sabato 26 luglio 2008

Genocidi e santi

Avanti un altro santo!

Mila Damianov, 53 anni racconta i mesi col Dr. Babic: "Non sono la sua fidanzata"
E descrive così l'uomo arrestato come criminale di guerra: "Per me è una specie di santo"
"Macché boia, era un santo": parla l'amica di Karadzic
Belgrado - E' furente e non certo per le bugie raccontatele dal sedicente dottor Dabic. "No, non ce l'ho con lui. Per me era e rimane una persona eccezionale, ma per l'uso improprio che la stampa ha fatto del mio nome e della mia faccia. Non ero l'amante di Dragan - continua a chiamarlo così, ndr - ero una sua collaboratrice. O meglio una sua allieva". "L'allieva - prosegue - di un uomo a cui devo molto e da cui ho molto imparato. Le bugie dei giornali, quelle sì, mi hanno sconvolto la vita e mi hanno messo in grave imbarazzo con la mia famiglia".
Mila Damianov, belgradese, 53 anni, (...) "Mai, nemmeno per un momento, ho dubitato di lui. Lo vedevo come una specie di santo, un apostolo. Uno che aveva a cuore i problemi di coloro che soffrono". (...) "Non mi piace giudicare gli altri. E poi ciascuno è responsabile della propria vita. Io al dottor Dabic gli ho solo visto fare del bene". (...)
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Il massacro di Srebrenica - Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il massacro di Srebrenica fu un genocidio e crimine di guerra, consistito nel massacro di migliaia di musulmani bosniaci nel luglio 1995 da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladic nella zona protetta di Srebrenica che si trovava al momento sotto la tutela delle Nazioni Unite.
È considerato uno dei più sanguinosi stermini di massa avvenuti in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale: secondo fonti ufficiali le vittime del massacro furono circa 7.800, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime affermino che furono oltre 10.000.
I terribili fatti avvenuti a Srebrenica in quei giorni sono considerati tra i più orribili e controversi della storia europea recente e diedero una svolta decisiva al successivo andamento della guerra in Jugoslavia. Il Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia (ICTY) istituito presso le Nazioni Unite ha accusato, alla luce dei fatti di Srebrenica, Mladic e altri ufficiali serbi di diversi crimini di guerra tra cui il genocidio, la persecuzione e la deportazione. Gran parte di coloro cui è stata attribuita la principale responsabilità della strage, siano essi militari o uomini politici, è tuttora latitante. (...)
Il 6 maggio 1993 il consiglio di sicurezza dell'ONU, con la risoluzione 824, istituì come zone protette le città di Sarajevo, Tuzla, Zepa, Goražde, Bihac e Srebrenica, inoltre, con la risoluzione 836, dichiarò che gli aiuti umanitari e la difesa delle zone protette sarebbero stati da garantire anche all'occorrenza con uso della forza, utilizzando soldati della Forza di protezione delle Nazioni Unite, i cosiddetti Caschi blu.
La cosiddetta zona protetta di Srebrenica fu delimitata dopo un'offensiva serba del 1993 che obbligò le forze bosniache ad una demilitarizzazione sotto controllo dell'ONU. Le delimitazioni delle zone protette furono stabilite a tutela e difesa della popolazione civile bosniaca, quasi completamente musulmana, costretta a fuggire dal circostante territorio, ormai occupato dall'esercito serbo-bosniaco. Decine di migliaia di profughi vi cercarono rifugio.
Verso il 9 luglio 1995, la zona protetta di Srebrenica e il territorio circostante furono attaccati dall'armata serbo-bosniaca. Dopo un'offensiva durata alcuni giorni, l'11 luglio l'esercito serbo-bosniaco riuscì ad entrare definitivamente nella città di Srebrenica. Gli uomini, dai 14 ai 65 anni furono separati dalle donne, dai bambini e dagli anziani, apparentemente per procedere allo sfollamento; secondo le istituzioni ufficiali i morti furono circa 7.800, mentre non si hanno ancora stime precise del numero di dispersi. Fino ad oggi circa 5000 corpi sono stati esumati, di cui appena 2000 sono stati identificati.
Il 26 febbraio 2007 la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, il principale organo giurisdizionale dell'Onu, si è pronunciata sul ricorso della Bosnia contro la ex-Jugoslavia, ovvero l'attuale Stato della Serbia. (...) Rosalyne Higgins, britannica e presidente del collegio giudicante di appello, ha dato lettura della sentenza. La sentenza di appello del 26 febbraio è stata votata all'unanimità dal collegio giudicante, e conferma quella di primo grado del 2 agosto 2001, nel riconoscere il massacro di Srebrenica come un genocidio.
Il Tribunale ha respinto la richiesta di indennizzo a favore dei sopravvissuti a Srebrenica. La Corte ha stabilito che quello che avvenne fu un genocidio ad opera di singole persone, ma che lo Stato Serbo non può essere ritenuto direttamente responsabile per genocidio e complicità per i fatti accaduti nella guerra civile in Bosnia-Herzegovina dal 1992 al 1995, fra i quali rientra la strage di Srebrenica. Il fatto è riconosciuto come genocidio poiché "l'azione commessa a Srebrenica venne condotta con l'intento di distruggere in parte la comunità bosniaco musulmana della Bosnia-Erzegovina e di conseguenza si trattò di atti di genocidio commesse dai serbo bosniaci".

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