martedì 2 ottobre 2007
Distorsioni della libertà
Le tre distorsioni fatali nel concetto corrente di libertà
Oggi c'è uno scialo di libertà. Nel nostro mondo, tutte le sue possibili declinazioni vengono esercitate o rivendicate. Guerre vengono fatte in nome della libertà; proposte politiche si riassumono sotto l'egida delle libertà, al plurale. Ogni riforma che voglia presentarsi come innovativa e accattivarsi le simpatie deve assumere almeno l'aspetto di un ampliamento della libertà. Chi potrebbe avere obiezioni? Non è l'anelito alla libertà ciò che è più pro¬fondo nell'essere umano e non è la libertà ciò che lo contraddistingue e che ne fonda dignità e responsabilità?
Ma in tanto inebriarsi di libertà debbono nascondersi delle tare. Come mai, altrimenti, si tollererebbe tanta mancanza sia di libertà da costrizioni e bisogni sia di libertà positiva ed effettiva, di libertà "per" e "di": fare, esistere, creare, amare, ben al di fuori di quei luoghi in cui la negazione della libertà politica e civile è evidente? Come mai milioni di bambini obbligati a diventare guerriglieri o a lavorare, in condizioni disumane? Come mai tante ragazze asservite al racket della prostituzione? Come mai forme di schiavitù in senso stretto, in certi Paesi? Come mai tanto assoggettamento alla mancanza di acqua, di cibo, di cure, di scuole, di case, di lavoro? Come mai, in Paesi liberi e cristiani, i "ragazzi di strada", senza libertà di crescere? È libertà la scelta, di tanti disperati che premono alle nostre coste, tra morire di fame o in mare o essere respinti? E che dire della mancanza di libertà delle coscienze e delle menti, che imperversa anche nei Paesi più ricchi e civilizzati e tra coloro che sono nel benessere? Sono liberi i giovani che si drogano, si abbrutiscono nelle discoteche, si ammazzano nelle stragi del sabato sera? Sono liberi quanti vivo¬no il lavoro solo come mezzo per accumulare denaro e trionfare sugli altri e che devastano affetti? Lo sono gli adulti che maltrattano i bambini o gli uomini che maltrattano le donne (percentuali impressionanti)? Siamo liberi, noi che stiamo rendendo inospitale il pianeta e che ne minacciamo con inquinamenti e energia nucleare, bellica e pacifica, la sopravvivenza? Modelli economici di tipo liberistico da che ci "liberano" se non dalle tutele sociali, assistenza sanitaria e servizi scolastici, dalla sicurezza del lavoro, premessa per progettare la propria vita, oltre che dall'onere umanizzante della solidarietà?
Al fondo della concezione corrente della libertà vi sono distorsioni fatali.
La prima, è il ritenere che la libertà di ognuno trovi nell'altro, nel suo eguale diritto, un limite, al massimo da tollerare e rispettare. Non è così. Filosofia e psicoanalisi sono concordi nel mostrare che la mia libertà è possibile solo perché l’altro c’è. Da altri traiamo origine ma, soprattutto, solo in relazione con l'altro ognuno può compiersi pienamente, è libero d'essere sé stesso: un essere relazionale. Si è liberi con l'altro, non dall’altro. Soltanto nel caso di beni materiali, la compresenza di altri impone la suddivisione e limita, quindi, il godimento. Invece di essere un caso minore nella concezione della libertà umana, il modello dei rapporti riguardanti le cose e la materia è diventato l’unico parametro e criterio della libertà. E, questo, proprio all'interno di quegli orientamenti di civiltà che si sono opposti (e in questo non avevano torto) al "materialismo", identificato col marxismo: solo che ne includono uno peggiore, se non altro perché più subdolo. Un materialismo individualista è, infatti, ancora più disumano di un materialismo collettivista, nel quale si conserva ancora una traccia, pur distorta, della esigenza primaria di coesione.
Il secondo, e forse più radicale, travisamento, al quale si oppongono sia l'annuncio cristiano sia i dati della psicologia del profondo, è quello di pensarci già liberi. Di non riconoscere che i nostri condizionamenti interni ed esterni fanno per noi della libertà una conquista mai del tutto compiuta, che la libertà per noi consiste in una liberazione, dal male cui siamo inclinati, dall'egocentrismo e incapacità di amare. E il Padre nostro termina col grido «liberaci dal male», spesso oscurato da recite frettolose.
Il terzo fraintendimento è il prendere come soggetto della libertà soltanto l'individuo, che è realtà in gran parte fittizia. Pur ognuno con un volto e una responsabilità unici, noi siamo come dei nodi in una rete di relazioni; cristianamente: un corpo, ora «di ossa spezzate» (Merton); cristianamente chiamati a formare il corpo di Cristo. Perciò la libertà è una e indivisibile; è per tutti e per l'intero essere umano o non è. Siamo infatti persone, luoghi di originale e irripetibile risonanza dell'Altro, da cui veniamo, e dei volti, voci e vite degli altri con cui con-viviamo, con-dividiamo e con-creiamo il mondo.
MARIA CRISTINA BARTOLOMEI su Jesus, agosto 2003, 21.
Oggi c'è uno scialo di libertà. Nel nostro mondo, tutte le sue possibili declinazioni vengono esercitate o rivendicate. Guerre vengono fatte in nome della libertà; proposte politiche si riassumono sotto l'egida delle libertà, al plurale. Ogni riforma che voglia presentarsi come innovativa e accattivarsi le simpatie deve assumere almeno l'aspetto di un ampliamento della libertà. Chi potrebbe avere obiezioni? Non è l'anelito alla libertà ciò che è più pro¬fondo nell'essere umano e non è la libertà ciò che lo contraddistingue e che ne fonda dignità e responsabilità?
Ma in tanto inebriarsi di libertà debbono nascondersi delle tare. Come mai, altrimenti, si tollererebbe tanta mancanza sia di libertà da costrizioni e bisogni sia di libertà positiva ed effettiva, di libertà "per" e "di": fare, esistere, creare, amare, ben al di fuori di quei luoghi in cui la negazione della libertà politica e civile è evidente? Come mai milioni di bambini obbligati a diventare guerriglieri o a lavorare, in condizioni disumane? Come mai tante ragazze asservite al racket della prostituzione? Come mai forme di schiavitù in senso stretto, in certi Paesi? Come mai tanto assoggettamento alla mancanza di acqua, di cibo, di cure, di scuole, di case, di lavoro? Come mai, in Paesi liberi e cristiani, i "ragazzi di strada", senza libertà di crescere? È libertà la scelta, di tanti disperati che premono alle nostre coste, tra morire di fame o in mare o essere respinti? E che dire della mancanza di libertà delle coscienze e delle menti, che imperversa anche nei Paesi più ricchi e civilizzati e tra coloro che sono nel benessere? Sono liberi i giovani che si drogano, si abbrutiscono nelle discoteche, si ammazzano nelle stragi del sabato sera? Sono liberi quanti vivo¬no il lavoro solo come mezzo per accumulare denaro e trionfare sugli altri e che devastano affetti? Lo sono gli adulti che maltrattano i bambini o gli uomini che maltrattano le donne (percentuali impressionanti)? Siamo liberi, noi che stiamo rendendo inospitale il pianeta e che ne minacciamo con inquinamenti e energia nucleare, bellica e pacifica, la sopravvivenza? Modelli economici di tipo liberistico da che ci "liberano" se non dalle tutele sociali, assistenza sanitaria e servizi scolastici, dalla sicurezza del lavoro, premessa per progettare la propria vita, oltre che dall'onere umanizzante della solidarietà?
Al fondo della concezione corrente della libertà vi sono distorsioni fatali.
La prima, è il ritenere che la libertà di ognuno trovi nell'altro, nel suo eguale diritto, un limite, al massimo da tollerare e rispettare. Non è così. Filosofia e psicoanalisi sono concordi nel mostrare che la mia libertà è possibile solo perché l’altro c’è. Da altri traiamo origine ma, soprattutto, solo in relazione con l'altro ognuno può compiersi pienamente, è libero d'essere sé stesso: un essere relazionale. Si è liberi con l'altro, non dall’altro. Soltanto nel caso di beni materiali, la compresenza di altri impone la suddivisione e limita, quindi, il godimento. Invece di essere un caso minore nella concezione della libertà umana, il modello dei rapporti riguardanti le cose e la materia è diventato l’unico parametro e criterio della libertà. E, questo, proprio all'interno di quegli orientamenti di civiltà che si sono opposti (e in questo non avevano torto) al "materialismo", identificato col marxismo: solo che ne includono uno peggiore, se non altro perché più subdolo. Un materialismo individualista è, infatti, ancora più disumano di un materialismo collettivista, nel quale si conserva ancora una traccia, pur distorta, della esigenza primaria di coesione.
Il secondo, e forse più radicale, travisamento, al quale si oppongono sia l'annuncio cristiano sia i dati della psicologia del profondo, è quello di pensarci già liberi. Di non riconoscere che i nostri condizionamenti interni ed esterni fanno per noi della libertà una conquista mai del tutto compiuta, che la libertà per noi consiste in una liberazione, dal male cui siamo inclinati, dall'egocentrismo e incapacità di amare. E il Padre nostro termina col grido «liberaci dal male», spesso oscurato da recite frettolose.
Il terzo fraintendimento è il prendere come soggetto della libertà soltanto l'individuo, che è realtà in gran parte fittizia. Pur ognuno con un volto e una responsabilità unici, noi siamo come dei nodi in una rete di relazioni; cristianamente: un corpo, ora «di ossa spezzate» (Merton); cristianamente chiamati a formare il corpo di Cristo. Perciò la libertà è una e indivisibile; è per tutti e per l'intero essere umano o non è. Siamo infatti persone, luoghi di originale e irripetibile risonanza dell'Altro, da cui veniamo, e dei volti, voci e vite degli altri con cui con-viviamo, con-dividiamo e con-creiamo il mondo.
MARIA CRISTINA BARTOLOMEI su Jesus, agosto 2003, 21.
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