L'amore urlato al tempo dei telefonini
Lo sviluppo tecnologico che ha inflitto danni permanenti alla società è il telefono cellulare
di Jonathan Franzen
Non sono contrario agli sviluppi tecnologici. (...) Benché i miei aggeggi preferiti siano quelli che salvaguardano attivamente la privacy, sono anche favorevole a qualsiasi novità tecnologica che non mi costringa a interagire con essa. (...) Le invenzioni che non riesco ad accettare, tuttavia, sono simili agli insulti che continuano a ferire, alle mazzate che continuano a far male. Lo sviluppo tecnologico che ha inflitto danni permanenti alla società — vale a dire, l'invenzione di cui non è nemmeno possibile lamentarsi in pubblico, malgrado i disastri provocati, pena il ridicolo — è il telefono cellulare. (...) Il mondo, dieci anni fa, non era stato ancora del tutto espugnato dalla chiacchiera. L'uso dei Nokia appariva un'ostentazione o una mania dei ricchi. Oppure, per essere generosi, una malattia, un'invalidità o una stampella. Sul finire degli anni Novanta, già si avvertiva a New York una morbida transizione metropolitana dalla cultura della nicotina alla cultura del cellulare. (...) Inutile dirlo, non c'è stato alcun dilemma. Il cellulare non era una di quelle trovate moderne, come il Ritalin o gli ombrelli extra large, alle quali si oppongono valorosamente numerose sacche di resistenza civile. Il suo trionfo è stato fulmineo e totale. I suoi abusi sono stati vituperati e condannati in saggi, articoli e lettere a vari direttori, e poi vituperati e condannati con maggior vigore quando gli abusi sembravano aggravarsi, ma è finito tutto qui. (...)
Parlo dell'abitudine, sconosciuta dieci anni fa, ma oggi diffusissima, di chiudere le conversazioni al cellulare sbraitando le parole «LOVE YOU!» O, ancora più opprimente e seccante, «I LOVE YOU!». Mi fa venir voglia di trasferirmi in Cina, dove non capisco la lingua. O di mettermi a urlare. Ammetto la possibilità che, tra tutte le persone che affollano la sala di attesa di un aeroporto, l'uomo più straordinariamente arido e incapace di amare sia io. È anche possibile, però, che la reiterazione abituale e frequente svuoti la frase del suo significato. (...) Ecco, questa confessione è inammissibile quando si parla davvero dal profondo del cuore. (...) Io non riesco a trattenermi dal pensare che siamo davanti a una sceneggiata: una recitazione istrionica, fatta in pubblico e imposta agli altri con un senso di rivincita. Se la dichiarazione d'amore di quella madre avesse avuto un peso emotivo personale e autentico, la donna non avrebbe dovuto usare qualche premura per salvaguardarla dalle orecchie del pubblico? Se era davvero sincera, dal profondo del cuore, non sarebbe stato meglio sussurrarla? Origliando la sua conversazione, da perfetto estraneo, mi sento coinvolto invece in una dichiarazione aggressiva di proprietà. È come se quella donna stesse dicendo a tutti i presenti: «Le mie emozioni e la mia famiglia valgono di più della vostra tranquillità». E inoltre, come sospetto spesso: «Voglio far sapere a tutti che, a differenza di molte persone, tra cui quel bastardo di mio padre, io sono una donna che esprime sempre l'amore che prova per i suoi cari».O forse, travolto da un'irritazione che adesso comincia a sembrarmi un po' lunatica, mi starò immaginando tutto? (...) articolo completo
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