venerdì 11 gennaio 2008

Lacrime e emozioni


LA CLINTON E TUTTI GLI ALTRI

Hillary e l'effetto lacrime in politica
Nel XXI secolo gli occhi lucidi sembrano essere diventati l'elemento fondante della nuova comunicazione politica

Piangere o non piangere: dopo la rimonta bagnata di lacrime di Hillary Clinton, è la questione più affascinante per gli uomini e le donne di potere anni Duemila. Che in questo momento, dagli Stati Uniti all'India all'Italia, si stanno interrogando se hanno pianto abbastanza nella loro vita pubblica e politica. Sì, perché quello che era stato bandito come un vizio da femminucce per tutto il Novecento, e che era stato poi sdoganato timidamente da qualche politico più fricchettone solo negli anni Novanta, sembra diventato elemento fondante della nuova comunicazione politica molto spettacolare del nostro tempo, in cui il leader deve mettere in gioco tutto se stesso, la sua immagine, il suo corpo, i sentimenti.
Attenzione, però, non si tratta della lagna mediatica, di avere il pianto in tasca pronto per ogni occasione: la questione del potere delle lacrime è molto più sofisticata e funziona a certe condizioni, come ha dimostrato Hillary Clinton che con le sue lacrime una tantum, ma umane, molto umane, ha ribaltato di colpo l'immagine di politica superefficiente ma fredda come una lama d'acciaio, gettando nello sconforto l'intero staff dello sfidante Obama, convinto che era molto più facile prima, quando si trattava di andare contro un robot e non contro una donna che — sul serio o per artificio — gioca fino in fondo e con voce rotta la carta del momento di verità. E ringiovanisce di colpo la sua immagine fino a diventare, quasi, anche lei, fresca come un outsider.
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Maria Luisa Agnese - 11 gennaio 2008

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