sabato 28 febbraio 2009

Sabato grasso

L'ape che cucina? L'APEntola
L'ape che prende in giro? L'APErnacchia
L'ape precisina? L'APErfezione
L'ape stitica? L'APEretta
L'ape marina? L'APEsca
L'ape uccello? L'APEnnuta
L'ape italiana? L'APEnisola
L'ape che mangia troppo? L'APEsantezza
L'ape in carcere? L'APEna
L'ape scrittrice? L'APEnna
L'ape dolce? L'APErugina
L’ape collega della dolce? L’APErnigotti
L'ape casinara? L'APEste
L'ape lavavetri? L'APEzza
L'ape calorosa? L'APElliccia
L'ape ammalata? L'APErtosse
L'ape dottoressa? L'APEdiatra
L'ape giocatrice? L'APEdina
L'ape ebrea? L'APErseguitata
L'ape in discesa? L'APEndenza
L'ape preoccupata? L'APEnsierosa
L'ape incerta? L'APErplessa
L'ape atletica? L'APErtica
L'ape sconfitta? L'APErsa
L'ape rozza? L'APEzzente
L'ape in tiro? L'APEttinata
L’ape che segna l'ora? L'APEndola
L'ape trendy? L'APEritivo
L'ape vecchia? L'APEnsionata
L'ape concentrata? L'APEnsierosa
L'ape cattiva? L’APEssima
L'ape costruttrice? L'APEnsilina
L’ape altissima? L'APErtica
L’ape puzzolente? L'APEscivendola
L’ape buona? L'APErdona
L’ape depravata? L'APErvertita
L’ape scocciante? L'APEtulante
L’ape scribacchina? L'APErgamena
L’ape rumorosa? L'APEtarda
L’ape educata? L'APErbene
L’ape cupa? L'APEnombra
L’ape contagiosa? L'APPEstata
L’ape regista? L'APEllicola
L’ape vivace? L'APEperina
L’ape antipatica? L'APErfettina
L’ape infame? L’APErfida
L’ape sexy? L'APErizoma
L’ape muscolosa? L'APEttorale
L’ape che se la prende? L'APErmalosa
L’ape fashion? L'APErmanente
L’ape scura in volto? L'APEssimista
L’ape odiata dalla mafia? L'APEntita
L’apre riservata? L'APErsonale
L’ape orientale? L'APEchinese
L’ape veloce? L'APEugeot
L’ape maestra? L'APEdagoga
Le api sportive? APing e APong.
La gigantesca ape demente? L'APazza
Le api in cucina? Apasta e APriscatole
L'ape maligna? L'APErdizone
L'ape nell’armadio? L'APPEndino
L'ape in ospedale? L'AProstata
L'ape ciccia? L'APancia
L'ape che piace? L'APPEtibile
L'ape smorta? L'APatica
La piccola ape pestilente? L'APuzza
Le api preziose? L'APislazzule
L'ape motorizzata? L'APE Cross
L'ape pericolosa? L'APistola
L'ape religiosa? L'APostola
L'ape russa? L'APErestroica
L'ape indigesta? L'APEperonata
L'ape che fa la lana? L'APEcora
L'ape lettrice? L'APPEndice
L'ape che spiffera? L'APErtura
L'ape in discesa? L'APEndice
L'ape bilanciata? L'APEsa

venerdì 27 febbraio 2009

Lasciateci sognare!

La società attuale europea ed occidentale si costruisce, meglio si esprime - talora in maniera costruttiva, talora in maniera distruttiva - non seguendo una visione organica, ispirandosi a un vero e proprio progetto, ma dando valore ad alcune intuizioni di fondo connesse con l’idea della libertà dell’individuo, il cui solo limite sarebbe il rispetto delle libertà altrui. (...) Sarebbe facile naturalmente allargare il discorso servendosi delle numerose indagini sociologiche e comportamentali che descrivono il nostro vissuto di società, con accenti rassegnati o catastrofici o addirittura apocalittici, quasi mai con accenti di ottimismo e di fiducia. Non saranno tuttavia le analisi pessimistiche a migliorare il mondo e nemmeno basterà un accorato richiamo ai valori o alla legalità per far andare meglio le cose. Dobbiamo piuttosto, dal momento che i nostri difetti li conosciamo bene, acquisire una visuale positiva, un sogno di futuro, che ci permetta di affrontare con energia e coraggio il passaggio di millennio.
L’istanza contenuta nel titolo del mio discorso Alla fine del millennio, lasciateci sognare! vuole appunto esprimere la speranza che può venire da una visione di futuro che lasci spazio alla potenza di Dio e alla forza costruttiva delle beatitudini evangeliche, non da un ripiegamento ossessivo e analitico sui nostri mali. Si chiede dunque a tutte le persone e i gruppi di buona volontà, in Europa e in Italia, di ispirarsi a progetti positivi; di guardare all’uomo saggio del Vangelo che, fidandosi delle parole del discorso della Montagna, le mette in pratica e costruisce una casa che resiste a tutti gli uragani (Mt 7,24-25); di dare spazio allo Spirito il quale farà sì che negli ‘‘ultimi giorni” - lo sono anche i nostri - “i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni” (At 2, 17).
Mi viene in mente quel sogno di Chiesa capace di essere fermento di una società che espressi il 10 febbraio 1981, a un anno dal mio ingresso in Diocesi, e che continua ad ispirarmi:
- una Chiesa pienamente sottomessa alla Parola di Dio, nutrita e liberata da questa Parola
- una Chiesa che mette l’Eucaristia al centro della sua vita, che contempla il suo Signore, che compie tutto quanto fa “in memoria di Lui” e modellandosi sulla Sua capacità di dono;
- una Chiesa che non tema di utilizzare strutture e mezzi umani, ma che se ne serve e non ne diviene serva;
- una Chiesa che desidera parlare al mondo di oggi, alla cultura, alle diverse civiltà, con la parola semplice del Vangelo;
- una Chiesa che parla più con i fatti che con le parole; che non dice se non parole che partano dai fatti e si appoggino ai fatti;
- una Chiesa attenta ai segni della presenza dello Spirito nei nostri tempi, ovunque si manifestino;
- una Chiesa consapevole del cammino arduo e difficile di molta gente oggi, delle sofferenze quasi insopportabili di tanta parte dell’umanità, sinceramente partecipe delle pene di tutti e desiderosa di consolare;
- una Chiesa che porta la parola liberatrice e incoraggiante dell’Evangelo a coloro che sono gravati da pesanti fardelli;
- una Chiesa capace di scoprire i nuovi poveri e non troppo preoccupata di sbagliare nello sforzo di aiutarli in maniera creativa;
- una Chiesa che non privilegia nessuna categoria, né antica né nuova, che accoglie ugualmente giovani e anziani, che educa e forma tutti i suoi figli alla fede e alla carità e desidera valorizzare tutti i servizi e ministeri nella unità della comunione;
- una Chiesa umile di cuore, unita e compatta nella sua disciplina, in cui Dio solo ha il primato;
- una Chiesa che opera un paziente discernimento, valutando con oggettività e realismo il suo rapporto con il mondo, con la società di oggi; che spinge alla partecipazione attiva e alla presenza responsabile, con rispetto e deferenza verso le istituzioni, ma che ricorda bene la parola di Pietro: “E’ meglio obbedire a Dio che agli uomini” (At 4,19). (...)
Dal sogno di una Chiesa così e della sua capacità di servire la società con tutti i suoi problemi nasce l’invito a lasciarci ancora sognare: Lasciateci sognare! Lasciateci guardare oltre alle fatiche di ogni giorno! Lasciateci prendere ispirazione da grandi ideali! Lasciateci contemplare con scioltezza le figure che, come Ambrogio, hanno segnato un passaggio di epoca non con imprese militari o con riforme imposte dall’alto, bensì valorizzando la vita quotidiana della gente, insegnando che la forza e il regno di Dio sono già in mezzo a noi e che basta aprire gli occhi e il cuore per vedere la salvezza di Dio all’opera. La forza di Dio è in mezzo a noi nella capacità di accogliere l’esistenza come dono, di sperimentare la verità delle beatitudini evangeliche, di leggere nelle stesse avversità un disegno di amore, di sentire che il discorso della croce rovescia le opinioni correnti, vince le paure ancestrali e permette di accedere a una nuova comprensione della vita e della morte.
Il nostro sogno non sarà allora evasione irresponsabile né fuga dalle fatiche quotidiane, ma apertura di orizzonti, luogo di nuova creatività, fonte di accoglienza e di dialogo.

Carlo Maria Martini, Omelia di s.Ambrogio 1996

L'intera omelia nella nostra sezione Testi

Vera crisi

Della gentilezza
di Massimo Gramellini
Oggi vorrei scrivere qualcosa di veramente impopolare, per cui parlerò della gentilezza. Della sua prematura e così poco rimpianta scomparsa.
La defunta non richiedeva sacrifici particolari e nemmeno eroismi. Solo un po’ di educazione e, prima ancora, di umanità. Era una forma mentale. Talvolta ipocrita, e però utile ad ammorbidire le asprezze della vita quotidiana. Grazie, prego, passi pure, mi scusi, ma si figuri, non me n’ero accorto, ha bisogno?, c’era prima il signore, non si preoccupi, disturbo? Ciascuna di queste espressioni, e dei gesti che spesso le accompagnavano, era una pennellata di grasso sugli ingranaggi esistenziali. Un balsamo che non migliorava le cose, ma consentiva di affrontarle per quel che erano, senza dovervi aggiungere lo sconforto che sempre ci assale quando abbiamo la sensazione di andare contromano.
Forme sporadiche di gentilezza sopravvivono nei rapporti sentimentali, almeno nella prima fase. Per quanto, anche lì. Tracce residue si ravvisano in piccole comunità non ancora divorate dall’individualismo dei diffidenti e dei disperati. Non si hanno notizie sicure di altri avvistamenti. A dire il vero, qualcuno che provi a essere gentile ogni tanto lo si incontra ancora. Ma passa subito per retorico, approfittatore o ruffiano. L’idea che nelle relazioni umane sia ancora possibile mettersi nei panni degli altri è considerata bizzarra. Ma non me ne vengono in mente di migliori per uscire da una crisi che ha spolpato i portafogli solo perché da tempo aveva già corroso i cuori.

giovedì 26 febbraio 2009

Giovedì grasso

"Ho visto un re", di Enzo Jannacci, con Cochi e Renato.

Mi piace soprattutto la finale:
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re,
fa male al ricco e al cardinale,
diventan tristi se noi piangiam!

Far sentire di essere a casa

"La questione della partecipazione alla mensa era piuttosto sentita nelle prime comunità cristiane. Costituiva un motivo di notevole attrito fra opposte mentalità. Si direbbe che il caso non sia totalmente risolto neppure oggi, in certi ambienti, dove si preferisce dare denaro ma non condividere la mensa; dove si pratica l'elemosina ma non l'ospitalità; dove a un individuo, nella migliore delle ipotesi, non si lascia mancare niente, ma gli si nega il favore essenziale: farlo sentire in casa. C'è soltanto da sperare che le comunità cristiane si rendano conto che la linea evangelica, che è poi la sola che definisca una comunità come cristiana, passa attraverso il pane. Un pane offerto stando sulla soglia di casa a quelli di fuori, non è più un pane offerto ma rifiutato. E, comunque, non è più segno di comunione. C'è qualcosa di peggio della solitudine. Ed è il rimanere "tra noi".
Alessandro Pronzato, Le donne che hanno incontrato Gesù, 71

mercoledì 25 febbraio 2009

Popolo di santi, poeti, navigatori... e violentatori

jena@lastampa.it
Su dieci stupratori, sei sono italiani e quattro immigrati. Forza ragazzi che siamo ancora in testa.

Espressioni affettuose

«I migliori anni della mia vita»
Intervista al cardinale Carlo Maria Martini sul Concilio Vaticano II
Eminenza, qual è il Suo ricordo degli anni del Concilio?
Conservo soprattutto il ricordo dell'atmosfera di quegli anni, una sensazione di entusiasmo, di gioia e di apertura che ci pervadeva. Ho trascorso durante il Concilio gli anni migliori della mia vita, non solo e non tanto perché avevo meno di quarant'anni, ma perché si usciva finalmente da un'atmosfera che sapeva un po' di muffa, di stantio, e si aprivano porte e finestre, circolava l'aria pura, si guardava al dialogo con tante altre realtà, e la Chiesa appariva veramente capace di affrontare il mondo moderno. Tutto questo, lo ripeto, ci dava una grande gioia e una forte carica di entusiasmo.
Secondo Lei, che cosa rimane oggi di quegli anni?
Sono rimaste senz'altro molte cose. Prima di tutto c'è da dire che quelli che l'hanno vissuto hanno fatto un passo importantissimo per la loro vita, perché hanno ricevuto dal Concilio una fiducia rinnovata nelle possibilità della Chiesa di parlare a tutti. Poi restano molti elementi contenuti nei vari documenti conciliari: penso alla liturgia, all'ecumenismo, al dialogo con le altre fedi, alla riflessione sulla Scrittura. Per la nostra Chiesa una grande ricchezza che mantiene intatta tutta la sua attualità e tutto il suo valore.
E invece a Suo giudizio che cosa si è perso?
Non è facile rispondere. Ci sono state certamente un po' di deviazioni, ma soprattutto all'estero, non qui da noi in Italia. Direi che ciò che si è perso è proprio quell'entusiasmo, quella fiducia di cui parlavo prima, quella capacità di sognare che il Concilio aveva comunicato alla nostra Chiesa e che ci procurò tanta gioia. Si è tornati un po' alle acque basse, a una certa mediocrità.
Alcuni dicono che il Concilio fu contrassegnato dal contrasto netto tra una maggioranza progressista, chiamiamola così, di vescovi e teologi e la Curia romana che remava contro. Condivide questa ricostruzione?
Sì, penso che in effetti ci sia stata questa contrapposizione. Non si può negare che in certi settori della Curia c'era una forza frenante. Ma questo è comprensibile, perché la Curia era abituata a fare tutti i decreti, a tenere in mano tutto, e quindi si può capire bene che per i curiali vedersi sfuggire di mano questo controllo non fu piacevole.
Eminenza, qual è il personaggio del Concilio che ricorda di più?
Ce ne sono davvero tanti. Mi piace ricordare dom Helder Camara, l'arcivescovo e teologo brasiliano, morto nel 1999. Sto leggendo proprio in questo periodo le lettere che indirizzava ai suoi amici in Brasile, scrivendole ogni notte alle due. Una grande figura! E poi ricordo il cardinale belga Leo Jozef Suenens, l'arcivescovo di Malines-Bruxelles che sostenne alcune tesi molto coraggiose. Fra le persone che non parteciparono direttamente ai lavori del Concilio, ma che furono molto vicine a quell'atmosfera di rinnovamento ricordo il padre gesuita Stanislas Lyonnet, grande studioso di san Paolo, che insegnava al Pontificio istituto biblico e che aveva molti contatti con i Padri Conciliari. Devo dire che fu un tempo di grandi amicizie alimentate da un fortissimo desiderio di conoscenza.
E oggi un Concilio Vaticano III sarebbe utile per la Chiesa?
Non è facile rispondere. C'è il pro e il contro. Secondo me certamente alla Chiesa servirebbe fare ogni tanto un Concilio per mettere a paragone i diversi linguaggi. Io avverto questa necessità, perché mi sembra che ci sia proprio una difficoltà nel capirsi. Non credo, però, che dovrebbe essere un Concilio come il Vaticano II, cioè dedicato a tutti i problemi della Chiesa e dei suoi rapporti con il mondo. Al centro di un eventuale nuovo Concilio bisognerebbe mettere soltanto uno o due temi e poi, una volta esaminati ed esauriti questi, convocare un altro Concilio dopo dieci, quindici anni, incentrandolo a sua volta su pochi argomenti. Sì, penso che dovrebbe essere questa la linea da seguire.
E Lei, che a Milano diede vita alla Cattedra dei non credenti, pensa che si potrebbe pensare a un Concilio aperto a chi non crede, ai più lontani, per lanciare un messaggio anche a loro?
Non vedo un Concilio di questo tipo. Però è certo che, quando parla, un Concilio parla anche ai non credenti. Perché la preoccupazione del Concilio, di ogni Concilio che sia veramente tale, deve essere quella di farsi capire e quindi di arrivare veramente a tutti, non solo ai cattolici. Nel Concilio Vaticano II questa preoccupazione fu ben presente ed è un altro motivo per cui lo ricordo con gioia e gratitudine.
Istituto Aloisianum, Gallarate, 11 giugno 2008

martedì 24 febbraio 2009

Adolescenti precoci

Radiografia di una generazione troppo precoce
di Chiara Beria di Argentine
Otto anni si vestono già come piccole donne, a dieci anni si preoccupano di fare la dieta, a 12 si truccano e pettinano come le protagoniste di "Amici", i loro programma cult in tv. Cala l’età dello sviluppo e tra mille stimoli a una sessualizzazione hanno rapporti sessuali molto presto. I maschietti vogliono dimostrare al gruppo di essere dei duri, le ragazzine giocano a fare le disinibite. In realtà, sono adolescenti assai fragili e instabili con un gran vuoto da colmare. Mi ha confessato una ragazzina incinta: "Visto che non sono importante per nessuno lo diventerò facendo un figlio"». (...)
Il vero problema è che il mondo adulto, assai meno rigido e autoritario dei tempi andati, appare in realtà così distratto e distante dai nuovi adolescenti che mostra di non conoscerli affatto, salvo poi stupirsi e gridare allo scandalo a ogni caso di cronaca. (...)
Questi adolescenti - dice Francescato - sono affetti da "afasia emotiva". Agiscono come fossero grandi ma non hanno il controllo delle emozioni. In loro c’è un grande vuoto d’amore e anche di significato. Una ragazzina di 13 anni mi ha choccato raccontandomi che preferiva ai suoi genitori il telecomando. "Almeno con quello", mi ha detto, "posso cambiare i canali. Con i miei invece i rapporti non cambiano mai». Figli unici supercoccolati riempiti di ogni sorta di gadget con genitori spesso separati e padri molto spesso distratti e assenti; cultori degli sms e di YouTube, ma senza alcuna figura maschile di riferimento neppure a scuola dove anche alle medie il corpo insegnanti è composto per la maggioranza da donne.
Gustavo Pietropolli Charmet, docente di Psicologia dinamica alla Statale di Milano, ha definito questi nostri ragazzi «narcisi tanto fragili quanto spavaldi». Secondo Charmet per capirli non serve ricordarsi della propria adolescenza. «Siamo di fronte a contenuti nuovi, nuovi timori, nuovi bisogni». C’era una volta la pubertà; tempi e riti di passaggio. Ora, aggiunge Charmet, c’è una «disarmonia evolutiva» che crea in tutti disorientamento. Ragazzini che dimostrano una forte autonomia sociale, capaci di viaggiare da soli all’estero e che poi, all’improvviso, rivelano tutta la loro fragilità. E rispetto al passato, secondo Charmet, la famiglia naturale oggi incide meno sui comportamenti di questi ragazzini e ha, invece, molto più peso il gruppo di coetanei.
Una «famiglia sociale» che gestisce tutto dalle cose più banali, come farsi un tatuaggio, alle decisioni più importanti e più rischiose. Ubriacarsi, fare sesso e, quando il gruppo sprofonda nella noia, allora scatta persino l’impulso di fare qualcosa di stupefacente senza avere il minimo sentore delle conseguenze. Lo stupro di una compagna di classe? Solo uno scherzo. Ma allora è giusto giudicare questi adolescenti come se fossero ancora dei ragazzini? O, come sostengono alcuni esperti, visto la precocità dei loro comportamenti dovrebbero essere considerati adulti e quindi dovrebbe essere abolita la soglia di punibilità che in Italia è dei 14 anni? Laura Laera, presidente dell’Associazione dei magistrati per i minori e la famiglia dati in mano difende il nostro sistema: «Rispetto al resto d’Europa abbiamo il minor numero di reati commessi da minorenni. (...) Altro che carcere per i baby criminali. «Dove stavano i genitori prima che fossero commessi i reati? - chiede Laura Laera - Sempre più spesso vedo genitori che sono analfabeti affettivi. Risultato: figli che fanno vite da adulti». «Ma crescere è altra cosa, è saper gestire le proprie pulsioni, è diventare maturi», accusa lo psicologo dell’età evolutiva, Alessandro Vassalli. (...)

Nomi che nominino

Quando chiesero a Confucio che cosa avrebbe fatto nel caso in cui il principe gli avesse affidato il governo, rispose: "E' assolutamente necessario ridare ai nomi il loro vero significato".

lunedì 23 febbraio 2009

Alla rovescia


Il mondo va tutto alla rovescia...
non ci sono più le belle stagioni di una volta.

Mancanze


"Ci sarà sempre qualcosa che mi mancherà, perché so leggere;
non vedrò mai più il mondo come lo vedrebbe un illetterato"
Christian Bobin, La luce del mondo, 139

Quaresima laica

Una moratoria per i giovani. Spengano YouTube e chat
Un modo per riprendere contatto con la realtà
di Francesco Alberoni
Parto da una notizia che ho appena avuto da due giornalisti che hanno intervistato numerosi adolescenti milanesi. Alcuni di loro hanno incominciato a usare l'eroina, ma non se la iniettano, la fumano. Dicono che gli dà un grande rilassamento, una grande serenità. Poi nel weekend, quando vogliono scatenarsi tutta la notte, passano alla coca. La coca li fa sentire onnipotenti. Come se le procurano? «In giro ne trovi quanta ne vuoi, anche su Internet e costa poco». «Non pensi che ti farà male?» «No, fa bene».
Questi adolescenti quando sono a scuola, in casa, quando si trovano con gli adulti non ascoltano. Comunicano solo all'interno del loro universo adolescenziale con mezzi che gli adulti non possono controllare: sms, Internet, chat, YouTube, altre web-tribù. Si incontrano di notte, nelle discoteche e nelle feste. Coi genitori recitano, e questi non sanno nulla della loro vita reale. Considerano i docenti dei falliti che insegnano cose inutili e guardano con compatimento gli psicologi. Fra loro parlano poco, piuttosto chattano e ascoltano musica.
È dalle canzonette che prendono le parole e i concetti filosofici che ispirano la loro vita: «Sii libero, fa quello che vuoi e ricorda che sei perfetto !». I loro modelli sono i personaggi dello spettacolo, chi va a Il Grande fratello, i calciatori miliardari, i bulli, e perfino chi si distingue su YouTube con qualche filmato da brivido. (...) La nuova generazione non ha radici, non ha fondamenti etici, non ha cultura né classica, né politica. Alcuni pensano che, proprio perche è così vuota, sarà più aperta, creativa. È una illusione: senza radici, senza un rapporto reale e drammatico con la vita, senza capacità di confrontarsi e di riflettere e con l'illusione di essere perfetti, non si crea niente. A volte mi domando se a questi adolescenti non farebbe bene un periodo di moratoria, in cui si chiudano loro YouTube, le chat, le discoteche, si limiti l'uso di Internet e dei cellulari per consentire loro di ricominciare a parlare, di riprendere contatto con le altre generazioni, con i giornali e i libri. Una moratoria periodica di due mesi l'anno, una cura disintossicante.

domenica 22 febbraio 2009

Niu' Tennici - "Affitta una Ferrari"

A proposito di ricchi, una canzone divertente!

Onorare Cristo

Dalle "Omelie sul vangelo di Matteo"
di san Giovanni Crisostomo, vescovo
«Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: "Questo è il mio corpo", confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l'avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull'altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.
Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l'onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell'onore che egli ha comandato, fa' che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d'oro, ma di anime d'oro.
Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l'elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.
Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d'oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l'affamato, e solo in seguito orna l'altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d'oro e non gli darai un bicchiere d'acqua? Che bisogno c'è di adornare con veli d'oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d'oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?
Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell'edificio sacro. Attacchi catene d'argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l'ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello».