sabato 18 aprile 2009

Parole e realtà

C'era una volta la crisi economica mondiale,
che - come è logico che sia - aveva investito anche l'Italia,
checché ne dica qualche ammaliatore.
Adesso non c'è più.
Il terremoto in Abruzzo ha abbattuto anche la crisi mondiale.
Dopo lo spettacolo della distruzione e delle morti,
ora si parla solo di progetti, di rinascite, di futuro.
Potenza della "comunicazione",
parola che finisce come "risurrezione",
ma non è proprio la stessa cosa!!
don Chisciotte

Genialità e rispetto del Creato

Carta dagli escrementi di elefante
Tutto si può riciclare, anche i 200 Kg di escrementi che un elefante medio produce in un giorno medio. Dopotutto la carta è fibra vegetale, la cacca di elefante anche. Perché non approfittarne?
Un progetto di Vagamondi prevede di ritirare con un furgoncino la produzione di alcuni elefanti e di portare il raccolto in cartiera, dove, con l’aggiunta di solo il 20% di carta (riciclata) il tutto viene lavorato per produrre nuova carta.
Il progetto si chiama Maximus, dal nome scientifico dell’Elefante dello Sri Lanka: Elephus Maximus Maximus e mira a trasformare l’elefante da disastro per l’agricoltura da abbattere il prima possibile a risorsa economica sostenibile.

venerdì 17 aprile 2009

Homo FaceBookens

Ci vediamo su Facebook
di Mara Accentura
Ci ritroviamo a condividere le vite degli altri, anche quelle di chi non abbiamo mai visto. Ma di commento in commento ognuno lascia impronte indelebili sul web. E allora? Sarà impossibile perdersi di vista. E sempre più difficile sfuggire al proprio passato.
Ora che Facebook ha appena superato i cinque anni e 150 milioni di membri la cosa più cool è mollare. O almeno fare finta, non senza averne detto di tutti i colori, possibilmente in pubblico, sulla stampa o sui blog. Ma sì, dicono alcuni, che palle questo facebook, perché farsi regolare la propria vita sociale da un gruppo di supergeek californiani? E poi chissenefrega del vecchio compagno di scuola - perso di vista per ragioni tuttora valide - che ti manda la foto di classe, lo scrittore sfigato che ti invita a un pallosissimo reading, la vicina di casa che nemmeno saluti per strada che ti avvisa che ha preso l’australiana... «È la dimostrazione di come esista la libertà di pensiero senza il pensiero. La vera rivoluzione sarebbe far pagare gli utenti un tanto a parola», dice Gian Paolo Serino. «È un’arma impropria in mano ai nevrotici... e lo siamo più o meno tutti», dice Susi Brescia. «È troppo facile il contatto. Per essere amici ci vuole più impegno». «Spesso sento dire “ci vediamo su facebook”», riprende Serino. «Il che lascia interdetti. La vita vera è altrove». Ma altrove dove? Il web mescola sempre di più le categorie del reale e del virtuale. «Per me fb è un bar dove ogni tanto passo per un caffè o l’aperitivo», dice Marta Bertolini. «Buongiorno, come va, due battute con gli altri avventori, poi con qualcuno ci si mette a parlare e si esce pure. Il bar è organizzato e ha anche una bacheca annunci». «Ho reincontrato davvero la mia compagna di banco dopo 28 anni, grazie a fb», racconta Lidia Guarino. «I profili degli amici? Delle sliding door: vedere le altre nostre vite possibili». Allora? «Siamo spalmati tutti sulla rete», osserva un amico fb che vuole rimanere anonimo. «E passare da leggere il Guardian online a un sito di una galleria fotografica di L.A. mentre si chatta e si caricano foto di un weekend passato a Berlino è un attimo: si vive di link in link». E a chi dice che gli amici veri sono diversi da quelli di fb, risponde: «Splinder, MySpace, facebook... Oggi le storie nascono anche sul web. Rapporti veri. Resta ben poco di virtuale quando due si incontrano sul serio». Per conto mio potrei nominare più di un amico “vero” che in un momento particolarmente difficile della vita si è rivelato un pallido avatar.
Facebook ha rimescolato le generazioni. «Quando, la scorsa primavera, ho ricevuto per e-mail l’invito a iscrivermi sono scoppiata a ridere. Era mia madre. Mia madre appartiene ai babyboomers, la generazione che ha inventato l’adolescenza. La tecnologia, la rete non l’ha mai spaventata, in confronto a lei io sono luddista. La sua generazione ha anche iscritto la sua storia in quella collettiva, il privato nel pubblico: non è un caso che il suo gruppo anagrafico sia tra quelli più in crescita su fb e che le sia venuto in mente di pubblicare un album con 50 immagini che hanno segnato la sua epoca: da Kennedy alle marce per i diritti civili a Ultimo tango a Parigi. La mia generazione (40) e quella dei trentenni che hanno vissuto epoche più narcisiste o meramente più individualiste si esprimono per avere quei cinque secondi di attenzione online, “il quarto d’ora di esibizionismo di noi timidi”», dice Marilena Renda. Scarichiamo video, articoli di attualità, ci iscriviamo a dei gruppi, chiacchieriamo e ça va sans dire scriviamo anche molte banalità. Per quella dei nativi digitali, gli adolescenti e i ventenni wired, fb è solo una delle molteplici estensioni (da usare contemporaneamente a MSN, iPod, MySpace, Nintendo DS, PlayStation) che gli permette di sperimentare il mondo reale (qualsiasi cosa esso significhi per questa generazione) possibilmente in sharing. Non solo per questo gruppo demografico sta scomparendo l’amico del cuore ma si è avverata la profezia di Warhol: “I don’t know where the artificial stops and the real starts” non so dove finisca l’artificiale e inizi il reale.
All’inizio è spontaneo limitare l’accesso alle persone che conosciamo davvero e che possibilmente la pensano come noi. Ma una volta dentro ti rendi conto che sei a un solo clic per includere gente nuova, te la propone il sistema stesso incrociando gli amici degli amici. «Il mio criterio di selezione si basa principalmente sugli amici in comune», dice Laura Sacchi. «Leggendo un commento o link postato sul suo profilo valuto se tra noi ci possa essere qualcosa da condividere. O invio un messaggio per chiedere perché mi ha chiesto l’amicizia anche se non ci conosciamo». «Non accetto tutti, non mi interessa la gara a chi ne ha di più», interviene Vittorio Sabbatelli. «Voglio quelli con cui parlare di politica o anche dire stronzate. Insomma gente che mi conosce e non se la prende se dico delle amenità perché sa come sono fatto». «Ci arrivo dopo un’astinenza Internet di 5 anni», dice Manuela Dettori. «Ho trovato due amicizie vere, un amore maledetto, 3 o 4 squilibrati psicotici e alcuni contatti utili». Ma ci sono anche i bulimici, quelli che arrivano a migliaia di faccine. In genere promuovono qualcosa: un libro, un gruppo, un partito, se stessi. «Avendo 5.000 contatti e 3.000 nel mio Satisfiction (gruppo di fan letterario ndr)», spiega Serino, «cerco di promuovere non me stesso ma invogliare alla lettura».
«È uno strumento molto versatile, ognuno lo interpreta a suo modo. Per chi come me lavora davanti a un computer è un’occasione di pausa. Mette ordine nella nostra vita virtuale che altrimenti sarebbe molto dispersiva. È come passeggiare in piazza ma su scala globale», dice Alfredo Baldini.
In questa piazza globale sta cambiando radicalmente il concetto di privacy. Le nostre vite stanno diventando sempre più pubbliche. Un conto è passeggiare a Campo de’ Fiori e conversare con qualcuno mentre la gente ti passa accanto. Un altro è sapere che quella conversazione è registrata e sottoposta a pubblico scrutinio. Ricordate quella canzone di Sting “Every breath you take... I’ll be watching you...”? Su facebook lo stalking è tanto involontario quanto parte integrante del sistema: tutti ci troviamo a condividere le vite degli altri. Accadono cose molto buffe con gli aggiornamenti sulla propria situazione sentimentale. Provate a passare dalla casella “sposato” a “single” a “relazione complicata” e vi ritroverete la bacheca intasata da decine di faccine preoccupate o incuriosite perché fb non distingue i gradi di intimità. Se avete rotto con qualcuno, comunicarlo alla persona con cui ci si incontra solo in palestra è l’ultima cosa che vi passa per la mente. Altrettanto umiliante trovare il seguente messaggio in bacheca: “Tizio ti ha eliminato”. Una volta un ex amico spariva nel nulla. Oggi te lo notifica. Questo scarso controllo sulla privacy, oltre a essere antipatico, ha almeno una conseguenza importante e poco valutata: ognuno di noi lascia impronte indelebili sul web. «Per le generazioni precedenti era normale perdersi di vista. Per quelle cresciute su Internet è letteralmente impossibile. Saremo tutti sempre più legati gli uni agli altri», interviene Jeff Jarvis, docente di giornalismo alla City University di New York. «I nostri nomi sono tutti googlabili».
Adesso, è vero che la trasparenza ha i suoi lati positivi ma sarà sempre più difficile scomparire e ricominciare da un’altra parte. Ricordate l’ultima volta che vi siete fatti una canna con tizio, vi siete assentati per falsa malattia, avete mollato qualcuno in modo brutale. Bene, ora è molto facile che queste informazioni siano registrate online. Il web non dimentica nulla. Mentre scriviamo abbiamo appena letto che un’impiegata è stata licenziata nel Regno Unito per aver scritto in bacheca che il suo lavoro era noiosissimo. Il passato ci inseguirà e per molti di noi potrebbe essere un bagaglio troppo ingombrante. Per cancellare le informazioni da fb non basta disattivare il profilo ma bisogna eliminare ogni singola entry a mano e aspettare l’intervento dei gestori per la definitiva cancellazione sui profili condivisi.
È un bene o un male? E soprattutto chi controlla queste informazioni e come le usa? Solo qualche settimana fa Mark Zuckerberg ha annunciato una carta dei diritti e delle reponsabilità e l’introduzione di un voto pubblico riguardo a qualsiasi cambiamento verrà introdotto su fb. Ma certo non basterà e c’è da scommettere che sarà sulla regolamentazione della rete che si combatteranno le battaglie più interessanti dei prossimi anni.

Milano e nuvole


Un artista usa il cielo e le sue nuvole come supporto per poter interagire con la natura: i «dipinti di luce» di Lorenzo Mancini.
Clicca sull'immagine per vedere una piccola rassegna.

giovedì 16 aprile 2009

"Memento muri"

Cent'anni di muritudine
di Massimo Gramellini
Ai primi di aprile il sindaco argentino di San Isidro iniziò la costruzione di un muro che avrebbe dovuto separare il quartiere più ricco della sua città dal quartiere più povero dell’adiacente comune di San Fernando. Il sindaco di San Fernando lo denunciò alla magistratura, che con decisione d’urgenza ordinò di abbattere il muro. Ma il sindaco di San Isidro si oppose, affermando l’indispensabilità del muro per proteggere le famiglie ricche dalla rabbia di quelle povere. Fin qui la cronaca. Ora proviamo a immaginare come andrà a finire.
Il sindaco di San Isidro fece ricorso, lo vinse e ricostruì il muro. Ma poiché i furti nelle case dei ricchi continuavano, decise di costruirne un altro per separare le case dei ricchi più ricchi dalle case dei ricchi normali. Quella notte rubarono in casa sua e così il sindaco fece costruire un terzo muro che lo isolasse dai vicini invidiosi. La notte seguente trovò la figlia in atteggiamenti sospetti con un povero di San Fernando, o con un ricco di San Isidro, al buio non si vedeva bene, e decise di murarla nella sua stanza. Ma la moglie si arrabbiò e allora il sindaco fece innalzare un quinto muro, definitivo, in camera da letto. Per sé tenne soltanto un piccolo bagno, nel quale andò subito a rintanarsi. Lì si sentì finalmente in pace e al sicuro. Quando, alcuni giorni dopo, i ladri sfondarono il muro, lo trovarono adagiato sul pavimento. Aveva un sorriso beato e fra le mani il progetto edilizio dell’Aldilà. Nel mezzo aveva disegnato un muro altissimo per non fare passare la morte. Ignorava che lei sapesse volare.

Santità e imitazione

"Quasi tutte le assurdita' del comportamento derivano dall'imitazione di coloro a cui non possiamo somigliare".
Samuel Johnson

lunedì 13 aprile 2009

Luxeuil


Nei prossimi due giorni sarò all'Abbazia di Luxeuil, sulle orme di san Colombano.
Visita il sito dell'associazione "Amici di san Colombano".
Ci ri-leggiamo giovedì!

domenica 12 aprile 2009