lunedì 7 luglio 2008

Resistere


"Sulla grande piazza era arrivato un famoso profeta. Pare dicesse cose assai interessanti. Un'occasione da non lasciarsi sfuggire. Di fatto, tutti, dopo essersi passata la voce, accorrevano ad ascoltare. Applaudivano, in preda a un entusiasmo incontenibile e contagioso. Un grosso successo. Era il profeta che ci voleva. Diverso dai soliti predicatori barbogi. Col trascorrere del tempo, però, l'uditorio cominciò a sfoltirsi. Sulla piazza, dove prima tutti sgomitavano per accaparrarsi i primi posti, cominciarono a crearsi dei vuoti abbastanza vistosi e preoccupanti. Qualcuno si stancava, altri si infastidivano. Infatti il profeta diceva verità scomode, che disturbavano. Cose che la gente non amava sentirsi dire. Ci fu chi lo insultò, altri lo derisero. Qualcuno addirittura suggerì di chiamare la polizia. I più, però, se ne andarono in silenzio, delusi. Non era quello il messaggio rassicurante che aspettavano. Logica, quindi, la diserzione. Rimasero in pochi. Ma lui, in mezzo a quella dozzina di ascoltatori distratti, che stavano lì più che altro per convenienza, per abitudine, continuava a gridare, anche se mancavano gli applausi (che lui, del resto, come ogni profeta che si rispetti, non aveva mai cercato né gradito), e ogni tanto, invece, si levavano fischi e voci rabbiose di contestazione. Andò a finire che il profeta rimase solo. Un bottegaio, lì vicino, che tra l'altro aveva visto calare la cifra di affari, uscì fuori e lo interpellò: «Perché ti sgoli inutilmente? Non ti accorgi che tutto è inutile, ormai, la tua missione è fallita, la gente si è stufata di te, non vuole più saperne? A chi parli, povero illuso?». Il profeta rispose, con la massima calma: «Vedi, da principio nutrivo la speranza di poterli cambiare, almeno un po'. Per questo dovevo gridare. Adesso, però, mi sono convinto che devo gridare per impedire che siano loro a cambiare me».
Fin qui la parabola. Giovanni Battista, nel buio della prigione di Macheronte, continuò a urlare anche se non serviva a nulla. Anche se fuori, probabilmente, nessuno sapeva nulla. Lui, certo, non aveva paura che Erode lo cambiasse. Temeva, piuttosto, di cedere alla stanchezza, e quindi lasciar mancare una parola "inutile", ma necessaria. Il pericolo più grave che corre il profeta non è quello di venire "convertito" lui dai suoi ascoltatori (specialmente da quelli assenti), ma di dichiarare, rassegnato: «Non serve a nulla. Cosa ci sto a fare?». Il vero profeta non si preoccupa quando mancano gli ascoltatori. E importante che lui non manchi alla parola".
Alessandro Pronzato, La predica, 63-64

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