domenica 23 marzo 2008

Famiglie risorte: perché cercarle tra i morti?!


Il brano del Vangelo secondo Matteo in cui si narra la prima notizia della Risurrezione del Signore ricorda sulle labbra degli angeli questa espressione rivolta alle donne che erano andate a visitare la tomba di Gesù: «So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E' risorto, come aveva detto» (Mt 28, 5-6). Quest'anno vorrei leggerlo alla luce delle vicende di tante famiglie. E' vero che tanti nuclei familiari sono "come morti", tanto è difficile, drammatica la loro situazione: dobbiamo guardarle con compassione (come faceva Gesù: "patire con", "patire insieme") e farci vicini con stile amorevole. Ci è d'obbligo una considerazione: anche nella comunità cristiana ci sono tante sante persone che vanno a "visitare" "la" famiglia, ma sul presupposto che essa sia ormai un cadavere ricnhiuso in una tomba. Al massimo accorrono con la valigetta del pronto soccorso, nel tentativo, poco convinto, di provare a "ri-animare" una realtà ormai "senza-anima". Quali e quanti giovani accetterebbero di stare dentro una vita tombale?! Ai rianimatori-becchini e a noi, gli angeli del Dio della Vita ancora ricordano: «Non cercate tra i morti la famiglia, che è viva!». Possiamo noi osare dire la bestemmia che un sacramento, quello del matrimonio, è morto? Non dovremmo allora dire altrettanto dell'Eucarestia (a essere indulgenti con le ricerche sociologiche, il 15% dei battezzati frequenta settimanalmente la Messa domenicale, e non tutti ricevono la Comunione)? Si salverebbe dalla dichiarazione di morte il sacramento della Riconciliazione (le statistiche sono ancora più basse di quelle appena citate)? Non citiamo neppure l'Unzione degli Infermi, ancora collegata con la morte nella mentalità comune, e ricevuta da percentuali infime di fedeli… Manca all'appello il sacramento dell'Ordine, ma viste le previsioni (insipide e un po' insipienti) circa il futuro, pare che anche qui ci avviciniamo all'accanimento terapeutico. Toni troppo provocatori?! Forse sì, ma di certo si misurano con tutte le tinte fosche con cui vengono giudicate le condizioni attuali dell'amore coniugale, a cui non corrispondono a livello ecclesiale impegno, iniziative, credito altrettanto appassionati. La famiglia è "viva" non certo perché stia bene in quanto istituzione (alzino la mano quelle rare istituzioni che godono di buona fama, credibilità, salute), ma in quanto (finalmente!) sa di non essere autosufficiente, di non avere in sé la sua forza di sussistenza, di avere bisogno di Vita da un Altro! In una stagione in cui sembra che non ci sia bisogno di un salvatore dell'umano, e si va alla ricerca solo di un traghettatore nella burrasca economica (in attesa di tornare a godere appieno dei privilegi della società opulenta), meno male che la famiglia si rende conto di non poter stare in piedi da sola. La famiglia credente è una famiglia "che è stata resuscitata"e "che sta resuscitando", quando sa di essere oggetto della grande cura del Padre: «Questa è la volontà di Colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Il Figlio, il Vincitore risorto, l'Unico che ci basta, ha dato la sua vita «al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27): così vuole per tutte le famiglie!
E' viva (evviva!) questa nuova giovinezza dell'amore tra una donna e un uomo!
Auguri per la Risurrezione familiare!


don Chisciotte

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