sabato 3 maggio 2008

Zoppicanti


"L'obbligo di annunciare la buona novella ci costringe a camminare simultaneamente al passo di Dio e al nostro: perciò avremo il più delle volte l'andatura dello zoppo o quella esitante di un cieco. Con tutte le nostre forze, il nostro spirito, il nostro cuore faremo dell'evangelizzazione l'applicazione del programma di Gesù Cristo. Ma questo programma che noi conosciamo affonda tutto in un piano che ci è oscuro. Del nostro lavoro di ogni giorno, sia pure perfetto, noi non sappiamo ciò che il Signore ne farà... e se molto maldestro o imperfetto, noi non sappiamo a che cosa servirà. Sappiamo soltanto che non andrà perduto ciò che si dona a Dio".
Madeleine Delbrel

venerdì 2 maggio 2008

Ciò che salva


Dalle «Omelie sul Cantico dei cantici» di san Gregorio di Nissa, vescovo
(Om. 15: PG 44. 115-1118)

Se davvero l'amore riesce ad eliminare la paura e questa si trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è proprio l'unità. La salvezza sta infatti nel sentirsi tutti fusi nell'amore all'unico e vero bene mediante quella perfezione che si trova nella colomba di cui parla il Cantico dei cantici: «Unica è la mia colomba, la mia perfetta, l'unica di sua madre, la preferita della sua genitrice» (Ct 6,9). Tutto ciò lo mostra più chiaramente il Signore nel vangelo. Gesù benedice i suoi discepoli, conferisce loro ogni potere e concede loro i suoi beni. Fra questi sono da includere anche le sante espressioni che egli rivolge al Padre. Ma fra tutte le parole che dice e le grazie che concede una ce n'è che è la maggiore di tutte e tutte le riassume. Ed è quella con cui Cristo ammonisce i suoi a trovarsi sempre uniti nelle soluzioni delle questioni e nelle valutazioni circa il bene da fare; a sentirsi un cuor solo e un'anima sola e a stimare questa unione l'unico e solo bene; a stringersi nell'unità dello Spirito con il vincolo della pace; a far un solo corpo e un solo spirito; a corrispondere a un'unica vocazione, animati da una medesima speranza. Ma più che questi accenni sarebbe meglio riferire testualmente le parole del vangelo: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).

giovedì 1 maggio 2008

mercoledì 30 aprile 2008

Fame


Una bambina eritrea, durante la guerra di liberazione del suo Paese,
viene condotta tra le truppe ribelli e passa con loro più di un anno.
"Non potendo confidare solo nella sorte, ho deciso di cercare da sola qualcosa da mangiare. Anche gli altri bambini, così come gli adulti che durante le regolari distribuzioni di cibo non ne avevano ricevuto a sufficienza, andavano a caccia di tutto quanto fosse commestibile. Si arrampicavano sugli alberi per frugare nei nidi, cercare uccelli, pipistrelli o scarafaggi. Rovistavano nel sottobosco vicino al fiume nella speranza di trovare tartarughe, sparavano alle poche gazzelle o agli altri animali selvaggi, oppure preparavano trappole per prendere topi, scoiattoli, roditori e gatti selvatici che si erano scavati le tane sottoterra. La gente del campo cucinava e mangiava tutto quello che capitava sottomano, cavallette e scarafaggi compresi. Erano i pasti più poveri che si possano immaginare: un paio di ossa cotte, brandelli di pelle, oppure quei pochi pezzetti di carne che si potevano ricavare da un uccellino. Io non ho mai partecipato alle battute di caccia perché non mangiavo carne. Non che avessi meno fame degli altri: il problema era proprio che non riuscivo ad affondare i denti in un soffice pezzo di muscolo, oppure a mangiare un brandello di carne strappato da una tartaruga. Tutti mi urlavano che ero pazza: preferivo morire piuttosto che mangiare qualcosa che non mi piaceva? Io però non avevo scelta. Anche se ero affamata, mi sarebbe bastato dare un morso a un pipistrello per vomitare subito. Mangiavo altre cose. Raccoglievo foglie un po' dappertutto. Facevo un fuoco con qualche rametto e le cuocevo in un barattolo arrugginito con un po' d'acqua argillosa. Non sapevano di niente, ma almeno avevo l'impressione di mettere qualcosa in pancia.A volte trovavo delle piccole rape nei campi abbandonati, oppure tuberi che cucinavo e mangiavo senza sapere che cosa fossero. Altre volte avevo ancora più fortuna e scovavo una cipolla che avevo già visto cuocere in pentola dai grandi. Le mie battute di caccia alle piante sono state particolarmente fruttuose soprattutto sul finire dell'estate, quando dappertutto sbocciavano i fiori di cactus, pieni di spine, ma molto succosi. Anche gli altri naturalmente mangiavano questi frutti: sfamavano e dissetavano allo stesso tempo. Purtroppo maturavano tutti insieme, e così dopo poche settimane, a causa del gran caldo, molti marcivano oppure si seccavano.A volte trovavo persino delle gaba, piccole noci selvatiche che molti non si prendevano neppure la briga di raccogliere proprio a causa delle loro dimensioni: spesso per aprire una noce occorreva più tempo di quanto ne servisse a mangiarne il contenuto. Io le cercavo lo stesso, me ne riempivo le tasche e poi passavo ore a romperle e a gustarle. Quando non riuscivo a trovare niente e la fame era così insopportabile da picchiarmi come un martello nella mente, mi calavo fin dentro il letto del fiume e mangiavo la terra. Toglievo lo strato esterno, ancora umido, fino a quando non arrivavo alla sabbia secca e la mangiavo. Manciata dopo manciata me la infilavo in bocca, e masticavo e ma¬sticavo fino a quando non riuscivo a inghiottirne un po'. Allora me ne mettevo in bocca altra e altra ancora, fino a quando non mi sentivo male. Il problema non era il sapore - la terra, soprattutto quando è secca, non è così disgustosa - ma il mal di pancia. Avevo crampi così forti che era come se qualcuno mi afferrasse lo stomaco e ne graffiasse le pareti. Alla fine vomitavo o mi veniva la diarrea. Non era piacevole, ma era sempre meglio che dover sopportare quella continua sensazione di vuoto. Era anche meglio essere chiamata "mangia-schifezze" che non mangiare niente del tutto. "Vigliacca!" mi gridavano. "Mangi quello che sei. Sei una schifezza perché mangi schifezze!" A me però non importava. "Quale essere umano mangia la terra?" mi chiedevano. "Io" rispondevo con orgoglio, e in quei momenti mi sentivo davvero speciale".
tratto da Senait G. Mehari, Cuore di fuoco, 171-174

martedì 29 aprile 2008

Spirito rivoluzionario?


"Nel tempo dell'inganno universale
dire la verità
è un atto rivoluzionario"
G. Orwell

lunedì 28 aprile 2008

Indagine sul rapporto con le sacre Scritture


Dopo questi ennesimi dati, mi domando:
quale verifica e quale autocritica
sapranno fare i pastori della Chiesa italiana?
cosa pensiamo di aspettarci
in termini di "vivacità" spirituale e morale
da un popolo così denutrito?
Dalla serie: "Così non possiamo dirci cristiani".
don Chisciotte

Dal sito SIR (Servizio di Informazione Religiosa):
Testo ritenuto di difficile lettura ma considerato dalla maggioranza della popolazione interessante. Poco letto ed utilizzato per la preghiera personale, ma presente nelle case. E’ la Bibbia, al centro di un’indagine condotta da Gfk – Eurisko, presentata in sala stampa vaticana e patrocinata dalla Federazione biblica cattolica, in vista del Sinodo dei vescovi che si terrà nel mese di ottobre e verterà sul tema della “Parola di Dio” nella vita della Chiesa. L’indagine è stata condotta in 8 Paesi Europei (Regno Unito, Germania, Olanda, Francia, Polonia, Russia, Spagna, Italia) e negli Stati Uniti per “valutare il rapporto della popolazione adulta con le Scritture”. E’ stato preso in esame un campione rappresentativo ed ecumenico (cattolici, protestanti e ortodossi). Riguardo alla frequenza di lettura, dall’indagine emerge che negli ultimi 12 mesi ha letto almeno un brano della Bibbia il 20% della popolazione spagnola, il 27% degli italiani e il 36% degli inglesi. La percentuale si alza per i polacchi (38%) e per i russi (35%) fino a raggiungere la punta del 75% degli americani. Solo negli Stati Uniti la lettura della Bibbia è la forma di comunicazione religiosa preferita. Il 30% dei tedeschi, il 31% degli italiani e il 34% dei polacchi preferiscono l’omelia mentre in UK, Olanda, Russia, Spagna e Francia prevale la fruizione in Tv di una trasmissione religiosa.
Nella preghiera (“comportamento molto più diffuso di quanto in genere si pensi”, sottolineano i ricercatori), si fa un ricorso alla Bibbia modesto rispetto al ruolo che le Sacre Scritture dovrebbero avere. Gli Stati Uniti rappresentano il caso più positivo con un 37% degli intervistati che prega utilizzando le Scritture. Questo valore resta alto anche in Polonia (32%) ma scende al 13% in Germania, al 9% in Italia e addirittura al 6% in Spagna. Nella casa di una larga maggioranza degli intervistati, vi è una copia della bibbia. L’unica eccezione è costituita dalla Francia dove meno del 50% degli intervistati ha in casa una copia della Bibbia. La Francia è anche l’unico paese in cui è prevalente l’opinione secondo cui nelle scuole non si dovrebbe studiare il testo biblico. Dalla ricerca emerge inoltre che prevalgono nettamente coloro che considerano il testo biblico “vero” su coloro che lo considerano “falso”, coloro che lo ritengono “interessante” (la soglia non scende mai sotto il 75%) su coloro che lo considerano “noioso”. Risulta anche che di fronte al messaggio biblico, la maggioranza degli intervistati ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un testo di non facile lettura e comprensione (la soglia si assesta al 65% in Europa).
http://www.agensir.it/pls/sir/V2_S2DOC_B.quotidiano?tema=Quotidiano&argomento=dettaglio&sezione=&data_ora=28/04/2008&id_oggetto=150797&id_session=guest&password=guest&quantita=

memoria di s. Gianna Beretta Molla (1922-1962)


Il 21 febbraio 1955 Gianna scrive a Pietro: “…Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà.”… “Ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana".
L’11 marzo scrive: “…Pietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! ma non sono capace - supplisci tu. Il Signore proprio mi ha voluto bene - tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: “sarò io degna di lui?” Sì, di te, Pietro, perchè mi sento così un nulla, così capace di niente, che pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi. E allora prego così il Signore: “Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri”. Va bene così, Pietro? Con tanto tanto affetto ti saluto. Tua Gianna.”
Il 23 marzo, scrive da Sestrière: “Carissimo Pietro, …è meraviglioso, quando si è in alto in alto, con un cielo sereno, la neve bianchissima, come si gode e si loda Iddio. Pietro, tu già lo sai, mi sento così felice quando sono a contatto con la natura così bella, che passerei delle ore in sua contemplazione".
Il 9 aprile, Gianna scrive: “… Pietro carissimo, tu sai che è mio desiderio vederti e saperti felice; dimmi come dovrei essere e ciò che dovrei fare per renderti tale. Ho tanta fiducia nel Signore e son certa che mi aiuterà ad essere la tua degna sposa. Mi piace spesso meditare il brano dell’Epistola della Messa di S. Anna - “La donna forte chi la troverà?…… Il cuore di suo marito può confidare in lei… non gli farà che bene, né mai gli recherà danno, per tutto il tempo della vita”. Pietro, potessi essere per te la donna forte del Vangelo! Invece mi pare e mi sento debole. Vuol dire che mi appoggerò al tuo braccio forte. Mi sento così sicura vicino a te!”.

Un sito a lei dedicato:

domenica 27 aprile 2008

Fondamenta


"La casa non poggia le sue fondamenta sul terreno,
ma su una donna"
proverbio messicano

Vocazione: seminaristi a Venegono Inferiore