domenica 12 ottobre 2008

Scampo?

Aiuto, il capo è un cretino
Come difendersi dagli imbecilli di potere senza diventare come loro
di Bruno Ventavoli
Era ossessionato dai conigli selvatici che gli avevano distrutto il giardino, e le aveva pensate tutte per allontanarli. Le bestiole, però, riuscivano sempre a farla franca. Un giorno del 1952 monsieur Delille, farmacista, pensò finalmente di essere più furbo di loro. Si fece spedire una coltura di virus della mixomatosi, malattia che aveva fatto strage di conigli in Australia, catturò uno dei suoi piccoli nemici e gli inoculò il virus. In poche settimane il giardino fu liberato. Ma l'epidemia si estese a tutta la Francia, al Belgio, Olanda, Italia... Il piccolo lampo di genio di un babbeo devastò così mezza Europa. Naturalmente non tutte le sciocchezze producono gli stessi effetti. Ma possono fare i loro bravi danni, come spiega il libro «Cretini al potere. Come difendersi dalla stupidità di chi comanda» (Castelvecchi), pubblicato da Diego Armario, ex direttore della radio spagnola, ora scrittore e consulente di comunicazione.
Se per Cipolla, grande economista eterodosso, il cretino era «una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita», per Armario gli imbecilli riescono invece a fare carriera perché con il loro opportunismo, la loro studiata simpatia, la loro straordinaria capacità di adulare i veri capi, sono funzionali al sistema: non rompono le scatole e riempiono i buchi del sistema. La regola dice: «I lavoratori meno efficienti vengono trasferiti sistematicamente in uffici dove possono fare meno danno e alla fine diventano dirigenti».
Una volta al potere, gli stupidi sono orgogliosi del loro posticino, e amano farsi chiamare con il titolo raggiunto, «consigliere», «ministro», «direttore»... Sono «tenaci, pazienti, imprevedibili, bugiardi, ruffiani, spavaldi, intolleranti, esageratamente ambiziosi, prevaricatori, diffidenti, vendicativi». Spesso sono anche felici, perché non si rendono conto di quel che sono e di quel che fanno. Dilagano ovunque, dal pubblico al privato, dalle fabbriche ai parlamenti, dalle banche (come si vede in questi giorni) ai supermercati. E si presentano sotto svariate forme. C’è il «cretino fifone» che, essendo egli stesso stupito del proprio successo, è sempre insicuro nelle decisioni da prendere. C’è il «cretino folle», con un carattere da manuale psichiatrico, che crea talmente tanta tensione nell’ambiente da portare alla disperazione anche collaboratori e sottoposti; spesso l’ebbrezza del potere gli stimola il sadismo, e così diventa pure crudele, mobbizza, spettegola, inventa fandonie per screditare tutti e spiccare nella sua nullità. Il «cretino mediatico» crede invece che il prestigio dipenda dalla notorietà, e fa di tutto per apparire ad ogni livello, dalla macchinetta del caffè alla tv.
Non bisogna dimenticare il frequente caso del «cretino che non sa di esserlo» e dà agli altri del cretino urlando e ringhiando. L’effetto è devastante. A quel punto tutti si domandano chi è il vero cretino. Quello che non sa di esserlo? O quello cui viene attribuita la patente del cretino e pur non essendolo ontologicamente lo diventa nel giudizio generale? È il delirio totale, è come essere finiti nel «paradosso del mentitore». Epimenide di Creta affermava che «tutti i cretesi sono mentitori»: essendo lui un cretese stava dicendo una cosa non vera? O una cosa vera che quindi smentiva l’assunto di partenza? Sostituite «cretese» con «cretino» e vi trovate nella vita quotidiana, in ufficio, per strada, al bar, dove piombano comandi d’ogni genere e non sapete a quale babbeo dare retta per non combinare danni.
C’è salvezza? Il compito è arduo perché, come dice un detto toscano, per i «bischeri non c’è medicina» (tradotto da Schiller «Contro la stupidità anche gli dei lottano invano»). Potete provare a fare i «finti tonti», ottima strategia per sopravvivere, finché non vi viene richiesto di impegnarvi e prendere a vostra volta una posizione cretina. Oppure potete rinunciare alla competizione, dedicarvi al vostro giardino mentre gli altri si scannano per il potere, leggere magari Seneca, Boezio, o Machiavelli… Se riuscirete ad apprezzarli vorrà dire che sciocchi non siete. Forse la consolazione è magra, ma è pur sempre una consolazione.

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