mercoledì 4 marzo 2009

A proposito dell'Assemblea sinodale / 2

DISCERNIMENTO COMUNITARIO

Un altro oggetto di discernimento in questa seconda fase nelle comunità cristiane è spesso il lavoro pastorale, la missione, le priorità apostoliche (chiudere o aprire una comunità in un determinato posto, assumere un compito pastorale, lasciarne un altro ecc.). Per questo motivo si è tornati a parlare di discernimento comunitario, in quanto si vuole che tutta la comunità partecipi alle scelte che si prendono. Il discernimento comunitario, nel senso proprio del termine, non significa arrivare alla scelta sommando i discernimenti individuali, ma che la comunità si riconosce come un organismo vivo, che le persone che la compongono creano una comunione dei cuori tale che lo Spirito si può rivelare e che esse lo colgono in quanto comunione di persone, unità di intesa.
Il discernimento comunitario fa leva sull'amore nel quale vive la comunità. La carità fraterna è la porta alla conoscenza. L'amore è il principio conoscitivo. Dunque, se realmente si vive nell'amore e non solo si pensa, si è nello stato privilegiato per la conoscenza delle realtà spirituali e per la creatività. Le intuizioni, la capacità creativa, inventiva, crescono proficuamente solo dall'amore. Allora la comunità può essere molto più sicura di essere sulla scia della volontà di Dio, che la intuisce, la conosce e che risponde, se discerne come comunità, proprio a causa dell'amore fraterno. Il discernimento comunitario non è dunque un semplice dibattito su un argomento, una riflessione guidata, partecipata; il discernimento comunitario non si muove sulle coordinate della valutazione democratica, con i processi di votazione usuali nei parlamenti.
Le premesse del discernimento comunitario
Sono necessarie alcune premesse perché il discernimento nel senso vero si possa realizzare:
- Le persone della comunità dovrebbero essere tutte ad uno stadio di vita spirituale caratterizzato da una radicale sequela Christi, con una esperienza riflettuta di Cristo pasquale. I membri della comunità devono essere dunque ben dentro alla logica pasquale e spinti da un autentico amore per Cristo che deve essere il primo nei loro cuori. (...)
- Le persone della comunità dovrebbero avere anche una maturità ecclesiale, una coscienza teologica della Chiesa liberata dai determinismi sociologici e psicologici, per una libera comprensione dell'autorità e dunque un libero atteggiamento di fronte ad essa. (...) Le persone devono essere, almeno in linea di principio, pronte ad entrare in una preghiera per liberarsi dalle proprie vedute, dai propri argomenti e dai propri desideri.
- Ci vuole la maturità umana di saper parlare in modo distaccato, pacato e conciso. Ci vuole la maturità di saper ascoltare fino in fondo, di non cominciare a reagire mentre l'altro ancora parla. Non solo esteriormente, ma anche interiormente, ascoltare fino alla fine. (...) Più ci si inciampa tra le persone, meno si è protesi verso la direzione giusta.
- Inoltre, ci vuole un superiore, una guida della comunità capace di portare a termine il processo di discernimento. Una persona cioè che abbia un'autorità spirituale, non semplicemente ex officio, e che conosca le dinamiche del discernimento, in modo da poterne guidare il processo.

M. I. Rupnik, Il discernimento, 123 ss.

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