sabato 30 agosto 2008

Dire "No!"


Prof e sesso: si può anche dire "no"
di Chiara Saraceno
Si può anche dire di no e si può anche chiedere aiuto. Non è vero che una donna sempre e comunque non ha altra scelta che accettare le richieste e i ricatti sessuali di chi è in qualche posizione di autorità. Della triste vicenda di ricatti sessuali che sembrerebbe aver coinvolto un concorso nell’Università di Torino ciò che colpisce di più non è la possibilità che tali ricatti esistano, che taluni professori possano richiedere alle allieve prestazioni sessuali in cambio di voti o promozioni. Ciò è triste, la dice lunga su come molti uomini confondano rapporti di sesso e rapporti di potere; ma non è sorprendente. Colpisce di più il fatto che siano stati accettati senza aver cercato altre soluzioni: dalla denuncia al preside o al comitato pari opportunità fino alla ricerca di un altro professore meno impropriamente esigente con cui laurearsi e fare la specialità. Ancora un volta, in una mescolanza di fatalismo e opportunismo, si accetta una «regola del gioco» senza provare a contestarla e ad andare a vedere se sia poi così consensualmente accettata e salda. (...)
Per non indurre equivoci chiarisco subito che io ritengo sempre moralmente reprensibile un professore - come chiunque sia in posizione di autorità - che fa anche solo proposte a una studentessa che da lui dipende, anche senza ricatti e anche se questa è consenziente. Trovo anche, se non moralmente riprovevole, inopportuno e un po’ sconsiderato che accetti eventuali proposte di una studentessa (perché, va detto, anche questo avviene) o comunque di qualcuno che è in posizione subalterna. (...)
Ciò detto, le donne, le studentesse nel nostro caso, che si trovano di fronte a richieste improprie non sono (non sono più) proprio prive di risorse e alternative, se mai lo sono state. Oltre al loro senso di dignità e a una valutazione squisitamente soggettiva di ciò che sono disposte a pagare per quello che vogliono ottenere, possono anche ricorrere a strumenti che la lunga storia e battaglia del movimento delle donne ha sollecitato a costruire. (...)
Non è facile, certo, intraprendere questa via. Richiede fiducia nelle proprie ragioni e nella capacità dell’istituzione di proteggere chi denuncia, ma anche di negoziare una soluzione accettabile e condivisa. Certo però è meno umiliante che accettare «le regole del gioco», salvo eventualmente denunciarle quando non funzionano più o si ritorcono contro. Soprattutto contribuisce a rompere queste regole, a creare un clima di diffusa delegittimazione culturale e istituzionale per chi ancora le pratica, a indurre una riflessione, tra gli uomini e le donne, sui confini e gli intrecci rischiosi di sesso e potere. articolo

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