«La fotografia in bianco e nero sta nel palmo della mano. Ha i bordi dentellati come quelli di una piccola pasta secca. È stata scattata nel 1954. Ho dunque tre anni. Porto un pagliaccetto con un elastico che mi dà fastidio e lo tiro per allentarlo. Con la mano sinistra tengo la mano di mio padre. Indossa una camicia estiva e dei bermuda lunghi. Siamo su una strada di campagna. I nostri sguardi si spingono in lontananza nella stessa direzione e i nostri visi, fra l'incuriosito e il preoccupato, non cercano di piacere a nessuno. Quando ho mostrato quest'immagine a mia madre, ha esclamato: «In quegli anni eri sempre con tuo padre, non lo lasciavi mai».lunedì 4 maggio 2009
Diciassette mesi
«La fotografia in bianco e nero sta nel palmo della mano. Ha i bordi dentellati come quelli di una piccola pasta secca. È stata scattata nel 1954. Ho dunque tre anni. Porto un pagliaccetto con un elastico che mi dà fastidio e lo tiro per allentarlo. Con la mano sinistra tengo la mano di mio padre. Indossa una camicia estiva e dei bermuda lunghi. Siamo su una strada di campagna. I nostri sguardi si spingono in lontananza nella stessa direzione e i nostri visi, fra l'incuriosito e il preoccupato, non cercano di piacere a nessuno. Quando ho mostrato quest'immagine a mia madre, ha esclamato: «In quegli anni eri sempre con tuo padre, non lo lasciavi mai».Christian Bobin, Resuscitare, 29
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