sabato 5 gennaio 2008

Re Magi giovani


I Re Magi giovani del nostro tempo

di p. Renato Kizito Sesana, missionario comboniano – Natale 2003


Questo è stato il terzo Natale di questo millennio. E' stato ancora una volta, un Natale di pace per una minoranza dell'umanità. Per troppi in Palestina, Afghanistan, Iraq, ma anche in tanti altri paesi, è stato un Natale armato. E per quasi due miliardi di persone è stato un Natale vissuto nella guerra quotidiana contro la povertà, forse un Natale di fame, forse un Natale passato accudendo un familiare malato se non addirittura morente di malaria, di dissenteria, di lebbra, di AIDS, malattie che secondo la logica non dovrebbero esistere più da molti anni, od essere facilmente superabili. Niente di nuovo, niente di cui scandalizzarci. Il Gesù di cui celebriamo la nascita è venuto al mondo in un paese occupato militarmente.
Quando gli angeli cantavano "Pace in terra agli uomini di buona volontà" erano ascoltati da gente angosciata e divisa tanto quanto lo siamo noi oggi. La mamma e il papà di Gesù erano abituati ad uno stile di vita così duro che per noi è difficile immaginare. E subito dopo fecero l'esperienza amara dell'esilio. Lo scandalo è che dopo di lui dovrebbero essere cambiate tante cose che invece sono rimaste identiche. Colpa anche nostra, di cristiani e di una Chiesa ancora con troppo poca fede, ancora lacerata da incertezze e conflitti.
Stavo facendo queste riflessioni proprio mentre riordinavo le statue per il Presepio che i nostri amici, rifugiati dal Rwanda, mi hanno regalato. Mi è balzato agli occhi che hanno fatto dei Re Magi giovanissimi. Ma i Re Magi non erano anziani? Vado a rileggere i pertinenti passi del Vangelo ed effettivamente riscontro che di loro non sappiamo né il numero, né il sesso, né il colore della pelle, né l'età. Allora chiamo Pierre, lo scultore, il quale alla mia domanda risponde con logica inoppugnabile: "Li ho fatti giovani perché i viaggi lunghi e faticosi li possono fare solo i giovani. Agli anziani se non mancano le forze manca l'entusiasmo. Anche noi, quando siamo fuggiti dal Rwanda addirittura sotto la minaccia di morte, eravamo tutti giovani, gli anziani non se la sentivano di affrontare un lungo viaggio, hanno preferito affrontare il rischio di restare".
Mi piace quest'idea dei Re Magi come giovani entusiasti ed irrequieti, magari in cerca di novità, sotto sotto in cerca di un motivo per vivere. Liberi da impegni di famiglia, si buttano in spalla un borsone, o lo mettono in groppa ad un cammello e via, alla ricerca.
I Magi erano addestrati in astrologia e nell'interpretazione dei sogni. Non tutti i giovani sono degli esperti in sogni? Forse l'evangelista li chiama Magi perché vuole sottolineare proprio il loro sogno e ricerca del senso della vita, della sapienza. Certo sono rimasti rispettosamente sorpresi quando Erode ha letto loro un passo delle Scritture, e lo hanno preso seriamente, ma non si sono convertiti al giudaismo. Tantomeno Maria ha cercato di insegnare loro il catechismo...
Semplicemente si sono inginocchiati di fronte a quel Bambino, e ciò che quel Bambino aveva da insegnare lo hanno capito, senza pronunciare nessun Credo. Forse erano ricchi, certo non erano poverissimi, altrimenti dove avevano preso l'oro, l'incenso e la mirra che portavano come doni? Magari avevano venduto tutto e fatto una raccolta fra amici e parenti per mettere insieme il sufficiente per viaggiare e oro, incenso e mirra erano la loro moneta di scambio, in tempi in cui non c'erano né carta moneta né carte di credito. E al bambino che hanno trovato, hanno offerto tutto quello che era rimasto del loro tesoro iniziale. Viaggiavano di notte, altrimenti come avrebbero potuto seguire la stella, cosa che li rende più simili a tanti giovani d'oggi. Il Vangelo ci dice con certezza che venivano da Est, terra di favoleggiata sapienza e di ricchezze. E questi giovani sapienti, o cercatori di sapienza, almeno moderatamente benestanti, si mettono in pellegrinaggio per cercare, guidati solo da una stella, un lontano villaggio nascosto nella campagna di un paese sconosciuto. Quando arrivano si inginocchiano davanti ad un bambino povero, nato in una stalla, e riconoscono in lui la presenza di Dio.
Non ho forse visto questo miracolo ripetersi tante volte a Kivuli, a Mthunzi e sui Monti Nuba quando i giovani venuti da lontano, con mezzi per viaggiare, con studi e sofisticate esperienze che li hanno resi un po' arroganti e un po' cinici, ad un certo punto si accorgono che tutto il loro bagaglio non vale proprio niente, e lo depongono davanti ad un bambino? Un bambino che è troppo piccolo per parlare e che pure, con la sua toccante e viva presenza, rappresenta tutto ciò che conta nella vita?

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