giovedì 3 gennaio 2008

Speranza nella schiavitù


E' nello spirito e secondo gli scritti di fr. Charles De Foucauld e di piccola sorella (p.s.) Magdeleine che sono state fondate varie fraternità in mezzo alle persone più emarginate. Il primo inserimento in ambiente di prostituzione è avvenuto a Marsiglia.

In quanto città cosmopolita e portuale, Marsiglia era ed è sempre un centro di prostituzione, oggi incrementata dalla "rete" dell'Europa dell'Est e l'arrivo di donne dalla Bulgaria. Albania, Romania, Russia e altri paesi.

All'origine del nostro inserimento a Marsiglia va posta la conoscenza di un infermiere militare che frequentava il quartiere di prostituzione, non come cliente ma per aiutare da un punto di vista sanitario le donne che glielo chiedevano. Ci portò da una di loro, O., che voleva liberarsi dal suo protettore molto violento e uscire da quell'inferno. Vivevamo allora alla "Charité", una vera baraccopoli. La conoscenza di O. ci permise di introdurci nel quartiere di prostituzione più povero. Quanto a O., la potemmo portare all'estero, in un paese dove riprese una vita normale. Per caso, a quella stessa epoca (1955) avevamo incontrato all'ospedale una giovane donna ed eravamo diventate amiche. Più tardi la ritroveremo in un quartiere di "alberghi a ore". Una serie di nuove conoscenze ci portò, nel 1957, a fondare la prima fraternità all'interno di un quartiere di prostituzione, grazie anche all'accordo del Vescovo, molto aperto. Avemmo così la possibilità di conoscere da vicino molte donne vittime di protettori spesso molto violenti, di fare amicizia e guadagnare la loro fiducia.

Il nostro modo di testimoniare: presenza, contatti semplici, amichevoli e rispettosi, aiuto morale, lasciando ai Servizi sociali il loro ruolo specializzato.Negli anni, abbiamo conosciuto e amato centinaia di donne di tutte le età, travestiti, transessuali, d'Europa, d'Asia, d'Africa e America del Sud. I contatti si stabiliscono molto semplicemente per le strade dove le donne aspettano il "cliente", piccole conversazioni dove possono dire le loro sofferenze, il loro passato, la loro fiducia e giovinezza traumatizzata, le loro paure (aggressioni e a volte omicidi).

Altri contatti sono quelli con le donne dei locali notturni. Nel quartiere dell'Opera ce ne sono diciassette. In questi locali le giovani "entraîneuses" intrattengono i clienti per farli bere. Sono retribuite a percentuale sul bicchiere o sulla bottiglia di champagne. Questi locali, aperti dalla sera tardi fino all'indomani mattina, sono di solito l'anticamera della prostituzione. I primi contatti con queste giovani si prendono per strada, là dove stanno ad adescare i clienti o a volte a chiacchierare tra loro. Cambiano spesso locale o cadono nella prostituzione o lasciano del tutto l'ambiente, per cui ne incontriamo molte, ma sono tante quelle che non vedremo più.Per noi la cosa più importante è l'ascolto, l'assenza di giudizio, il rispetto di quelle o quelli che si sentono giudicati, umiliati e senza speranza.Ecco un loro grido di sofferenza:«Se ne vedete una (prostituta) sulla strada vedrete il suo corpo. Pensate al suo cuore che non vedete, ma che batte fortissimo, troppo forte dentro...». E un altro grido, lucido e doloroso: «Valgo di più di quel che faccio...».

La nostra presenza prosegue all'ospedale, quando una di loro è ammalata, oppure in prigione dove molte scontano una pena per il reato di adescamento. Abbiamo anche accompagnato alcune fino alla morte nella solitudine di un letto di ospedale.

Nel corso di questi anni quanti "miracoli" sono avvenuti! Molte di queste donne sono uscite dalla prostituzione, portandone però le conseguenze per la vita: alcool, AIDS, salute disastrosa e relazioni difficili con i figli, che spesso nell'adolescenza le rifiutano. «Soffri?», «Sì, ma non ancora abbastanza per lui. Gesù ha sofferto più di me», dice una... E un'altra che sta morendo di cancro: «Io sono la via crucis di Gesù...». Grande emozione quando una di loro, vedendo con una piccola sorella un film su Gesù e sentendo la parola «Le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli» (Mt 21,31), grida: «Se ha detto questo, al¬lora anch'io posso andare in cielo!».Ci sono state riconciliazioni con le famiglie, perdoni donati alla madre che le aveva maltrattate, perdono eroico anche di una donna abbandonata dall'amico, che per anni aveva visitato e sostenuto mentre era in prigione, e che al ritorno da Lourdes mette la foto di Bernadette sopra quella di lui e dice: «Sarà la mia sola vendetta...».

Ed ecco il percorso di una di loro. In piedi davanti a un bar tutti i giorni aspettava dal mattino alla sera... Si faceva chiamare Rita perché aveva una grande devozione per questa santa. Le chiedeva la forza di andarsene da quel quartiere sordido e dall'uomo che ve la manteneva in vera schiavitù. Davanti al Bar Rue Longue dove stava, brillava la luce rossa della cappellina della fraternità. Dirà più tardi: «Guardando quella luce e aspettando....facevo la mia ora di adorazione...». Un giorno ha avuto il coraggio di farla finita, di nascondersi, di riprendere a poco a poco una vita diversa insieme al marito e ai figli che aveva lasciato. Nel paesino dove abita oggi, chi potrebbe dubitare che è la stessa persona, quella che tutte le mattine va a messa, piena di una fede e di un rendimento di grazie senza fine? Ci scriveva: «Saranno presto trent'anni che ci conosciamo. II Signore mi ha presa per mano. Quanta strada da allora. Non smetto di ringraziarLo d'aver lasciato le altre pecorelle per cercare me, la smarrita della strada, e attraverso di voi. Credetemi, siete nelle mie preghiere, ancora stamattina nella messa».

Pensiamo che "lo spirito fraternità" che abbiamo cercato di vivere abbia toccato da vicino le nostre amiche. Molte hanno fede, pregano anche se non praticano o praticano poco e senza neanche esprimerlo, ma il loro comportamento verso se stesse e gli altri è impregnato dallo spirito ereditato da fr. Charles, e per noi direttamente da p.s. Magdeleine, lei che ci diceva che bastava che fossimo anche solo «un piccolo raggio di sole che entra in una slama buia e gelida per illuminarla e scaldarla...».

Anche noi, piccole sorelle, sentiamo tutto quello che ci hanno portato queste persone: la loro amicizia, la loro umiltà, la loro riconoscenza. È una vera reciprocità, tra loro che sono immerse nella sofferenza e noi piccole sorelle che beneficiamo delle loro ricchezze nascoste.


piccola sorella Marie Raymonde e piccola sorella Liliane di Gesù


A proposito delle prostitute che vivono alla periferia di Città del Messico, ecco cosa scrive un'altra piccola sorella.
Ho scoperto in loro "gesti di vita" e desidero condividerne alcuni con voi. Sono gesti che capitano nelle conversazioni che si tessono in secondi, in minuti, e però rimangono in mente come parte degli interrogativi che queste persone del "sottomondo" pongono alla nostra società tanto ben organizzata di "normali e degni".

Maria: «Non mi hanno visto ieri in strada perché era il giorno in cui sto con i miei figli e lo dedico tutto a loro, anche se non ho soldi - ma questo lo so solo io. Ora mi fermo in strada fino a stasera per rifarmi un poco e pagare le spese della scuola per loro...».

Samantha: «Noi "le indipendenti" viviamo bene se paragonate alle ragazze che sono controllate. Lì ci sono sopratutto minori, le sfruttano e picchiano come animali. Loro sono importate da altri paesi o ingannate da persone del loro villaggio. Escono da qui solamente quando sono già vecchie a trent'anni e con vari figli...».

Alicia: «Ora che siamo nella settimana santa non mi metto la minigonna per rispetto, per lo meno so che Dio ne terrà conto, e poi qui tra noi ci aiutiamo le une le altre, perché quelli che ci "proteggono" non lo fanno. Quello che più desidero e avere un lavoro dignitoso e questo avverrà presto. Intanto i miei figli vanno a scuola dalle suore e lì insegnano loro a pregare e li educano bene».

Cristat: «Prendo molta cura dei miei bambini e gli do il meglio. Tutti stanno studiando e vanno bene a scuola. Vengo sulla strada solo in mattinata perché nel pomeriggio sto con loro aiutandoli nei compiti o vado alla loro scuola...

Gitana: «Quando non ho un cliente, leggo per restare aggiornata. Ora sto leggendo un libro grosso che tengo nella stanza dove mi cambio quando torno a casa mia, perché là non ho tempo per me».
Ci sono molte cose che mi condividono e che sarebbe bello scrivere, ma so che quello che succede di più importante all'essere umano non si esprime con parole, ma con gesti concreti che solo con gli occhi ed il cuore di fronte alla persona possiamo percepire. Dio ha un modo delicato di mostrarci il suo Volto nelle persone che si lasciano umilmente abitare da Lui.


piccola sorella Betty


esperienze tratte da "Notizie delle fraternità", n. 32, 2007-08

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