martedì 7 ottobre 2008
Con le spalle al muro
"Non posso":
"È una parola che pronunciamo con troppa leggerezza.
È una parola micidiale.
È una parola che spesso liquida i problemi senza lasciarceli neppure affrontare.
È una parola che molto spesso uccide la nostra carità.
Ho ricevuto una lettera da un lebbrosario.
È di una nostra sorella che vive tra i lebbrosi. Scriveva:
«Oggi ho avuto tanta forza da una scena che Dio mi ha messo sotto gli occhi:
ho visto un povero lebbroso che non cammina più,
un lebbroso che si trascina senza gambe,
l'ho visto aiutare un bambino poliomelitico a camminare.
Il piccolo era aggrappato alle sue spalle
e lui si trascinava carponi intorno alla capanna per farlo camminare.
La scena mi ha fatto piangere».
Ha commosso anche me
e ho chiesto perdono a Dio per tutte le volte che davanti ad una carità
ho detto: "Non posso".
Ci siamo tanto abituati a quelle due parole che le portiamo in noi costantemente.
È un cliché preparato dal nostro egoismo.
Quando è che in realtà «non possiamo»?
Se non possiamo fare noi possiamo almeno trovare chi farà per noi.
Se non possiamo fare oggi possiamo fare domani.
Se non possiamo fare tutto possiamo almeno fare qualcosa.
È tremendo dire: "Non posso".
È la ghigliottina della carità cristiana.
Bisogna bandire quelle parole.
Quando non posso veramente, posso almeno calarmi nel bisogno del fratello
e versare una lacrima con lui".
"È una parola che pronunciamo con troppa leggerezza.
È una parola micidiale.
È una parola che spesso liquida i problemi senza lasciarceli neppure affrontare.
È una parola che molto spesso uccide la nostra carità.
Ho ricevuto una lettera da un lebbrosario.
È di una nostra sorella che vive tra i lebbrosi. Scriveva:
«Oggi ho avuto tanta forza da una scena che Dio mi ha messo sotto gli occhi:
ho visto un povero lebbroso che non cammina più,
un lebbroso che si trascina senza gambe,
l'ho visto aiutare un bambino poliomelitico a camminare.
Il piccolo era aggrappato alle sue spalle
e lui si trascinava carponi intorno alla capanna per farlo camminare.
La scena mi ha fatto piangere».
Ha commosso anche me
e ho chiesto perdono a Dio per tutte le volte che davanti ad una carità
ho detto: "Non posso".
Ci siamo tanto abituati a quelle due parole che le portiamo in noi costantemente.
È un cliché preparato dal nostro egoismo.
Quando è che in realtà «non possiamo»?
Se non possiamo fare noi possiamo almeno trovare chi farà per noi.
Se non possiamo fare oggi possiamo fare domani.
Se non possiamo fare tutto possiamo almeno fare qualcosa.
È tremendo dire: "Non posso".
È la ghigliottina della carità cristiana.
Bisogna bandire quelle parole.
Quando non posso veramente, posso almeno calarmi nel bisogno del fratello
e versare una lacrima con lui".
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