domenica 29 giugno 2008

Dipendenze

Porno dipendenti
Cinquantamila torinesi trascorrono due ore al giorno a scaricare film hard
In America la chiamano «XXX Generation». In Italia, pornodipendenti. C’è chi dice che dietro questo nome si nasconda una nuova patologia, fatta di ore trascorse davanti a uno schermo, gli occhi che si muovono compulsivi da un sito all’altro. Alla ricerca di sesso? No, di immagini.
La vittoria dell’etere sulla carne è fatta anche di numeri. E soldi. Cesare Guerreschi, un medico che lavora sui maniaci da sesso virtuale da quasi vent’anni, stima che il sei per cento della popolazione adulta soffra di pornodipendenza. (...) Per non parlare degli altri, quelli che alimentano il mercato della pornografia che, solo in città, si stima macini oltre venti milioni di euro l’anno. Ed è una stima al netto ribasso. (...) le dimensioni reali del fenomeno ci sfuggono.
La medicina ufficiale ancora non la riconosce, ma non esita a definirla una patologia, lui che a lungo è rimasto invischiato nel mondo dell’hard-core illimitato. Racconta che è «come il gioco d’azzardo, l’eroina. Nulla di diverso, gli effetti sono devastanti allo stesso modo. Forse peggio, in certo senso, perché è un’ossessione che non ti molla nemmeno un minuto in tutta la giornata». Significa «autodistruggersi. Tutta la tua attenzione, la concentrazione, finisce lì. Niente amici, niente rapporti, il lavoro spesso diventa un ulteriore opportunità per farsi del male. Vivi in una costante eccitazione, come fossi perennemente drogato».
Ed ecco che il confine tra vita reale e virtuale diventa sfumato: un momento stai controllando le «blue chips» chiedendoti cosa succederà il giorno dopo in Borsa, un attimo dopo sullo schermo compaiono le ultime prodezze di una pornostar. Con la sua associazione Vincenzo Punzi, negli ultimi anni, ha raccolto l’inferno sotto forma di storie, parole di disperati, gente che si accorge di perdere contatto con la realtà. Gente normale. (...)
Compulsivi. Ossessionati. Incapaci di riprendere il controllo di sé e del mondo circostante. Chi ha scambiato l’amore con un’immagine sa che non è la stessa cosa. E lo ammette: non c'è piacere. (...)
Chi ne è uscito si scaglia contro la pornografia. Dice che andrebbe vietata. (...)
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200806articoli/7196girata.asp

La confessione di Ramona
"Sta sempre su quei siti. Sono una vedova bianca"
Il mio problema ha un nome. Si chiama Paolo. Io ho 39 anni, lui 38. Stiamo insieme da cinque anni e da due conviviamo». Il problema di Ramona L. è cominciato tre mesi fa. «Lavoro nel settore informatico. Ho diversi computer, sia in ufficio che a casa, e da quando conviviamo ho scoperto la sua passione: scaricare film pornografici da Internet. Ore e ore». Ramona sa incunearsi tra le pieghe della rete. Sa ricostruire i movimenti di un pc, rileggere i passaggi a ritroso. E ha visto tutto: «Centinaia di siti web zeppi di video».
L’ha affrontato a muso duro. Ne ha ricavato silenzio e rancore. «Mi ha fatta sentire in colpa. Mi ha detto che lo fanno tutti, il suo è solo divertimento e io sono una bigotta, gelosa e impicciona». Ramona ha smesso di chiedere. Ma non di controllare: «Continua. Ogni giorno. Io faccio finta di nulla. Ho iniziato a farlo anch’io, di nascosto, ma non mi faceva alcun effetto. Tutto quello che ho ottenuto è far crollare la sicurezza in me stessa, la mia autostima. Perché ho paura di non piacergli più».
È come se uno schermo e una tastiera si fossero messi di traverso nelle storie d’amore. Mariti contro mogli, conviventi: vite che non s’incontrano più. Esistenze avvelenate. «Non so più cosa provi per mio marito. Quando la notte, a letto, mi si avvicina, sento i brividi. La pelle mi si accappona. Faccio finta di dormire. Sono diventata una vedova bianca».
Ognuna porta con sé un istante. Un fotogramma. Quando questa brutta storia è cominciata, quando la fiducia si è incrinata. O per la prima volta il dubbio si è insinuato e poi, un giorno, è arrivata la certezza. «Ero incinta - racconta Giorgia -. Lui diceva di non voler farmi male. Io, oggi, credo che avesse già incominciato a navigare. Poi è cambiato. Silenzi, sguardi annoiati, modi bruschi. Passava sempre più tempo davanti al pc. Visitava le chat. Poi è cominciata la storia degli sms».
Dice Giorgia che quando si finisce invischiati nei sospetti non c’è più speranza. «Sapevo che scambiava messaggi con alcune donne incontrate su quei siti. Ero quasi sicura che non si incontrassero, ma volevo esserne certa. L’ho pedinato, ho afferrato il suo telefono con il terrore di essere scoperta. Era pieno di messaggi. Ho trascritto quei numeri, ho provato a richiamarli. Ero impazzita. E ho scoperto che queste signore di mio marito non sapevano nulla. Nemmeno il nome. Avevano costruito con lui un mondo fatto di finzione. È stato il colpo finale. Per me e per il nostro rapporto».
Non c’è rabbia, in questi volti. Non c’è rancore. Solo paura di sentirsi «brutte». «Incapace di competere con le immagini patinate. Spaesata. Perché m’accorgi che il tuo compagno non ha piacere di toccarti, s’imbarazza se lo tocchi tu e, cerca sempre di nascondere qualcosa. Mi fa sentire sempre più insicura. E io ho paura».
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200806articoli/7197girata.asp

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