sabato 11 ottobre 2008

Grazie a Dio!!


L'11 ottobre 1962 si apre il Concilio Vaticano II.
Espressamente voluto e preparato dal pontefice Giovanni XXIII;
dura fino al 1965 in diverse sessioni e viene concluso da papa Paolo VI .

Un video che ricorda l'evento.

Esame di coscienza

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 17, 3. 14; PL 76, 1139-1140. 1146)
La lingua dei predicatori
Sentiamo cosa dice il Signore nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe!» (Mt 9, 37-38). Per una grande messe gli operai sono pochi; non possiamo parlare di questa scarsità senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova di rado chi lavora nella messe del Signore; ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.
Riflettete attentamente, fratelli carissimi, su quello che è scritto: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, affinché siamo in grado di operare per voi come si conviene, perché la lingua non resti inceppata nell'esortare, e il nostro silenzio non condanni presso il giusto giudice noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori. Spesso infatti la lingua dei predicatori perde la sua scioltezza a causa delle loro colpe; spesso invece viene tolta la possibilità della predicazione a coloro che sono a capo per colpa dei fedeli.
La lingua dei predicatori viene impedita dalla loro nequizia, secondo quanto dice il salmista: «All'empio Dio dice: Perché vai ripetendo i miei decreti?» (Sal 49, 16).
Altre volte la voce dei predicatori è ostacolata colpevolmente dai fedeli, come il Signore dice a Ezechiele: «Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto. Così non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genìa di ribelli» (Ez 3, 26). Come a dire: Ti viene tolta la parola della predicazione, perché il popolo non è degno di ascoltare l'esortazione della verità, quel popolo che nel suo agire mi è ribelle. Non è sempre facile però sapere per colpa di chi al predicatore venga tolta la parola. Ma si sa con tutta certezza che il silenzio del pastore nuoce talvolta a lui stesso, e sempre ai fedeli a lui soggetti.
Vi sono altre cose, fratelli carissimi, che mi rattristano profondamente sul modo di vivere dei pastori. E perché non sembri offensivo per qualcuno quello che sto per dire, accuso nel medesimo tempo anche me, quantunque mi trovi a questo posto non certo per mia libera scelta, ma piuttosto costretto dai tempi calamitosi in cui viviamo. Ci siamo ingolfati in affari terreni, e altro è ciò che abbiamo assunto con l'ufficio sacerdotale, altro ciò che mostriamo con i fatti. Noi abbandoniamo il ministero della predicazione e siamo chiamati vescovi, ma forse piuttosto a nostra condanna, dato che possediamo il titolo onorifico e non le qualità. Coloro che ci sono stati affidati abbandonano Dio e noi stiamo zitti. Giacciono nei loro peccati e noi non tendiamo loro la mano per correggerli. Ma come sarà possibile che noi emendiamo la vita degli altri, se trascuriamo la nostra? Tutti rivolti alle faccende terrene, diventiamo tanto più insensibili interiormente, quanto più sembriamo attenti agli affari esteriori. Ben per questo la santa Chiesa dice delle sue membra malate: «Mi hanno messo a guardiana delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita» (Ct 1, 6). Posti a custodi delle vigne, non custodiamo affatto la vigna, perché, implicati in azioni estranee, trascuriamo il ministero che dovremmo compiere.

venerdì 10 ottobre 2008

Da valutare

Ci saranno senz'altro delle ragioni anche politiche,
ma il primato alle persone mi sembra da non trascurare.
Al giorno d'oggi non vedo molti altri esempi,
né di uomini politici né di ecclesiastici,
disposti a capire che normalmente non siamo dei Superman
e che nella vita bisogna fare bene una cosa...
e già ne avanza per fare la nostra parte!
don Chisciotte

Il sindaco non correrà per il secondo mandato in primavera «per motivi di famiglia»
Bologna, Cofferati non si ricandida
Sergio Cofferati non si ricandida «per motivi di famiglia» al secondo mandato di sindaco a Bologna, dove si voterà in primavera. «La prima persona a cui l'ho comunicato è stato il segretario del Pd Walter Veltroni», ha reso noto l'ex segretario generale della Cgil. «È stata una scelta esclusivamente familiare. Nel fine settimana mio figlio e la mia compagna erano a Bologna. E 600 km in due giorni per un bambino di pochi mesi - la compagna e il figlio di Cofferati vivono infatti a Genova e non intendono trasferirsi - non si possono replicare in continuazione. Non si può pensare che un bambino cresca passando gran parte del suo tempo su un'autostrada». (...)

«In genere è la donna che rinuncia, spero che si inauguri un nuovo stile»
Raffaella: abbiamo deciso insieme. Ormai Sergio era part time su tutto
La compagna di Cofferati: sono felice e molto orgogliosa di lui
«Mi dispiace per Bologna, certo. Ma io sono contenta, anzi felice. Sarei ipocrita a dire il contrario».
Il vincitore di questa collisione tra pubblico e privato assolutamente inedita in Italia è lei, Raffaella Rocca (...) «Cercando il retroscena si finisce sempre per sporcare la realtà. A me sembra che quello di Sergio sia un bell'esempio. Metter su famiglia è una cosa seria». (...) Decisione condivisa? «L'abbiamo presa insieme. Ma è venuto tutto da lui. Sergio si è reso conto che l'organizzazione che avevamo studiato quando sono tornata al lavoro non funzionava».
Quando è successo?
«Domenica sera. Lui era venuto a prenderci, ci aveva portato a Bologna, era la festa di San Petronio e doveva esserci. Il bambino stava male, ha sofferto il viaggio. Siamo tornati a Genova dopo una giornata massacrante. Si è seduto sul divano e mi ha detto "così non va". Il resto lo sapete».
Non c'era altra soluzione?
«Nonostante gli sforzi, Sergio si sentiva un padre assente. E quando vedeva Edoardo soffriva perché si era allontanato da Bologna. Non vuole essere un padre part time, e non si può chiedere a Bologna di accontentarsi di un sindaco part time. Aveva raggiunto un punto in cui qualunque cosa facesse si sentiva in colpa».
Accontentarsi dei fine settimana?
«Per i parlamentari sono sacri. Quello del sindaco è un mestiere diverso. Devi esserci sempre, la tua presenza è una legittima esigenza dei cittadini».
E venire lei a Bologna?
«Come no. Se l'immagina i titoli del giorno dopo sul sindaco che "piazza" la sua compagna in qualche ufficio? E poi a Genova abbiamo una prospettiva di futuro più lunga. Quella di Sergio a Bologna prevedeva altri cinque anni durante i quali io e Edoardo avremmo dovuto fare avanti e indietro. I bambini sono sono pacchi postali».
Nel tempo che diamo ai figli conta più la qualità della quantità. Non è così?
«Una stupidata. Per i bambini la quantità conta molto. Ne hanno bisogno».
Abbia pietà.
«La "qualità" è una invenzione mirata a placare i sensi di colpa dei genitori». (...)

L'amore si fa


Da un post del nostro Blog del 6 ottobre 2007

L’amore non è già fatto. Si fa.
Non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire.
Non è un appartamento chiavi in mano, ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare.
Non è una vetta conquistata, ma scalate appassionanti e cadute dolorose.
Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità, ma è un levar l’ancora, è un viaggio in pieno mare.
Non è un SI’ trionfale che si segna fra i sorrisi e gli applausi, ma è una moltitudine di “sì” che punteggiano la vita, tra una moltitudine di “no” che si cancellano strada facendo.
Non è l’apparizione improvvisa di una nuova vita, perfetta fin dalla nascita, ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume dai molteplici meandri, qualche volta in secca, altre volte traboccante, ma sempre in cammino verso il mare infinito.
Michel Quoist

giovedì 9 ottobre 2008

ore 22:39 del 9.10.1963: tragedia del Vajont

Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia).

La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre 1963 si elevò un immane ondata, che seminò ovunque morte e desolazione.

La stima più attendibile è, a tutt'oggi, di 1910 vittime. Vittime dell'interesse economico.

www.vajont.net

Un breve filmato che ricostruisce l'evento.

La crisi è ben più che economica

La Parola umile e sapiente giudica le parole presuntuose ed insipienti
"Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere" (1Cor 10, 12)
"Ecco, tu confidi su questo sostegno di canna spezzata, che è l’Egitto, che penetra nella mano, forandola, a chi vi si appoggia; tale è il faraone re di Egitto per chiunque confida in lui" (2Re 18,21).
"L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono. Questa è la sorte di chi confida in se stesso, l’avvenire di chi si compiace nelle sue parole" (Sal 49,14).
"Chi confida nella propria ricchezza cadrà" (Pr 11, 28).

Blitz in sala: «Se io qui, tutto sotto controllo»
Crisi: il Berlusconi-show al Bagaglino
«Abbiamo preso un provvedimento grazie al quale nessun italiano perderà un euro». Il pubblico applaude
di Fabrizio Roncone
(...) Mentre il sipario si chiude e tutti pensano di potersene andare al bar: e invece no, perché c'è lui, appunto, c'è Silvio Berlusconi che si alza di colpo e saluta con la mano, e lo vedono tutti che è raggiante. Applauso che sale, che cresce, qualche signora che grida eccitata. E lui lì, che fa segno di star giù, di smetterla, che chiede un po' di silenzio, «perché, signori e signori, ho qualcosa da dirvi...». (...) «Sono venuto per dirvi che stasera, a Palazzo Chigi, abbiamo preso un provvedimento grazie al quale in questa crisi nessun italiano... e ripeto: nessun italiano perderà neppure un euro». Seconda bordata di applausi. (...) «Ecco, sono venuto proprio per dimostrarvi che la situazione è sotto controllo». (...) «Vi confesso una cosa: io non dico di essere il migliore, ma davvero, se mi guardo intorno... non vedo nessuno migliore di me». Ride lui e ridono tutti. (...) E lui: «Posso darvi un consiglio? Bisogna tenere i titoli nel cassetto e aspettare. Lo faccio anche io, per capirci, con Mediaset. Il valore del titolo ce l'ho avuto prima su, intorno ai 20 euro, poi giù, sugli 11... oggi eravamo sui 3,90... ma io sono tranquillo... Ripeto: bisogna stare calmi. Non dovete farvi prendere dal panico...». Sta spiegando la crisi economica mondiale con toni e termini rassicuranti. Un comizio casalingo. (...) Il Cavaliere prosegue: «Vi dicevo del panico. Questa mattina, i direttori delle banche mi hanno fatto sapere che i loro clienti andavano agli sportelli disperati, tutti che volevano portar via i soldi per poi metterli, non so, sotto il materasso... Ecco, è per questo che sono venuto. Per rassicurarvi tutti... anche perché, ve lo giuro: noi, in Europa, siamo quelli che stanno meglio». Poi racconta un paio di barzellette. Quella in cui tutti si piegano dalla risate è questa: «Allora, c'è un tizio che entra in un ristorante e vede una bella signora. Si volta, e fa all'amico: oh, io me la farei. E l'amico: scusa, ma quella sarebbe mia moglie... E l'altro: beh, pagando, s'intende...». Intanto, la pattuglia di ragazze è riuscita a infilarsi nella mischia. Berlusconi le nota, le lascia avvicinare. Seguono complimenti, e non solo. Ad una, la più carina, Berlusconi dispensa infatti il solito vecchio consiglio: «Dammi retta... fatti sposare da uno ricco». Poi, di colpo, spruzza lì un po' di politica: «Ma vi sembro un dittatore? Quelli della sinistra non fanno che ripeterlo... dicono che c'è un regime... allora, vi sembro un dittatore? Mah, sono davvero dei pazzi... ». (...)

Dopo che certe barzellette divertenti ed edificanti le diffonde il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana al Bagaglino, consiglio che le insegni almeno anche al Presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, al Ministro della Pubblica Istruzione, al Direttore della Sala Stampa Vaticana, ai nuovi Premi Nobel, a Dante Alighieri, all'Accademia della Crusca e, certamente, al Papa e al Dalai Lama!
Basta che poi non ci meravigliamo se le istituzioni non hanno più nessuna credibilità!

Okkio alle mail!

"Mail Goggles". Prima di inviare un'email si accerta che l'utente sia lucido. Con un test logico
"Non mandare quel messaggio": così Gmail ti protegge dalle gaffe
Si attiva nelle ore più a rischio di impulsi improvvisi, ovvero di notte nel weekend
E' capitato a tutti, almeno una volta: si clicca impulsivamente sul tastino "invio" per poi trovarsi a cosa fatta a rimuginare se non proprio a maledirsi, per aver mandato un'email azzardata, sbagliata, inoppurtuna. Dichiarazione d'amore al collega o improvvida comunicazione al capo poco importa: il danno è fatto. E, guardacaso, non succede quasi mai di martedì mattina. La gaffe è in agguato soprattutto nelle ore notturne del weekend, complici una birra o un cocktail di troppo.
Ora Google corre ai ripari: per gli utenti della sua popolarissima Gmail sta testando un apposito servizio contro i rimpianti del mattino dopo. Si chiama "Mail Goggles" e per ora è solo in fase sperimentale. Si attiva nelle ore piccole del weekend, e prima di permettere l'invio di un messaggio e-mail controlla che chi scrive sia in possesso delle sue facoltà logiche e mentali. Come? Sottoponendogli un semplice problemino matematico. Se in un tempo ragionevole si riesce a calcolare quanto fa 11 per 2 o 48 meno 38, Gmail deduce che l'utente è sobrio e quindi in grado di reggere tutte le conseguenze delle sue azioni - e missive - telematiche. Se, al contrario, non riesce neppure a fare cinque per due, il filtro entra in azione: e al mattino dopo l'utente potrà ringraziare papà Google per aver stoppato il messaggio prima del fatidico invio. (...)

martedì 7 ottobre 2008

Con le spalle al muro

"Non posso":
"È una parola che pronunciamo con troppa leggerezza.
È una parola micidiale.
È una parola che spesso liquida i problemi senza lasciarceli neppure affrontare.
È una parola che molto spesso uccide la nostra carità.
Ho ricevuto una lettera da un lebbrosario.
È di una nostra sorella che vive tra i lebbrosi. Scriveva:
«Oggi ho avuto tanta forza da una scena che Dio mi ha messo sotto gli occhi:
ho visto un povero lebbroso che non cammina più,
un lebbroso che si trascina senza gambe,
l'ho visto aiutare un bambino poliomelitico a camminare.
Il piccolo era aggrappato alle sue spalle
e lui si trascinava carponi intorno alla capanna per farlo camminare.
La scena mi ha fatto piangere».
Ha commosso anche me
e ho chiesto perdono a Dio per tutte le volte che davanti ad una carità
ho detto: "Non posso".
Ci siamo tanto abituati a quelle due parole che le portiamo in noi costantemente.
È un cliché preparato dal nostro egoismo.
Quando è che in realtà «non possiamo»?
Se non possiamo fare noi possiamo almeno trovare chi farà per noi.
Se non possiamo fare oggi possiamo fare domani.
Se non possiamo fare tutto possiamo almeno fare qualcosa.
È tremendo dire: "Non posso".
È la ghigliottina della carità cristiana.
Bisogna bandire quelle parole.
Quando non posso veramente, posso almeno calarmi nel bisogno del fratello
e versare una lacrima con lui".

lunedì 6 ottobre 2008

Generazioni


"Uomini e donne ai quali devo la vita, vi sento dietro di me, mentre scrivo. Tutte le vostre sagome sulla mia schiena, i vostri volti usciti dall'ombra! In piedi sulla prua della nave, sento dietro di me la vostra densa folla, da così tanto tempo sottoposta al silenzio della morte. La mia tenerezza, il mio interesse per voi vi risvegliano. Sento il vostro fervido ondeggiare oltre le mie spalle. Io, figlia di Anna e di Franz, nipote di Bernhardt e di Julia, di Franz e di Maria, nipote di Sally e di..., di Anna e di... Già il vento porta via i vostri nomi. Già la mia ignoranza non è più in grado di restituirveli. E tuttavia la vostra folla amorosa è là - calorosa, frusciarne, molteplice, sempre a due a due nella catena ininterrotta delle generazioni. Amanti, luminosi amanti, sposi, spose, oltre i disastri e le glorie della vita, oltre i naufragi e le lacerazioni, oltre tutto ciò che ha soffocato la lode — io vi percepisco, vi sento, mormorio di foresta, uomini e donne dei quali io sono, per un tempo limitato, la portatrice di memoria. Folla silenziosa. Meraviglia delle vostre fedeltà, dei vostri vincoli! Grazie a voi per non aver lasciato che la catena si spezzasse, si sciogliesse il lungo corteo della lealtà che viene dal fondo dei tempi e che scompare all'orizzonte. Io ho trasmesso ai nostri figli ciò che avevo da voi ricevuto. Tra poco raggiungerò la vostra immensa schiera e in essa mi fonderò. Vi dico grazie di avermi permesso per un istante, nella traversata dell'eternità, di essere la vostra figura di prua. Un istante. Perché per un breve istante interminabile, a nome di voi tutti, io ho perdutamente amato vivere".
Christiane Singer, Elogio del matrimonio, del vincolo e di altre follie, 91

domenica 5 ottobre 2008

Roba da cani!

Il parroco: "Prima i cristiani dei cani!"
Il testo integrale della cartolina del parroco di Spinea (Ve), don Marco Scattolon
Caro cane,
mi sono ripercorso la Bibbia cercando appigli per parlare bene di te. Su 36 citazioni trovate, 32 erano di disprezzo, solo nel libro di Tobia si parla bene del cane oltre che nella creazione. Il cane è diventato, oggi, animale da compagnia; sappiamo che c'è la grande, triste, spietata solitudine dell'uomo ed il cane di qualsiasi tipo, razza, dimensione, colore e pedigree, la può dare rimpiazzando l'assenza dei parenti. Guai se a certe persone morisse il cane! I ragazzini al camposcuola, al memento dei defunti nella messa, intervengono: "Io ricordo, il nonno, io la nonna defunta,...io il mio cane". Ormai gli animali sono equiparati agli umani: si parla col cane, si chiedono informazioni ai giardini su dove l'altro compera i croccantini, liscia il pelo o lima le unghie del suo cane. A volte si stimano di più le persone che hanno un cane simile al proprio, perchè quelle persone a modo, educate e di buoni sentimenti più delle altre. Ormai è il cane che scandisce l'orario del padrone. Un amico mi raccontava: "Ieri sera, ho telefonato a mia mamma un po' più tardi e mi hanno rimproverato per l'ora perchè il cane già dormiva e non si poteva disturbare". Aumentano i negozi che abbinano veterinario al parrucchiere per cani. Basta guardarsi attorno "Qua la zampa! - Fido ti lavo - Collare di stelle - Barba, baffi e pelo lucido" sono negozi per estetica canina. E così giovinastri senza studi e specializzazioni hanno trovato l'America con i cani. "Ho smarrito cagnetta..." trovo scritto spesso sulla porta della Chiesa oppure "Vendo cuccioli di gran pregio...", c'è chi offre "Casa Pensione per cani (e gatti) aperto tutto l'anno, box riscaldati o con 5.000 mq di verde. Dire BAU, salutandosi, sembra diventare una prospettiva per il domani. Anche a casa nostra avevamo il cane, ma per difendere il pollaio e la casa, viveva all'aperto nella cuccia e mangiava le briciole della nostra sobria tavola. Ad un cane si può dare una carezza o un pizzicotto, ma... - c'è gente che spende più per il suo cane che per la sua carità cristiana; - c'è gente che fa più carezze al cane che al suo anziano; - c'è gente che appena sposata compra il cane e non "compra" un figlio; - c'è gente che si scandalizza se il consorzio dei nostri comuni non ci provvede di un bel canile accessoriato. Io spero che prima si provveda ad una casa di prima accoglienza per quei terzomondiali che dormono sulle panchine o dentro le case diroccate. Ne conosco più di uno. Prima i cristiani dei cani! Si troveranno i soldi per il canile zonale prima che per una casa per i fratelli terzomondiali? Se sì, giuro che suonerò campane a morto, per un buon tempo, perchè sarà morta la fraternità umana. Diceva Gesù: "Non date le cose sante ai cani, date loro le briciole". I telegiornali finiscono sempre con notizie su animali, mai notizie dall'Africa: sulla siccità o le epidemie, sugli acquedotti e le scuole inaugurate. Parlino delle belle iniziative delle Associazioni: Mato Grosso, Amnesty, Emergency o altre ancora che chiedono sostegni e realizzano progetti! E ai cani diamo gli avanzi dei nostri pasti, non le scatolette piene di sonniferi: un cane ama la libertà, la terra e le corse non il guinzaglio, il salotto e il passo lento come il nostro. Che "vita da cani" facciamo fare loro! Se hai un cane: trattalo bene, ma non sostituisca i poveri o l'affetto tra familiari. Saranno belle anche le sfilate dei cani, perchè sono affettuosi e gioiosi, ma sono animali...e io i sacramenti a loro non li posso dare. Ci sarà un perchè!

"San Francesco si è convertito per un lebbroso, non certo ad un cane"
Dopo il clamore provocato dal suo editoriale pubbblicato sul bollettino parrocchiale, Don Marco Scattolon, parroco di Spinea, ribadisce il suo punto di vista in un nuovo scritto: «Volevo solo diffondere un messaggio cristiano: le persone devono venire prima degli animali. Io scrivo per i cristiani, gli animalisti probabilmente danno priorità ad altre cose». Il parroco ha voluto anche dare risposta, in maniera netta, alle molte persone che hanno ricordato il rapporto speciale di San Francesco con gli animali: «San Francesco si è convertito dopo l'abbraccio a un lebbroso, non certo ad un cane. E finiamola con la storia del lupo di Gubbio: quello non era un animale, ma un proprietario terriero chiamato così per la sua ferocia». Don Marco risponde poi anche alle questioni locali che gli erano state avanzate, negando che a scatenare l'invettiva canina sia stata la marcia a sei zampe promossa dal Comune e dall'associazione Egriss: «Pura coincidenza. Mi riferivo, piuttosto, all'idea del consorzio dei comuni di creare un canile iper-accessoriato per il nostro comprensorio. Non è possibile, invece che pensare a costruire case di accoglienza per i fratelli del Terzo mondo pensiamo a proteggere i cani?». Il nuovo editoriale del parroco continua a essere particolarmente duro con chi lavora nel settore canino, in precedenza già definiti canino giovinastri senza studi e senza specializzazioni: «Non è una frase mia, l'ho ripresa da una rivista di sinistra. Ma lo penso veramente, non è possibile che i telegiornali dedichino interi servizi agli animali trascurando notizie importanti come il summit di Riccione di Emergency per i Paesi dell'Africa». E a quegli animalisti che, come forma di protesta, hanno minacciato di invadere la chiesa con i loro cani il parroco rispode con vecchio detto veneziano: «Star mal come un can in cièsa. Significa far soffrire una povera bestia costretta a subire qualcosa che non gli interessa. Se a loro va di far soffrire i loro cani, vorrà dire che sono più animalista io di loro...».