Gli strappi non servono
di Franco Garelli
L’articolo in questione solleva però - sul tema della «morte cerebrale» - almeno due problemi di grande rilievo, che già nel recente passato sono stati oggetto di profondo dibattito nella Chiesa e in altre aree culturali. E ciò non soltanto nei paesi europei a maggioranza cattolica, ma anche in varie comunità degli Stati Uniti. Anzitutto l’invito a superare un’idea riduttiva della morte cerebrale, quella che tende a identificare la fine di una vita con la morte del cervello. Talvolta si confonde la morte cerebrale con la semplice morte del «cerebro», che non è necessariamente accompagnata anche dalla morte del «tronco» (spina dorsale e parte nervosa), per cui tutta una serie di attività possono permanere. Chi è attento a questa distinzione ricorda casi di persone dichiarate in coma irreversibile che hanno continuato a «vivere» per alcune funzioni vitali. Il richiamo, dunque, è alla prudenza, a non considerare la morte cerebrale come la morte totale dell’essere umano; a rigettare l’idea che la persona umana cessi di esistere quando il cervello non funziona più.
Connessa a questa posizione è la messa in guardia contro una pratica dei trapianti in alcuni casi troppo disinvolta e leggera. Non credo che ciò capiti nelle strutture pubbliche, anche se possono darsi situazioni in cui pur di fare i trapianti non si rispettino i tempi previsti al riguardo dalle normali legislazioni. Che da noi prevedono procedure rigide, come la verifica dello stato di coma assoluto e irreversibile compiuta sul soggetto due volte a distanza di alcune ore, per cui si constata che con la morte cerebrale siano venute meno tutte le funzioni fisiche. Una minor attenzione a queste verifiche può certamente portare a una pratica dei trapianti irresponsabile e incivile.
Nel lanciare questi allarmi etici, l’articolo dell’Osservatore Romano è consapevole di creare scompiglio su una questione che da tempo rappresenta «uno dei pochi punti concordati tra laici e cattolici». L’eventuale rilancio del dibattito su un tema di così grande rilevanza etica non deve comunque ridurre le certezze sin qui faticosamente acquisite. Semmai può essere un’occasione per ulteriori approfondimenti e per trovare nuove convergenze. articolo
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