lunedì 24 novembre 2008

Come la Chiesa guardava i giovani del '68

Commovente la profondità di questo Papa
e la sua passione vera per gli uomini e per la Chiesa

Dall'Udienza di Paolo VI
- 25 settembre 1968
A Noi basta ora fare un’osservazione d’indole generale, una Nostra contestazione (se così vi piace) circa la diagnosi dell’animo giovanile, alla quale abbiamo testé accennato; ed è questa: quella diagnosi è incompleta, estremamente incompleta; la potremmo dire «globalmente» falsa, se essa pretende darci una descrizione integrale e onesta della gioventù degli anni sessanta (o settanta se più vi piace); sarà parzialmente esatta, forse, ma non è corrispondente alla realtà, a tutta la realtà giovanile odierna.
Perché? perché trascura alcune caratteristiche importantissime del giovane d’oggi; caratteristiche, che, inquadrate nel disegno fedele del suo volto autentico, ci danno di lui, del giovane d’oggi, un’immagine molto diversa. Anche qui, a volere studiare bene le cose, troppo vi sarebbe da dire. Accenniamo appena, quasi ad esempio, con qualche domanda.
Non è forse vero che oggi la gioventù è appassionata di verità, di sincerità, di «autenticità» (come ora si dice); e ciò non costituisce un titolo di superiorità? Non vi è forse nella sua inquietudine una ribellione alle ipocrisie convenzionali, di cui la società di ieri era spesso pervasa? E nella reazione, che sembra inesplicabile ai più, che i giovani scatenano contro il benessere, contro l’ordine burocratico e tecnologico, contro una società senza ideali superiori e veramente umani, non vi è forse un’insofferenza verso la mediocrità psicologica, morale e spirituale, verso l’insufficienza sentimentale, artistica e religiosa, verso l’uniformità impersonale del nostro ambiente quale la civiltà moderna va formando?
E perciò non vi è in questa insoddisfazione giovanile un segreto bisogno di valori trascendenti, il bisogno d’una fede nell’Assoluto, nel Dio vivente? Ancora: è poi vero che i giovani d’oggi sono individualisti ed egoisti, quando non sanno più vivere se non in compagnia d’altri giovani, quando hanno un istinto, perfino eccessivo, dell’associazione, del conformismo collettivo? E chi oserà sostenere che i nostri giovani sono incapaci di abnegazione e di amore per il prossimo, quando sono proprio essi che spesso, nei momenti di pubblico bisogno, o nelle situazioni socialmente insostenibili, danno lezione a tutti di prontezza, di dedizione, di eroismo, di sacrificio? Non conoscono i giovani coloro che non vedono quale capacità di rinuncia, di coraggio, di servizio, di eroico amore essi hanno nel cuore; e oggi forse più di ieri. E che cos’è quella loro impazienza d’entrare subito, e come uomini adulti non come fanciulli minorenni, nell’arringo della vita reale, se non una rispettabile e spesso encomiabile ansia di partecipazione alle comuni responsabilità?
Dunque l’esame dello spirito giovanile contemporaneo è da rifare; esso è delicato e complesso; e a Noi offre fin d’ora questa certezza: il rapporto fra gioventù e Chiesa, al quale accennavamo, non è affatto un rapporto definitivamente negativo, non è un rapporto d’opposizione, di estraneità; è un rapporto positivo; quello di una scuola, dove la verità e lo spirito si aprono, si svelano e s’incontrano; quello d’una comunità organica, dove l’unità non crea oppressione, né uniformità, ma reciprocità, rispetto ed amore; quello d’una singolare pienezza, d’una impensata felicità; la pienezza degli autentici valori umani e spirituali; la felicità della certezza, della carità; quello d’un incontro prodigioso e stupendo, l’incontro con Uno, il Quale sta tra la Chiesa che lo introduce e la gioventù che lo scopre, anzi che vi scopre l’unico vero amico, l’unico vero maestro, l’unico vero e sommo eroe, l’unico vero prototipo di Uomo, che valga la pena di cercare e di integrare per sempre alla propria vita; voi capite Chi è; è Cristo, è Dio fatto uomo. È il segreto, è il dono della Chiesa. Esso lo offre alla Gioventù!
il testo completo nella sezione Testi

Nessun commento: