martedì 17 febbraio 2009

L'importanza del dormire

La vita è sonno
di Massimo Gramellini
Quand’è che l’insonnia è diventata un valore politico? Perché i cocchi della folla hanno sempre menato vanto del loro dormir poco? L’amato premier lo ha ribadito sabato, strusciando fuori da una discoteca milanese alle sei e un quarto del mattino: «Mi basta dormire tre ore, così poi ho l’energia per fare l’amore altre tre». Anche il capo dell’opposizione passa la notte a duplicare cd per gli amici e a vedere film ubzeki coi sottotitoli in lituano, ma giustamente non lo dice a nessuno. L’insonnia è politicamente spendibile solo se funzionale al racconto, vero o millantato, di prestazioni sessuali e riunioni strategiche, le due attività in cui ogni capo branco maschio esprime la propria concezione del potere. È vero che anche i mistici si svegliano alle tre di notte, ma loro lo fanno per pregare e comunque si erano coricati al tramonto, senza aspettare l’ultima dichiarazione di Cicchitto.
«L’allievo dormirà sei ore, ne siano concesse sette solo al pigro, a nessuno otto», si leggeva nel regolamento delle scuole pitagoriche. Ma sei ore erano garantite a tutti, una sorta di minimo esistenziale sotto la cui soglia si celano il malessere e l’inquietudine. Tanto poi avrò l’eternità per dormire, sentenziano gli stakanovisti del fare. E non capiscono che sarebbe saggio cominciare a portarsi avanti col lavoro. Che solo chi dorme riesce a sognare. E che i sogni sono la vita vera. Avessero dormito di più anche certi cocainomani di Wall Street, forse adesso la notte prenderemmo tutti sonno un po’ meglio.

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