domenica 3 maggio 2009

Ex-sintassi

Mi è franata addosso la sintassi
Del cattivo stato della lingua italiana, avvilita dall’ignoranza della grammatica, dalla povertà del lessico, dall’uso scorretto di termini elementari. Sarà che la lingua, parlata e scritta - come ci ricordano gli specialisti - non ubbidisce a rigide prescrizioni, si modifica in base alle trasformazioni indotte dalla storia e dal costume, appartiene in definitiva a chi se ne serve. Ma certe sciatte derive, non arginate da una scuola che appare sopraffatta dagli strumenti della comunicazione mediatica, suonano irritanti e sconfortanti.
E’ il pronome «te» che impazza dai teleschermi, esiliando lo schietto e confidenziale tu, senza essere giustificato da un contesto regionale o dialettale. E’ il congiuntivo imperfetto che sostituisce il presente nelle espressioni esortative («Non mi rompessero le scatole»). Quanto al lessico, capita che si confonda il verbo «schernire» con «schermire», e non si tratta sempre di un errore di battitura. Frequentissimo poi l’uso di «avvallare» al posto di «avallare». Sicché la concessione di una onesta garanzia assume con la doppia «v» il significato di scendere a valle o sprofondare: grazie a questo scambio, nel ridicolo.
Anche i termini stranieri vengono adottati senza necessità e discernimento, compresi quelli appartenenti a lingue vicine alla nostra, di ceppo neolatino. E’ invalsa ad esempio l’abitudine di scrivere «murales», al plurale, invece di «mural» o, volendo tradurlo in italiano, «murale». Più disarmante, tanto da intenerire, la perla che ho scovato nella traduzione dal francese di un articolo di teologia, dove il Concilio di Nicea, nell’originale «Nicée», è stato reso con Nizza. Con una imperturbabilità che, vien da dire, avrebbe accettato anche un Concilio di Saint-Tropez. Qui allo sfondone linguistico si accompagna l’insufficienza storica, l’ignoranza su un avvenimento che ha contrassegnato, e ancora oggi contrassegna, la vicenda cristiana.
Se tanti infortuni accadono a persone scolarizzate, e magari laureate, c’è da mettersi le mani nei capelli; da sentirsi franare addosso secoli di cultura, mentre si affacciano le ombre corrucciate di Dante, Leopardi, Manzoni, Gadda: nomi che hanno fatto la gloria del paese dove il «sì suona».

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