martedì 20 maggio 2008

Corpus Domini


"La logica da cui nasce l'Eucarestia è la stessa della croce, ossia una logica perdente. Sul Calvario Cristo non risultò certo vincitore, almeno nella maniera e secondo i criteri in cui siamo soliti pensare.La più grande opera di Dio, la sua impresa più sensazionale, la croce appunto, appare agli occhi del mondo come una sconfitta, uno scandalo, una vergogna. Allorché Dio interviene nella storia, non lo fa con il piglio e il dispiegamento di mezzi dei grandi della terra (e di alcuni suoi rappresentanti). Al contrario, rinuncia alla potenza e allo sfoggio di maestà. E sul campo di battaglia ci lascia il proprio Figlio, che si è rifiutato di combattere, di ricorrere alla forza, anzi addirittura di difendersi. Gesù, nemmeno nei momenti di pericolo, ha mai tenuto attorno a sé delle guardie del corpo. La fede eucaristica, perciò, fa memoria di una sconfitta, di un colossale fallimento, non di una vittoria trionfale. Più precisamente: «di come una sconfitta possa mettere radici e possa fruttificare il seme di un amore e di una speranza. Molti hanno vinto, in tutti quei modi che ben conosciamo: solo Gesù ha vinto dal legno della croce. E di questa speciale vittoria-sconfitta il credente fa memoria nella fede» (E Gentiloni). La pratica eucaristica dovrebbe sviluppare in noi una mentalità perdente, favorire quelle scelte costose che non assicurano automaticamente e immediatamente il successo e i risultati.La piccolezza e non la grandezza. Il servizio e non il dominio. La dedizione disinteressata e non i privilegi e gli onori. Il nascondimento e non l'esteriorità. Una presenza discreta che determina lente maturazioni, e non l'occupazione del potere e le imprese folgoranti. Offerta incondizionata e non pretese. La speranza e la pazienza tenaci e non valutazioni di tipo quantitativo. Il lavoro oscuro più che le rappresentazioni spettacolari (oltre che costose: il Pane non può avere quel prezzo spropositato e si trova a disagio in quei grandiosi scenari...). L'Eucarestia implica la capacità di perdersi, scomparire, una volontà di donazione, una fedeltà "fino alla fine" (Gv 13,1), nonostante il tradimento, l'abbandono, il rifiuto, la solitudine, la notte, il complotto, il tradimento e l'abbandono degli amici, il prevalere delle forze del male coalizzate per estirpare quel germe indifeso. L'Eucarestia, come la croce, non può mai essere una prova di forza. Semmai una prova di debolezza. Meglio: la scommessa sulla debolezza. L'amore non ha bisogno della forza. Per mostrarsi il più forte, quale veramente è, l'amore non può fare a meno della debolezza. L'Eucarestia, ossia la debolezza irresistibile dell'amore".

A. Pronzato, La Domenica festa dell'incontro, 97-98

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