mercoledì 1 aprile 2009

A proposito di ascolto del clero

Milano: quel Lezionario impredicabile
Caro direttore, vorrei segnalare il diffuso disagio del clero ambrosiano riguardo all’uso del nuovo Lezionario, da poco entrato in vigore e sul quale avevate dato notizia negli scorsi mesi (cf. Regno-att. 10,2008,310). Già il clero della diocesi era diviso sull’opportunità pastorale di differenziarsi in toto dal Lezionario romano (vedi Sacrosanctum concilium, n. 23, che dà le indicazioni sulle innovazioni «se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa» e all’ultimo paragrafo recita: «Si evitino anche, per quanto possibile, notevoli differenze di riti tra regioni confinanti») in quanto non se ne sentiva la necessità pastorale (il Consiglio presbiterale ha approvato l’introduzione del nuovo Lezionario dopo tre controverse votazioni e con la maggioranza di 50% + 1 voto!). Avendone iniziato l’uso, le perplessità sono cresciute e non ho ancora sentito un parere positivo dai confratelli, neppure dai più «tradizionalisti». La ragione sta nel fatto che la connessione tra le prime due letture e il Vangelo è del tutto illogica. Neppure la pretesa e discussa scelta «tematica» in luogo della (parziale) lectio continua romana – quasi che i liturgisti siano più intelligenti degli evangelisti – appare chiara. Purtroppo una scelta così affrettata – e tutt’altro che condivisa con il clero e il popolo di Dio – avrà pesanti ripercussioni sulla concreta vita liturgica della nostra diocesi: per i prossimi 40 anni utilizzeremo un Lezionario impredicabile! Mi domando se i biblisti presenti nella commissione liturgica apposita abbiano avuto effettivamente voce in capitolo! Perché la vostra strepitosa rivista non approfondisce questa «pseudo-riforma»? Sinceri saluti.
Un parroco di periferia della grande Milano. Milano, 9 dicembre 2008.
da Il Regno/Attualità 2/2009
Un esempio, la seconda lettura di oggi:
Lettura del libro dei Proverbi 30, 1a. 24-33
Detti di Agur, figlio di Iakè, da Massa. / Quattro esseri sono fra le cose più piccole della terra, / eppure sono più saggi dei saggi: / le formiche sono un popolo senza forza, / eppure si provvedono il cibo durante l’estate; / gli iràci sono un popolo imbelle, / eppure hanno la tana sulle rupi; / le cavallette non hanno un re, / eppure marciano tutte ben schierate; / la lucertola si può prendere con le mani, / eppure penetra anche nei palazzi dei re. / Tre cose hanno un portamento magnifico, / anzi quattro hanno un’andatura maestosa: / il leone, il più forte degli animali, / che non indietreggia davanti a nessuno; / il gallo pettoruto e il caprone / e un re alla testa del suo popolo. / Se stoltamente ti sei esaltato e se poi hai riflettuto, / mettiti una mano sulla bocca, / poiché, sbattendo il latte ne esce la panna, / premendo il naso ne esce il sangue / e spremendo la collera ne esce la lite.

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