lunedì 31 marzo 2008

TV: "cultura" e interessi


La tv a due velocità: cult, ma non per tutti
E’ il “digital divide”: un vero e proprio divario culturale separa chi vede i vecchi canali e chi paga
Paolo Martini - Roma - Di più è di più. Così, semplicemente, si può riassumere una svolta della tv. Il nuovo slogan assomiglia al fortunato «di tutto, di più» della vecchia Rai, ma ha ben altra storia. «Di più è di più» era il motto della dinastia dei Tudor. E a segnare questa svolta di più-di più della tv è proprio l'imminente grandioso lancio della serie televisiva con Jonathan Rhys Meyers nei panni (e soprattutto pure senza i panni) di Enrico VIII. Sesso e Utopia, intrighi e collarini, guerre e farsetti, ossessioni d'amore e riforme religiose in una spettacolare ricostruzione cinematografica per la tv che negli Stati Uniti ha segnato un salto di qualità del più importante canale a pagamento, Showtime. (...)
Il lancio dei Tudors, testa a testa con gli attesissimi nuovi episodi di Lost sui canali Fox del bouquet Sky, segna il passaggio della tv-tv alla scena digitale. Finora la digi-tv aveva raccolto soprattutto pubblici di nicchia, magari molto importanti, ma pur sempre meno «generalisti» di quelli della tv tradizionale. E' un vero e proprio nuovo divario culturale, il paio del cosiddetto «digital-divide», quello che separa ormai chi si sorbisce la solita vecchia tv, e chi pagando può permettersi di accedere ai canali digitali. In Italia a Sky si sono affiancati i tre nuovi strani canali di Premium Gallery, Joy, Mya e Steel: Mediaset li sta spingendo persino con offerte che si comprano come le ricariche dei cellulari. E il risultato finale è che, secondo i dati dell'indagine di base ufficiale per l'Auditel, sono ormai 8,6 milioni le famiglie italiane digital-televisive. Aldilà degli indici di ascolto effettivi, che sono ancora difficili da calcolare, la svolta è nei fatti. Per esempio, è evidente che se uno spettatore si avvicina allo stile e ai linguaggi della nuova produzione seriale Usa (che peraltro le reti generaliste sacrificano con programmazioni insensate), resta stregato: ed è davvero difficile tornare indietro. (...)
E il «Di più è di più» dei Tudors non è roba da mammolette di Rivombrosa, è davvero crudo. Alla fine il «digital-divide» televisivo è anche una questione di censura, perchè sulle reti generaliste viene tutto ancora massacrato secondo un'improbabile ma ferrea logica moralistico-politica. E quest'anno ci si è messo persino lo sciopero degli autori, che fornisce il pretesto per un nuovo disordine a chi decide le griglie rigide della tv tradizionale. Nella digi-tv le serie vengono mandate e rimandate in onda senza grandi problemi, in perenne «loop». Ogni giorno in tutto il mondo viene vista una qualche puntata di un qualche Csi, ed è così che è diventata la serie record di pubblico di tutta la storia dello spettacolo. Di più è di più, appunto.

Nessun commento: