sabato 29 marzo 2008

Identità e ferite


"Il desiderio ritrova le sue radici profonde nella reciprocità. Noi desideriamo essere desiderati e assaporiamo il desiderio degli altri per noi. Proviamo piacere quando l'altro trova piacere in noi. Per questo corriamo il rischio immenso di lasciare che l'altro ci veda in tutta la nostra vulnerabilità, consegnandoci nelle sue mani. Rowan Williams l'ha espresso in modo mirabile:

"In modo cruciale nella relazione sessuale io non sono più affidato a me stesso. Ogni esperienza autentica del desiderio mi mette all'incirca in questa situazione: non posso soddisfare da solo il mio desiderio senza snaturarlo o degradarlo. Questo manifesta in modo eminente che l'io non può cavarsela da solo. Perché il mio corpo sia una sorgente di gioia, mi permetta di stare in pace con me stesso, deve essere riconosciuto, accettato, valorizzato da qualcun altro. Questo significa: dipendere dalla creazione della gioia nell'altro, perché solo quando è orientato al godimento e alla felicità dell'altro il mio corpo può essere amato senza riserve. Desiderare la mia gioia è desiderare la gioia di quell'altro che io desidero. Quando cerco il godimento nel corpo dell'altro io tendo a far sì che il mio corpo sia fonte di godimento. Noi proviamo piacere quando doniamo piacere".

L'Ultima Cena è un invito a condividere l'immensa vulnerabilità di Gesù quando egli si consegna nelle mani dei discepoli. Questa vulnerabilità rimane per sempre. Quando Gesù risorge dai morti mostra le ferite delle sue mani e del costato: egli sarà ormai per sempre il Cristo ferito e risuscitato. Abbiamo il coraggio di imparare a essere così vulnerabili all'altro? Il coraggio di rischiare di essere feriti da quelli che amiamo?".
Timothy Radcliffe, Amare nella libertà, 65-66

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