intervento all’Ora Media con la quinta teologia
La Parola di oggi: Vangelo secondo Matteo 21, 18-22
Qualche anno dopo mi commuovo che l’Altissimo, nonostante abbia visto tanti nostri errori, continui a dichiarare la sua “fame” di ministri ordinati della sua Chiesa, dalla sua Chiesa, per la sua Chiesa. E fame anche di me, tra questi ministri.
Qualche anno dopo mi meraviglio ancora che Gesù mi guardi, si avvicini a me, mi pensi e mi ricrei come portatore di una Notizia buona, sebbene Lui conosca le mie asperità, le mie rigidità, le mie durezze.
Qualche anno dopo, in questi giorni, accetto di fungere da “contro-miracolo” (secondo la definizione di Silvano Fausti), l’unico contro-miracolo del Vangelo, sperando almeno di servire come monito ad altri, in qualità di puledro o di albero seccato.
Qualche anno dopo gioisco ancora di avere un Signore che si aspetti ovunque frutti saporosi, anche fuori stagione; un Signore che non si lascia vincere dallo scoraggiamento, che ci prova sempre, ricordando e suscitando nei suoi discepoli la ferma convinzione che ogni momento è quello buono per fare frutti.
Qualche anno dopo mi rattristo perché la fame di Gesù, la domanda d’amore di un Dio bisognoso, resta spesso delusa. La prima parte di questo episodio è come una istantanea della delusione: l’albero più vicino e dai frutti più dolci, il fico, è il popolo di Dio, che ha sempre bisogno di essere stimolato ad avere fede, a non dubitare dei metodi del Salvatore che si fa servo.
Qualche anno dopo sono illuminato dalla Parola a valutare con fermezza il mio passato: i propositi, i sogni, il ministero… “tante foglie, nessun frutto”, “molto fumo, niente arrosto”. Fatto oggetto di misericordia perché strutturalmente bisognoso, inconcludente, in-efficace.
Qualche anno dopo, appena varcata la soglia dei quarant’anni, cerco di imparare dagli occhi di Gesù come guardare la mia sterilità, superando la tentazione di abbandonarmi alla lamentela, alla rabbia, alla frustrazione.
Qualche anno dopo, sono su questo colle, su questo monte. E oso ripetere a me il comando del Signore: “Marco, sradicati e accetta di essere gettato nel mare della vita”. E stacci.
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