martedì 28 aprile 2009

Operazione trasparenza

I conti in tasca al vescovo. A Como.
Il Settimanale della diocesi pubblica tutti i conti finanziari relativi al titolare, monsignor Coletti. Che esorta i colleghi a fare altrettanto.
L’operazione trasparenza voluta da monsignor Coletti nelle ultime settimane a proposito dei guadagni del clero è stata compiuta con molta serietà. Al punto che chiunque, oggi, è in grado non soltanto di sapere quanto prenda di stipendio il vescovo, ma anche l’ammontare dei risparmi bancari e dei versamenti per il fondo supplementare previdenziale versati dal presule.
"Dopo quasi 44 anni di servizio - scrive monsignor Coletti sul numero del Settimanale pubblicato oggi - i miei risparmi non raggiungono i 40mila euro che considero sufficienti a coprire le spese del mio funerale e a fare qualche elemosina (segnalata con cura nel mio testamento). Ancora per qualche anno, fino al 2011, verserò poi “di tasca mia” una cifra di circa 4mila euro annui per costituire un fondo pensione integrativo, senza il quale finirei per dipendere dalla Diocesi - se sopravviverò a lungo dopo il 75esimo anno - in un modo che ritengo eccessivo. Come recita il contratto di tale fondo integrativo: “in caso di premorte la somma raggiunta sarà destinata all’erede designato”, che nel mio caso è la stessa Diocesi". Lunghissima vita al vescovo, augura un giornale locale, dopo aver letto le parole di monsignor Coletti. Anche per la schiettezza e la sincerità utilizzate per mettere in piazza i propri (piccolissimi) affari. Ma il punto forte della “confessione” del prelato riguarda lo stipendio, inferiore ai 1.800 euro lordi al mese.
"Come campa un vescovo italiano", si chiede lo stesso articolista del Settimanale. Semplice: campa con uno stipendio medio-basso, “arricchito” nel caso di Coletti da una mini-pensione cumulata negli ultimi anni dopo aver raggiunto l’età per il collocamento a riposo. "Posso parlare soltanto per me - scrive il successore di Maggiolini - ma questa è più o meno la condizione di tutti i miei fratelli vescovi. La mia remunerazione, che è calcolata su dodici mensilità (niente tredicesima, quindi, ndr), è costituita in media, con scarse oscillazioni in più o in meno, da 680 euro provenienti dall’Istituto Sostentamento Clero e da 651 euro provenienti dall’amministrazione diocesana. A questi si aggiungono da qualche mese 450 euro di pensione che viene sommata alla remunerazione perché fino a 75 anni, se Dio vuole, continuerò a lavorare". A conti fatti, il vescovo si mette in tasca tutti i mesi 1.781 euro lordi. Con i quali provvede a tutto ciò di cui ha bisogno.
"Mi viene offerto gratis l’alloggio e la spesa della bolletta energetica - spiega il capo della Diocesi lariana - così che, non avendo mogli e figli a carico, devo spendere soltanto per il vitto e il vestiario, stipendiare regolarmente la domestica e mantenere efficiente, assicurata e rifornita la macchina che mi porta in giro per la Diocesi sulla lunghezza di 20-30mila chilometri ogni anno". "Su questi soldi - aggiunge monsignor Coletti nel lungo articolo del Settimanale - pago regolarmente le tasse. Non ne ho merito, perché sono trattenute alla fonte. E sono contento che sia fatto". Ovviamente, un vescovo riceve dai fedeli offerte e donazioni. Monsignor Coletti non fa eccezione, ma spiega: "Ho preso da tempo l’abitudine di tenere conto di tutto ciò che mi viene offerto da singoli e da comunità come dono o ringraziamento per vari servizi, in modo da destinarlo a interventi di sostegno ad attività pastorali diocesane, ai poveri, alle missioni, alle vocazioni e al seminario".

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