sabato 29 marzo 2008

Identità e ferite


"Il desiderio ritrova le sue radici profonde nella reciprocità. Noi desideriamo essere desiderati e assaporiamo il desiderio degli altri per noi. Proviamo piacere quando l'altro trova piacere in noi. Per questo corriamo il rischio immenso di lasciare che l'altro ci veda in tutta la nostra vulnerabilità, consegnandoci nelle sue mani. Rowan Williams l'ha espresso in modo mirabile:

"In modo cruciale nella relazione sessuale io non sono più affidato a me stesso. Ogni esperienza autentica del desiderio mi mette all'incirca in questa situazione: non posso soddisfare da solo il mio desiderio senza snaturarlo o degradarlo. Questo manifesta in modo eminente che l'io non può cavarsela da solo. Perché il mio corpo sia una sorgente di gioia, mi permetta di stare in pace con me stesso, deve essere riconosciuto, accettato, valorizzato da qualcun altro. Questo significa: dipendere dalla creazione della gioia nell'altro, perché solo quando è orientato al godimento e alla felicità dell'altro il mio corpo può essere amato senza riserve. Desiderare la mia gioia è desiderare la gioia di quell'altro che io desidero. Quando cerco il godimento nel corpo dell'altro io tendo a far sì che il mio corpo sia fonte di godimento. Noi proviamo piacere quando doniamo piacere".

L'Ultima Cena è un invito a condividere l'immensa vulnerabilità di Gesù quando egli si consegna nelle mani dei discepoli. Questa vulnerabilità rimane per sempre. Quando Gesù risorge dai morti mostra le ferite delle sue mani e del costato: egli sarà ormai per sempre il Cristo ferito e risuscitato. Abbiamo il coraggio di imparare a essere così vulnerabili all'altro? Il coraggio di rischiare di essere feriti da quelli che amiamo?".
Timothy Radcliffe, Amare nella libertà, 65-66

Polvere


"Quando gli abitanti di un villaggio della Palestina chiesero a rabbi Yehuda Hanassi di inviare loro per maestro uno dei suoi migliori allievi, questi raccomandò loro rav Levi, profondo erudito e brillante oratore. Il nuovo maestro arrivò e la folla lo ricoprì di elogi, facendolo salire su un palco dal quale pronunciare il suo primo discorso di Torà (Legge). Ma quando rav Levi volle aprire bocca non ne uscì neppure un suono. Il suo cervello era vuoto. La folla cercò di incoraggiarlo con qualche domanda, ma Levi restò muto. Confuso e umiliato tornò dal suo maestro e raccontandogli l'accaduto aggiunse delle parole simili a queste: "Rabbi, mi rendo conto adesso che al momento di salire sul palco ho provato un soffio di fierezza che ha cancellato tutte le mie conoscenze di Torà". È bastato un piccolo inorgoglimento, un soffio di fiato tirato a sollevare il petto in alto e tutta una vita di studio si è ammutolita. Maestro è chi recide ogni giorno il prepuzio di orgoglio che ricresce sulla lingua di chi parla da un pulpito. Già il Trattato dei Padri, nel Talmud, insegna: "Non fare delle parole della Torà una corona per te ingrandendoti con esse". La vicenda di rav Levi mostra che la conoscenza delle scritture sacre non è un possesso neanche dei maestri. Essi la possono soltanto ospitare e tutto il loro studio è solamente il tappetino d'ingresso. La Torà non varca la soglia di chi non l'abbia ben ripulito ogni giorno dalla polvere dell'orgoglio".
Erri De Luca, Alzaia, 90

venerdì 28 marzo 2008

Stomp - Out Loud: Basketballs and Kitchen

Diamo ritmo alla vita!!

Siamo tutti scemi?


Carlà a fumetti
Da un paio di giorni i quotidiani e i tg di mezza Europa dedicano spazi enormi a una bella signora torinese che scende con eleganza le scalette degli aerei, siede reclinando con grazia le gambe e indossa a meraviglia cappottini, scarpe basse e la carica di moglie del presidente della Repubblica francese. Le vengono dedicate copertine e prime pagine (compresa la nostra) senza che abbia pronunciato una parola o compiuto un gesto significativo che non sia quello di esistere. Nel frattempo suo marito ha detto che non ritirerà le truppe dall’Afghanistan, rimangiandosi le promesse elettorali, e ha intessuto accordi con Londra che avranno una certa conseguenza sul futuro del continente che oggi si occupa delle borsette di Carlà. Mentre di ciò che dice e fa Sarkozy, al di là di qualche dichiarazione di panna montata sul boicottaggio olimpico, pare non importi nulla a nessuno.
Siamo tutti scemi, giornalisti e cittadini? E’ un’ipotesi da prendere in considerazione. Più che altro, però, siamo di fretta. Per poterci soffermare sulla retromarcia afghana di Sarkò bisognerebbe prima essersi domandati dov’è Kabul e cosa sia successo ultimamente da quelle parti. Processi logici che richiedono fatica e soprattutto tempo: almeno un minuto di mente sgombra. Impresa improba con il bambino che piange, la vicina che rompe, il telefono che squilla, l’appuntamento che incombe. Così uno si accontenta di sfogliare il mondo come un giornale a fumetti: attraverso immagini e foto, indignandosi moltissimo per lo scadimento dell’informazione, ma concedendosi solo nei giorni di festa il brivido di spingersi fino alle didascalie.
Massimo Gramellini - 28/03/2008

Milioni di mail


Preferisco vivere
Ogni giorno gli italiani ricevono 350 milioni di e-mail. Io da qualche settimana un po’ meno. Ho cambiato indirizzo di posta in segreto, calcolando forse con troppo ottimismo che ci vorranno almeno due anni prima che venga a conoscenza di un numero di persone sufficiente a intasarlo daccapo. Vi posso assicurare che è un’altra vita. Ormai la mattina accendevo il computer con l’ansia di chi si prepara a fronteggiare un’invasione. Come milioni di altri disperati, iniziavo le giornate con un eccidio, decimando decine di messaggi inutili - pubblicità, trappole, bufale, barzellette, catene di Sant’Antonio - senza neanche aprirli, tanto che nella mia furia iconoclasta finivano ghigliottinati anche i pochi che avrei magari voluto guardare. Sbrodolavo un’altra porzione consistente del mio tempo nel fronteggiare la costernazione di chi, avendomi mandato una e-mail, riscriveva mezz’ora dopo, stupito e amareggiato che non gli avessi ancora risposto. Per non deluderli, mi ero ridotto a replicare con messaggi monosillabici, autentici grugniti angloelettronici: ok, boh, bye. Mi trascinavo sommerso dai sensi di colpa fino a tarda sera, quando riaprivo la posta per affrontare l’ultima mareggiata, impreziosita dai messaggi di certe Melissa e Samantah che manifestavano familiarità nei miei confronti, invitandomi a raggiungerle nei siti più svariati. Ora vado al nuovo indirizzo e ci trovo due, massimo tre e-mail, alle quali è bellissimo rispondere con cura… Veramente stamattina erano quattro. E stasera cinque. Appena mi riacchiappa pure Samantah, cambio indirizzo di nuovo.
Massimo Gramellini - 26/03/2008

giovedì 27 marzo 2008

Imperdibile!



Parrucca per gatti l'ultima stravaganza Usa
L'idea è venuta a una signora americana, proprietaria di un siamese
SAN FRANCISCO (Usa) Una lunga chioma blu elettrico, frange biondo platino, boccoli rosa o argento al servizio della vanità felina. E' l'ultima follia made in Usa, parrucche per gatti in vendita a 50 dollari l'una. L'idea è venuta a una signora di San Francisco, Julie Jackson, proprietaria di un siamese, di nome Boone. La parrucca "silver", assicura il sito che pubblicizza il prodotto, fa sentire il gatto di casa sexy ed elegante come un puma, mentre quella blu elettrico gli conferisce uno sguardo acuto e un aspetto sgargiante. Non sappiamo se anche in Italia a qualcuno non venga in mente di mettere sotto l'albero l'originale gadget, ma guardando il musetto dei gatti con parrucca sembrerebbero dire "guarda cosa mi tocca fare per far contento il mio proprietario".
http://www.lastampa.it/lazampa/girata.asp?ID_blog=164&ID_articolo=215&ID_sezione=352&sezione=Segnalato+dalla+rete
Altri regali animaleschi su:
Voglio vedere chi ha il coraggio...!!

Videogames e salute


LA PROPOSTA IN IN GRAN BRETAGNA

«Alcuni videogames nuociono alla salute»

Allo studio messaggi simili a quelli che si trovano sui pacchetti delle sigarette
MILANO - «Alcuni videogames nuociono gravemente alla salute’. Questo o altri messaggi simili a quelli che si trovano sui pacchetti delle sigarette potrebbero presto trovarsi sulle confezioni dei video giochi venduti in Gran Bretagna, scrive il Times.
LA PROPOSTA - E’ la proposta che scaturisce da un report commissionato dal governo britannico - in risposta alle ansie crescenti dei genitori sui rischi di internet e videogames - e redatto da Tanya Byron, psicologa infantile famosa sulle emittenti britanniche e collaboratrice del giornale britannico. «I genitori hanno paura a lasciar uscire i bambini così li tengono a casa ma danno loro la possibilità di incappare in rischi on line», dice l’esperta che propone una campagna informativa per genitori, insegnanti e bambini per trarre il maggior profitto dal mondo digitale senza alcun rischio.
LE INFORMAZIONI - E’ essenziale, secondo Byron, indicare sulle confezioni di ogni gioco l’età minima richiesta, i contenuti e le eventuali controindicazioni. I negozianti poi dovranno assolutamente rispettare i limiti d’età al momento di vendita e i genitori farebbero meglio a tenere il computer in soggiorno piuttoso che nella camera da letto del figlio. Esistono già alcuni sistemi di classificazione, dice Byron, sia britannico che europeo, ma sono inefficaci perché troppo confusi nella simbologia delle indicazioni e spesso si limitano a indicare solo i contenuti con scene di sesso o di violenza estreme.
27 marzo 2008

Laughing Baby

Questo video merita le nostre risate e merita di essere visto da tante persone... tante volte!!

mercoledì 26 marzo 2008

Scuola di preghiera per giovani

"La Scuola Cattolica"


E' uscito il nuovo numero della rivista teologica del Seminario di Milano: "La Scuola Cattolica".

Qui trovi l'indice e il sommario:


martedì 25 marzo 2008

lunedì 24 marzo 2008

Giornata dei martiri missionari


La Pasqua dei Martiri - di Bernardo Cervellera

Quest’anno la giornata di memoria dei martiri missionari coincide con il Lunedì dell’Angelo. Nello splendore pasquale ricordiamo la necessità del sacrificio, di Cristo e poi dei suoi seguaci, segno che la verità e l’amore non hanno abbandonato la terra.
Roma (AsiaNews) - Ogni anno la Chiesa italiana, e soprattutto il Movimento giovanile missionario e le Pontificie Opere dedicano una Giornata alla memoria e preghiera per i martiri missionari. L’evento viene celebrato ovunque con veglie di preghiera e digiuno, adorazione eucaristica, raccolta di aiuti per situazioni dove la Chiesa è perseguitata.La data per l’appuntamento annuale è il 24 marzo, anniversario dell’assassinio di mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di san Salvador, ucciso nel 1980 mentre celebrava la messa. Quest’anno la data coincide con le feste di Pasqua: il 24 marzo è infatti il Lunedì dopo la Pasqua. Questa coincidenza mi sembra significativa. Anzitutto perché nel pieno dello splendore pasquale, ricorda la necessità del sacrificio, di Cristo e poi dei suoi seguaci. In un mondo che sogna il tutto facile, senza difficoltà, la Croce di Cristo e quella dei martiri è invece il prezzo “necessario” (Luca 24,26) perché brilli la luce di Pasqua. E d’altra parte, in un mondo – e una Chiesa – dove è forte la tentazione del “mettersi d’accordo”, del relativizzare, del non calcare le tinte, di un buonismo dolciastro, il sacrificio dei martiri ricorda che la Sapienza della Croce alla fine fa a pugni con la sapienza del mondo. Per questo, per quanto dialogo, inculturazione, amicizia, servizio si possa esplicare, il martirio –anche quello cruento – rimane una dominante essenziale dell’annuncio cristiano. (...) Il Lunedì dopo la domenica di Resurrezione è un po’ difficile digiunare ed essere tristi. Quest’anno i giovani dovranno puntare più alla gioia, alla gioia che è presente nel martirio. Perché il dono della propria vita, vissuto come amore grato a Gesù Cristo è promessa di buoni frutti per il mondo. Nel sacrificio del martire si dà un segno che la verità e l’amore, e Cristo stesso, non hanno abbandonato la terra, ma vivono e splendono perfino nell’abisso del male. (...)
Una lista di tutti i martiri cristiani uccisi nel 2007. Essa è una lista ecumenica, cioè comprende anche martiri non solo cattolici, ma anche di altre confessioni cristiane. Vale la pena ricordare che l’ecumenismo e la tensione all’unità fra le Chiese è nato e si nutre proprio dalla condivisione dello stesso destino, come la storia ha dimostrato e dimostra in molte nazioni (Russia, Cina, Vietnam, Kenya, Arabia Saudita, Egitto, Iran.…) Essa è pure una lista che supera il continente asiatico, per abbracciare tutto il mondo. L’Asia però occupa un posto preponderante: (...) Ricordare i martiri significa ricordare che la speranza della resurrezione è vicina. Nel nostro istituto, il Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), c’è la tradizione che quando giunge la notizia del martirio di un nostro confratello, la comunità si raduna in chiesa per cantare il Magnificat: il Signore compie “grandi cose” unendo la fecondità della sua Croce e resurrezione al dono della vita di uno di noi.La lista è lunga, ma è stilata per difetto: essa contiene solo i nomi delle persone conosciute e la cui morte è confermata da almeno 2 fonti. Si può usare come una lunga litania, chiedendo a questi martiri di ottenere dal Signore della storia abbondante misericordia per il mondo e soprattutto per i persecutori. Buona Pasqua.
http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=11827&theme=8&size=A

Vedi anche:
Elenchi dei missionari uccisi:

domenica 23 marzo 2008

Famiglie risorte: perché cercarle tra i morti?!


Il brano del Vangelo secondo Matteo in cui si narra la prima notizia della Risurrezione del Signore ricorda sulle labbra degli angeli questa espressione rivolta alle donne che erano andate a visitare la tomba di Gesù: «So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E' risorto, come aveva detto» (Mt 28, 5-6). Quest'anno vorrei leggerlo alla luce delle vicende di tante famiglie. E' vero che tanti nuclei familiari sono "come morti", tanto è difficile, drammatica la loro situazione: dobbiamo guardarle con compassione (come faceva Gesù: "patire con", "patire insieme") e farci vicini con stile amorevole. Ci è d'obbligo una considerazione: anche nella comunità cristiana ci sono tante sante persone che vanno a "visitare" "la" famiglia, ma sul presupposto che essa sia ormai un cadavere ricnhiuso in una tomba. Al massimo accorrono con la valigetta del pronto soccorso, nel tentativo, poco convinto, di provare a "ri-animare" una realtà ormai "senza-anima". Quali e quanti giovani accetterebbero di stare dentro una vita tombale?! Ai rianimatori-becchini e a noi, gli angeli del Dio della Vita ancora ricordano: «Non cercate tra i morti la famiglia, che è viva!». Possiamo noi osare dire la bestemmia che un sacramento, quello del matrimonio, è morto? Non dovremmo allora dire altrettanto dell'Eucarestia (a essere indulgenti con le ricerche sociologiche, il 15% dei battezzati frequenta settimanalmente la Messa domenicale, e non tutti ricevono la Comunione)? Si salverebbe dalla dichiarazione di morte il sacramento della Riconciliazione (le statistiche sono ancora più basse di quelle appena citate)? Non citiamo neppure l'Unzione degli Infermi, ancora collegata con la morte nella mentalità comune, e ricevuta da percentuali infime di fedeli… Manca all'appello il sacramento dell'Ordine, ma viste le previsioni (insipide e un po' insipienti) circa il futuro, pare che anche qui ci avviciniamo all'accanimento terapeutico. Toni troppo provocatori?! Forse sì, ma di certo si misurano con tutte le tinte fosche con cui vengono giudicate le condizioni attuali dell'amore coniugale, a cui non corrispondono a livello ecclesiale impegno, iniziative, credito altrettanto appassionati. La famiglia è "viva" non certo perché stia bene in quanto istituzione (alzino la mano quelle rare istituzioni che godono di buona fama, credibilità, salute), ma in quanto (finalmente!) sa di non essere autosufficiente, di non avere in sé la sua forza di sussistenza, di avere bisogno di Vita da un Altro! In una stagione in cui sembra che non ci sia bisogno di un salvatore dell'umano, e si va alla ricerca solo di un traghettatore nella burrasca economica (in attesa di tornare a godere appieno dei privilegi della società opulenta), meno male che la famiglia si rende conto di non poter stare in piedi da sola. La famiglia credente è una famiglia "che è stata resuscitata"e "che sta resuscitando", quando sa di essere oggetto della grande cura del Padre: «Questa è la volontà di Colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Il Figlio, il Vincitore risorto, l'Unico che ci basta, ha dato la sua vita «al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27): così vuole per tutte le famiglie!
E' viva (evviva!) questa nuova giovinezza dell'amore tra una donna e un uomo!
Auguri per la Risurrezione familiare!


don Chisciotte