di seguirlo fino a una città lontana. Quando furono arrivati lo fece entrare in una povera dimora dove viveva un'umile famiglia. L'angelo gli mostrò la sposa e madre di quella casa, dicendogli che aveva raggiunto la santità vivendo in pace e in perfetta armonia, dal giorno delle nozze, e in mezzo alle molte occupazioni quotidiane, con tutti i suoi, e aveva conservato un cuore casto, una grande umiltà e un ardente amore per Dio. E Macario implorò da Dio la grazia di vivere nel deserto come quella donna viveva nel mondo".
Pavel Evdokimov, Il matrimonio sacramento dell'amore, 219