sabato 2 febbraio 2008

ombre e Luce


"Scrivo con una minuscola bilancia come quelle utilizzate dai gioiellieri.
Su un piatto depongo l'ombra e sull'altro la luce.
Un grammo di luce fa da contrappeso a diversi chili d'ombra".
Christian Bobin, Resuscitare, 23

Comunità di S. Egidio


40° anniversario della Comunità di Sant'Egidio
Venerdì 1 febbraio - Omelia del cardinal Tarcisio Bertone

“Dio è morto, Marx è morto… e anch’io non mi sento molto bene!”. Questa nota battuta ironica e pessimista di Woody Allen potrebbe fotografare lo stato d’animo di una larga parte dell’umanità di questa nostra epoca, apparentemente sempre più insoddisfatta e sempre meno fiduciosa nel futuro. Nell'età della globalizzazione le comunicazioni sono rapide, immediate; ogni notizia, ancor più quando si tratta di episodi drammatici, di fatti scandalistici, di informazioni trasgressive, entra in casa all’improvviso, naviga liberamente in internet, ci raggiunge dovunque sul telefono cellulare. E questo succedersi costante di comunicazioni produce un senso di smarrimento, ingenera stati d’animo di paura e di scoraggiamento, suscita voglia di violenza e talora persino di morte. Il rischio è allora di diventare pessimisti, di rinchiudersi nel proprio interesse, non nutrendo più una speranza “affidabile” per il mondo, una speranza che, come scrive Benedetto XVI nell’Enciclica Spe salvi, sia in grado di sostenerci nel cammino “faticoso” della vita. In un contesto mondiale così compromesso, almeno apparentemente, il cristiano che cosa deve fare, come può e deve vivere e testimoniare la sua fede in Cristo, che è Vita immortale e Speranza certa? (...)
La vostra benemerita Comunità, come piccolo seme gettato nella terra, ha avuto inizio 40 anni fa, in un periodo storico turbinoso e complesso, segnato dall'ideologia e dal senso prometeico di un’umanità che voleva costruire se stessa e il mondo senza Dio o peggio contro di Lui. La parola “comunità”, nel suo significato più profondo, manifesta questa coscienza che la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri (cf Spe salvi n. 48). In questo modo la speranza per gli altri si è fatta, nella vostra Comunità, passione per la comunicazione del Vangelo, perché altri vengano salvati; si è fatta amore per tutti, specie per i più poveri, perché sorga finalmente la stella della speranza anche per loro.

Marco Paolini - Rugby - Aprile '74 e '75

In occasione dell'apertura del "6 Nazioni"

venerdì 1 febbraio 2008

Uscire!!


Vi prego, mettiamoci nella persona di quell' amorosissimo padre che tanto sospirava il ritorno del figlio perduto e, non sapendo dove andare per cercarlo, fece tutto quello che era in suo potere, portandosi chi sa quante volte sulla via (Lc 15), perché il figlio, ritornando, scorgesse da lontano il sorriso sul volto del padre e affrettasse il passo per buttarsi più presto fra le sue braccia. Noi invece sappiamo dove sono i nostri miseri fratelli e figli, vediamo la quercia sotto la quale stanno , le ghiande di cui si cibano; vediamo quali tristi compagnie frequentano. Andiamo dunque a chia­marli, invitiamoli a riconciliarsi col Padre, diamo loro il pane della vita senza attendere che ce lo domandino. Persuadiamoci che è assolutamente necessario uscire dalle nostre case, poiché tocca al pastore cercare ­le pecorelle; e chi vuol fare pesca più abbondante, ascolta le parole del Salvatore e non sta in casa, ma va al mare (Mt 17), e non rimane a riva ma spinge la barca dove le acque sono più profonde (Lc 5).

beato Andrea Carlo Ferrari, Lettera Pastorale, Como 14 ottobre 1894

Colui che non esiste


«Parlami ancora di Dio», domanda monsieur Lucien a mademoiselle Rosée abbracciandole il collo. «Avete una voce così dolce quando parlate di ciò che non esi­ste». «Oh, ma caro il mio uomo», dice mademoiselle Ro­sée aggiustando la bretella del suo reggiseno, «io non cerco di convincervi dell'esistenza di Dio. Se sapeste come poco gli importa che voi crediate in lui. Dio, caro il mio uomo, è tanto semplice quanto il sole. Il sole non vi chiede di adorarlo. Ci chiede soltanto di non fargli ostacolo e di lasciarlo passare, di lasciar fare. Un poco come Ariane in cucina, quando chiede ai bambini di andare a giocare un poco più lontano, per preparare questa pietanza che non prepara in fondo che per loro. Dio è così, caro il mio uomo. Ama vederci ridere e giocare. Di tutto il resto si occupa lui».

Christian Bobin, L'amore è proprio una piccola cosa…
con delle conseguenze meravigliose, 91-92

giovedì 31 gennaio 2008

san Giovanni Bosco


"Il “bello” dell'educazione è che essa gioca con elementi la cui risposta, essendo libera, è sempre in qualche modo imprevedibile. Di conseguenza gli itinerari non possono in nessun modo essere pensati come “tecniche di successo”. Può sembrare che io insista un po' troppo nel mettere in guardia contro questo meccanicismo educativo. Ma l'esperienza mi ha insegnato che esso è una delle più sottili e diffuse insidie dei nostri ambienti. La fiducia nei mezzi soprannaturali, nella parola di Dio, nei sacramenti e nelle tradizioni educative, nell'oratorio, ecc., viene talora vissuta come sicurezza umana, con conseguenti delusioni e anche prove di fede. Ma allora, perché Dio non ha operato come ci aspettavamo? Perché dopo tante prediche e comunioni questo ragazzo è finito così? I fallimenti educativi sono in certo senso provvidenziali, perché ci aiutano a entrare nel mondo dello spirito, che è mondo di libertà, e ci alleano con quel Dio che non strumentalizza né meccanicizza nessuno, che rispetta fino allo scrupolo la libertà del più piccolo dei suoi figli, contento di attrarre con la forza straordinaria del suo amore e della sua grazia".
Carlo Maria Martini, Itinerari educativi, n. 4

mercoledì 30 gennaio 2008

santa Martina


Auguri di BUON ONOMASTICO!

Buena Vista Social Club - El Cuarto de Tula

Irresistibile!!

Materia scritta


Un giorno di lavoro in cantiere: sposto per le giuste ore molte lastre di marmo destinate a un pavimento. Le scarico dal camion, le trasporto all'interno, mi passano per le mani molte volte. La polvere bianca, la sfarinatura del marmo, si assesta in tutti i solchi delle mani, nei pori, nelle scalfitture. A raschiarla sotto l'acqua la sera, resiste come un velo. Poi a casa mi cucino una seppia e il residuo del suo nero insegue il bianco, a ricalco, su tut­ta la superficie delle mani. Le risciacquo, ma non a fon­do, tanto non ho da fare baciamano. Siccome ho una te­sta che impasta sempre parole, penso che quel nero su bianco sopra mani mie, sia scrittura: che le cose intorno scrivano sopra di me e di tutti, e nessuno sa più leggere tutta la posta che ci arriva addosso, per esempio, le goc­ce di pioggia sopra un vetro. Neanche i bambini lo san­no fare. Forse sapeva Adamo, quando metteva i nomi a tutte le creature. Forse non li inventava, ma li leggeva scritti su di loro, nelle orme al suolo, nei voli in cielo. E se posso fare pagine da scrittore è perché io stesso sta­sera sono scritto da nero di seppia e polvere di marmo, su dorso e palmo di mano. Nel disparte di un tavolo da sparecchiare, nel fiato che esala cipolla, scrivo della ma­teria che mi ha scritto.

Erri De Luca, Alzaia, 67

martedì 29 gennaio 2008

Chi vuole cambiare il mondo


"Dedicato ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane,
a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso.
Certo non amano le regole, specie i regolamenti,
e non hanno alcun rispetto per lo status quo.
Potete citarli, essere in disaccordo con loro; potete glorificarli o denigrarli,
ma non potrete mai ignorarli,
perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l'umanità.
E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio,
perché solo quelli che sono abbastanza folli da voler cambiare il mondo...
lo cambiano davvero!"
Kivuli project

lunedì 28 gennaio 2008

Visione dall'alto

Se ci fosse stato GoogleEarth al tempo di Mosè,
forse avremmo potuto vedere così il passaggio del Mar Rosso!

L'idea di questo artista è proprio originale!
vedi qualche altro esempio:
http://www.corriere.it/gallery/Spettacoli/vuoto.shtml?2008/01_Gennaio/art/1&2

Eccomi!


Mir zainen do ("Noi siamo qui"): è un canto yiddish dei partigiani del ghetto di Vilna, in Lituania. Noi siamo qui: ci sono momenti in cui le fibre sfilacciate di un popolo si rianimano e nasce nella resistenza all'oppressione una nuova consistenza. Essa comincia sempre con una spe­cie di "eccoci".
Abramo pronuncia il suo, quando Dio lo chiama per mandarlo a sacrificare suo figlio Isacco sul monte Moria. A Dio che lo chiama, risponde: hinnèni, ec­comi. Ridice ancora la sua ardita parola al figlio che gli rivolge la terribile domanda: "Dov'è l'agnello per l'olo­causto?". L'ultimo degli eccomi lo dirà a fiato corto quan­do l'angelo per due volte chiamerà il suo nome, per fer­margli la mano armata sulla gola del figlio. Non aveva mai detto questa parola prima della prova di obbedien­za richiesta da Dio e non la dirà più.
E buono a sapersi che anche Iod/Dio può dire il suo hinnèni alla creatura che lo chiama. Ce lo annuncia Isaia (58, 9): "Allora chiamerai e Iod risponderà. Strillerai e dirà: 'eccomi'". Eccomi è voce dei momenti di verità, quando si è chiamati a rispondere di sé. È il passo avan­ti, lo scatto che fa uscire dai ranghi e porta a uno sbara­glio. È la più bella parola che si possa pronunciare in quei momenti, un dichiararsi pronti, anche se non lo sì è af­fatto. Prima di usarla bisognerebbe allenarsi a pensarla più spesso.
Buona fortuna a chi dovrà pronunciare oggi il suo difficile "eccomi".
Erri De Luca, Alzaia, 40

domenica 27 gennaio 2008

Pazzie


«Talvolta un pensiero mi annebbia l'Io: sono pazzi gli altri, o sono pazzo io?»

Albert Einstein