domenica 15 marzo 2009

Sicurezza o solitudine?

I numeri sui citofoni: sicurezza o solitudine?
di mons. Mario Delpini
Avvenire - Milano 7 - 30.11.08
I campanelli e i citofoni sono stati inventati - io credo - per farsi trovare. So la via, il numero, il cognome e mi dico: «Sono di passaggio, faccio un’improvvisata, chi sa come sarà contento il mio amico di rivedermi!». Ma davanti al portone scopri che campanelli e citofoni, servono invece per nascondersi: numeri, sigle, codici. Tutto, eccetto il nome e il cognome. Sono proibite le improvvisate. Se nel palazzo c’è uno studio d’avvocati, un ufficio di consulenza, l’ambulatorio di un dentista, allora trovi in evidenza il nome sul campanello e sei guidato passo passo fin davanti allo sguardo sorridente di una segretaria: guai a perdere un cliente. E un amico che viene senza preavviso? Beh, se non ha il cellulare, passerà un’altra volta. E il prete che passa per la benedizione di Natale? Suona a tutti i campanelli, finché qualcuno risponde, apre, invita a entrare. «Buona sera, signor Rossi». «No, guardi, io sono il signor Bianchi. È rimasto il nome dell’inquilino di prima. Perché poi cambiare?». Il prete vorrebbe chiamare ciascuno per nome, a imitazione del Buon Pastore, ma sembra che la gente si senta più sicura nell’anonimato. Ma si deve dire «sicurezza» o piuttosto «solitudine»?

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