mercoledì 18 giugno 2008

I limiti di Pietro


"Una triplice domanda, una triplice risposta, una triplice missione (… per Pietro - cfr Gv 20, 15-17). La domanda è sull'essenziale: «Pietro, mi ami tu? Mi ami tu più di costoro?». Sembra strano che la domanda non venga posta a un sacerdote o a un vescovo al momento della sua ordinazione! Tuttavia l'amore a Gesù è certo presupposto. A Pietro non viene chiesto: sei capace di amministrare i beni della Chiesa? Sei capace di renderti responsabile delle anime? Sei capace di intravedere il futuro per una comunità difficile? Sei capace di sostenere i vacillanti nelle persecuzioni? «Mi ami tu?»: con questo c'è l'essenziale.Come triplice è stata la negazione di Pietro, così triplice è la domanda, che ha pure una valenza riabilitatrice della triplice negazione. Il Maestro fa capire a tutti che sa e perdona in una maniera molto delicata. Spesso noi riteniamo che sia possibile ottenere una pacificazione solo con l'insistenza rigorosa sulla verità degli eventi; ma c'è pure un modo implicito di riprendere i fatti trasformandoli nel loro esatto contrario e chiudere così un contenzioso. Le tre risposte di Pietro sono piene di umiltà e fiducia: «Signore, tu lo sai, tu sai tutto, tu sai che io ti amo». Non è più l'uomo che dice: «io, io, io», ma «tu sai», tu sai tutto, tu sai che io ti amo. Infine il triplice mandato: «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore». Dove è da notare che il gregge rimane di Gesù, è lui il pastore. Spesso mi sono servito di questo per esprimere la piena coscienza del mio mandato in diocesi: il buon pastore, il Pastore sommo, è sempre Gesù. Noi siamo suoi aiutanti, ma è lui che sa dove deve condurci, è lui che è preoccupato di noi. Io sono un'istanza molto penultima, l'istanza ultima è colui a cui il gregge appartiene. Negli Atti degli Apostoli leggiamo: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio» (20,28). È di Dio questa Chiesa, non è di se stessa, non è autopossessiva. Nella conclusione dell'episodio (vv. 21-23) risalta la somma libertà di Gesù. Egli ha fatto tutto per Pietro, l'ha trattato con estrema delicatezza, signorilità, grandezza d'animo; però poi vuole che l'apostolo stia nei suoi limiti. Non deve preoccuparsi di Giovanni, non deve sapere al di là di ciò che gli è dato di sapere. Pietro ha dunque dei limiti nella sua azione; non deve interessarsi di tutto, ma obbedire semplicemente e seguire il Signore".


C.M. Martini, Le tenebre e la luce, 63-65

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